La recente assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), 23–27 maggio, la 76a della serie, passerà agli atti per l’elezione del nuovo presidente, il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Dal tempo dalla radicale riforma del concilio, i nomi dei presidenti sono quelli dei cardd. Urbani, Poma, Ballestrero, Poletti, Ruini, Bagnasco e Bassetti.
L’appuntamento è iniziato, come le recenti assemblee, con l’incontro con papa Francesco. Si usa ripetere del particolare legame dell’episcopato italiano con il papa, ma va anche detto che il dialogo, di oltre due ore, non è stato privo di qualche tensione.
Un vescovo ha chiesto se le reiterate critiche ai vescovi e alla loro pomposità non andassero completate con il sostegno e l’incoraggiamento a un “mestiere” che diventa sempre più pesante.
Un botta e risposta ha riguardato l’assenza del papa all’appuntamento di Firenze sulla pace nel Mediterraneo (febbraio 2022) giustificata dal pontefice per le difficoltà di salute e per la presenza di personaggi coinvolti nella discutibile gestione dell’immigrazione dall’Africa.
È stata chiesta una valutazione dei risultati dell’accorpamento delle diocesi in persona episcopi (sono 12 i casi).
Si è parlato anche di Ucraina, di Cina, di pacifismo e della salute del papa, che non vuole sottoporsi all’operazione al ginocchio per le imprevedibili reazioni all’anestesia.
E si è discusso del presidente da eleggere. Alla domanda sulla sua indicazione a favore di un cardinale e sulla possibile candidatura di due sole porpore con l’interrogativo sul senso della terza candidatura prevista, Francesco ha accennato alla preferenza del card. Bassetti per mons. Erio Castellucci qualificando quest’ultimo come un buon vescovo e un buon teologo lasciando però intendere che non lo avrebbe nominato.
Il giorno dopo, nella prima votazione, il nome del vescovo di Modena era già in evidenza e l’interessato ha riconfermato la sua indisponibilità per l’impegno a seguire il sinodo da vicepresidente della CEI. Lo ha fatto con disinvoltura e divertimento, ma nell’assemblea un po’ di mugugno era percepibile.
Nell’intervista al Corriere della Sera (3 maggio) risuonava un’affermazione pontificia di non piccolo peso: «Spesso ho trovato una mentalità preconciliare che si travestiva da conciliare. In continenti come l’America Latina e l’Africa è stato più facile. In Italia forse è più difficile. Ma ci sono bravi preti, bravi parroci, brave suore, bravi laici».
Ragioni dell’elezione e della nomina
La terna votata dall’assemblea ha visto i nomi dei cardd. Matteo Zuppi e Paolo Lojudice e del vescovo Antonio Raspanti e la successiva scelta di Francesco per Zuppi.
La rassegna stampa del giorno successivo alla nomina (24 maggio) segnala una significativa apertura di credito verso l’eletto. Se ne ricordano le radici romane e la partecipazione fin dall’inizio alla Comunità di sant’Egidio, la sua attività di parroco, il sorprendente impegno sugli scacchieri della pace, in particolare in Mozambico, l’attenzione ai poveri e una rara capacità di dialogo con le istituzioni e con la gente.
Del suo episcopato a Bologna vi è un merito da tutti riconosciuto: avere aperto porte e finestre in una Chiesa sempre più chiusa e incapace di interlocuzione positiva con la città e il territorio. E ancora, l’attenzione al sociale e una puntuale presenza sugli spazi dentro e fuori la Chiesa.
Per trovare qualche mugugno, bisogna ascoltare alcuni preti e laici, non necessariamente conservatori, secondo cui – usando un’immagine motoristica, la frizione sembra allentata con una scarsa corrispondenza fra i giri del motore e il movimento effettivo delle comunità. Oppure bisogna rivolgersi alla narrazione, da sempre critica, di S. Magister nel suo blog dove, il 12 ottobre 2021, scriveva: «L’astuzia degli uomini di sant’Egidio è di non schierarsi pubblicamente su temi più realmente controversi nella Chiesa, specie se toccano i fondamenti della dottrina, ma di navigare in acque tranquille e di sicuro beneficio mediatico come i simposi per la pace e la madre terra, oltre che le attività caritative con i poveri».
L’interessato, il card. Zuppi, è del tutto consapevole dell’aleatorietà dei consensi dei media, dell’opportunità – garantita dal papa – di scegliersi il segretario in CEI e delle sfide non piccole che lo attendono. Alcune, ereditate dai predecessori, altre in gran parte sulle sue spalle.
Il sinodo italiano
Lasciando da parte la riduzione delle diocesi – anche in ordine alla funzionalità di una Conferenza episcopale ingolfata in numeri poco consoni a decisioni discusse e rapide –, i compiti delle conferenze episcopali regionali e il lavoro degli uffici centrali, rimangono alcune emergenze vistose. Sul fronte sociale le attività ecclesiali sono numerose mentre più fragile è l’interlocuzione col mondo politico.
L’entrismo di Comunione e Liberazione e il frontismo dei Neocatecumenali si sono mostrati meno creativi e duraturi della tradizione cattolico-democratica che però vede l’estinguersi delle sue generazioni più numerose.
Il card. Bassetti ha puntato molto sulla ripresa della politica “mistica” di La Pira con i convegni a Bari (2020) e a Firenze (2022). La chiusura ai soli vescovi del Mediterraneo nel primo caso e l’evidente distacco di papa Francesco nel secondo hanno depotenziato eventi che potevano rivelarsi promettenti. La maggiore consuetudine del card. Zuppi con i protagonisti della politica si rivelerà utile.
Una seconda sfida – come ricordava su Settimananews M. Vitale (qui) – è relativa al clero. In particolare alla sua formazione permanente e a quella iniziale. In assemblea è tornata a risuonare la costatazione del tramonto del sistema dei seminari di ceppo tridentino e l’opportunità di sperimentare nuove vie al presbiterato e all’entrata nel ministero. La scrittura della nuova Ratio formationis sarebbe occasione preziosa.
La sfida più rilevante è il rinnovamento della pastorale. Papa Francesco ha lanciato l’idea del sinodo nazionale in occasione del convegno ecclesiale di Firenze nel 2015. L’appello per un rinnovato protagonismo delle comunità cristiane in un contesto sociale non più di “cristianità”, pur mai formalmente contraddetto, non ha ricevuto il consenso e la spinta necessari per partire, complice anche la pandemia. Solo nel 2021 si è messo mano all’opera che vede i primi due anni dedicati all’ascolto delle comunità e dei non credenti interessati.
L’assemblea ha verificato i risulti del primo anno di ascolto: coinvolte 206 diocesi, 40.000 gruppi sinodali e circa mezzo milione di persone. Dei 400 referenti diocesani, 32 hanno partecipato all’assemblea. Con un moderato ottimismo, dopo l’assemblea dei referenti a metà maggio e quella della CEI, si prevede per l’inizio di luglio la pubblicazione di un testo programmatico per l’anno prossimo (2022-2023).
Quattro i “cantieri” in cui convogliare i mesi di ulteriore ascolto: corresponsabilità e formazione degli operatori pastorali (è atteso in particolare un maggiore interesse del clero); ascolto dei “mondi” (poveri, giovani, donne, professionisti ecc.); snellimento delle strutture ecclesiali; un quarto “cantiere” è lasciato alla scelta delle singole diocesi.
Abusi: uno sguardo più ampio
L’attenzione maggiore dei media riguarda la risposta della Chiesa agli abusi del clero. Stanno crescendo le spinte ad un impegno più convinto, alla pubblicazione dei dati, a commissioni di ricerca indipendenti da parte delle associazioni delle vittime, ma anche di teologi, riviste cattoliche e gruppi di vario orientamento.
La scelta della CEI è stata quella di non seguire l’esempio dei vescovi di Francia dove la commissione Ciase ha stimato in 230.000 le vittime dal 1950 al 2020, ma di procedere ad una indagine sui risultati dei tribunali ecclesiastici, delle procure e sugli archivi della Congregazione della dottrina della fede. Il 18 novembre sarà pubblicato il primo rapporto sugli ultimi due anni. È prevista a breve una indagine sui vent’anni, dal 2001 al 2021, su dati degli archivi vaticani rielaborati da due istituti universitari indipendenti. A partire dal 2023 è programmato un rapporto annuale.
La CEI, non senza resistenze, è entrata come invitato permanente nell’Osservatorio per il contrasto alla pedofilia e alla pedopornografia presso il ministero per le politiche della famiglia che il 5 maggio ha approvato il piano nazionale per la prevenzione e il contrasto all’abuso sessuale. In quella sede è possibile che nasca un’indagine nazionale sull’insieme del problema in tutti gli ambiti sociali, compresa la Chiesa.
Se non dovesse succedere, rimarrà insufficiente il pur apprezzabile lavoro ecclesiale interno. «Queste indagini condotte in modo oggettivo e pubblicate servono assolutamente. E servirebbero anche in Italia, certo, così si guarderebbe in faccia la realtà e non si continuerebbe a negare qualcosa che viene continuamente smentito e cioè che in Italia non si sono abusi sessuali nella Chiesa »: così si è espresso p. Hans Zollner su La Stampa del 21 gennaio scorso. Il sospetto di inadeguatezza per le iniziative in atto è già sollevato dal coordinamento Italy Church Too e da L. Scaraffia, co-autrice del libro Agnus Dei. Gli abusi sessuali del clero in Italia.
Il “doppio binario” (CEI e ministero) può essere una risposta originale al problema in Italia, ma la verifica sarà sul reale ascolto delle vittime e sulla trasparenza del problema anche in questi ambiti non raggiungibili dagli strumenti ecclesiastici. I numeri forniti dai tribunali non sono sufficienti.
Più complesso e non meno grave l’impegno dell’Osservatorio sulla pedopornografia e sulla funzione di introduzione alla sessualità dei siti porno in Internet. A livello globale, il 30% dei bambini tra gli 11 e i 12 anni vede pornografia online. In Italia, il 44% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni.
Un’esposizione regolare alle immagini porno induce la percezione della donna come oggetto sessuale, comportamenti più aggressivi, disponibilità al sexsting (condivisione di immagini intime), problemi di disfunzione sessuale (cf. Corriere della Sera, 19 luglio 2021). Il tutto aggravato dall’estrema difficoltà a normare l’accesso a Internet ai bambini e ai ragazzi (cf. Le Monde, 24 maggio 2022).
Due note finali su elementi significativi. Anzitutto l’approvazione di una Nota che recepisce le indicazioni vaticane in ordine ai ministeri (aperti a uomini e donne) di lettore, accolito e catechista. Introducendo il tema dentro il cammino sinodale.
In secondo luogo, il tema economico. Il progressivo calo dell’otto per mille, la svalutazione del patrimonio immobiliare della Chiesa, la riduzione delle offerte con la pandemia e la crisi economica, l’esposizione debitoria di numerose diocesi annunciano anni di “vacche magre”. Un motivo in più per porre mano alle urgenti riforme strutturali.
L’analisi di Prezzi la trovo interessante. Temo – è un timore!!!!!! – che, come già sta avvenendo in alcune diocesi italiane, tutto si ridurrà all’ultimo tema indicato, ovvero alla questione economica. D’altronde perché in Italia non si vuole fare chiarezza sugli abusi dei preti? Perché questa avrebbe un impatto notevole a livello mediatico e a livello economico, come è successo in altri Paesi (USA in primis, Francia in secundis).
Lo snodo attuale è fondamentale per la Chiesa italiana, perchè le decisioni, che prenderà, incideranno nei prossimi decenni. La chiesa italiana attuale è troppo clericale e molto più clericale della chiesa preconciliare. Oggi non si vede alll’orizzonte personalità come Beata Armida Barelli, Beato Giuseppe Toniolo, il venerabile Giorgio La Pira, il venerabile Giuseppe Lazzati. Se la Chiesa italiana deve essere prima di tutto sinodale e solo se saprà camminare insieme potrà essere vicina alle donne e agli uomini del nostro tempo e ed annunciare il Vangelo tutto e non alcune sue parti come fatto fino ad ora. Se l’annuncio non sarà ideologico ma improntato alla vicinanza di evangelica memoria, allora si supereranno gli steccati che noi stessi abbiamo messo. Molte persone sono state escluse dalla comunità e poi si piange che pochi vanno in chiesa. Il compito del Card. Zuppi sarà arduo , ma alla sua portata.