L’aggressione militare russa all’Ucraina ha dato una nuova centralità alla Polonia. Dalla polemica anti-Bruxelles alla tradizionale opposizione alla Russia fino all’isolazionismo anti-ucraino il paese si è trovato d’improvviso al centro del flusso dei profughi (oltre due milioni) ucraini e sul limite incandescente dei confini dell’alleanza occidentale (Nato) verso Est.
Il pieno sostegno – forniture militari e assistenza – all’Ucraina, il consenso ai paesi che chiedono di entrare nell’alleanza (Finlandia e Svezia) e l’anticipata convinzione dell’attacco di Putin rispetto alle élites europee hanno cambiato il quadro precedente e rafforzato il governo conservatore e illiberale di Mateusz Morawiecki, dando fiato al neo-messianismo della Chiesa cattolica.
La sua polemica contro le Chiese dell’Europa occidentale si è rafforzata, come anche la distanza (non esibita) rispetto a papa Francesco.
La nuova centralità della Polonia
Intervenendo al congresso del movimento Europa-Christi – Mundus Christi (monastero di Wigry, 29 luglio), il presidente della conferenza episcopale polacca, mons. Stanislaw Gadecki, ha confermato il sistema dei valori tradizionali e la difesa dei “principi non negoziabili” come l’orizzonte della missione della sua Chiesa nel paese e verso l’Occidente.
Se non si vuole arrivare al relativismo individualistico, è necessario riconoscere che l’«esistenza di una natura umana immutabile è condizione necessaria per una ricerca etica razionale».
Vi sono valori umani universali scolpiti nella legge naturale che sono imperativi per i singoli come per il buon funzionamento della società. Su di essi si innestano armoniosamente valori specificamente cristiani, come l’amore al nemico. Se non si sceglie questa via, l’esito è il relativismo e, dal punto di vista storico-civile, il totalitarismo. L’illuminismo secolarizzato dell’Occidente va in questo senso.
Non possono essere oggetto di negoziazione politica «il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale, il valore del matrimonio come unione inscindibile di un uomo e una donna, il valore di una famiglia costruita sul fondamento del matrimonio insieme alla libertà dei genitori di crescere i propri figli secondo le proprie convinzioni religiose e morali, il valore della libertà di coscienza, il valore della libertà religiosa e della pace».
Fra di essi, tre sono particolarmente in pericolo: la vita, il matrimonio e la libertà religiosa.
I valori tradizionali
Secondo Gadecki, nonostante la positiva decisione della Corte suprema americana (24 giugno 2022) che ha negato l’aborto come diritto costituzionalmente garantito e la “profetica” decisione del tribunale costituzionale polacco (22 ottobre 2020), che ha definito incostituzionale l’aborto eugenetico, le civiltà occidentali vanno in senso opposto.
Il parlamento europeo ha condannato ambedue le sentenze e ha chiesto di introdurre il diritto all’aborto nella costituzione europea, mostrando un inquinamento ideologico preoccupante.
La famiglia è minacciata dall’ideologia del gender che nega la differenza e la naturale complementarietà di uomo e donna, ritenendo irrilevanti le differenze biologiche. È il cosiddetto “post-umanesimo” che garantisce a pochi iniziati il processo di «rigenerazione dell’umanità», parte integrante delle ideologie totalitarie.
La penalizzazione e il riconoscimento mancato alla Chiesa come auctoritas rispetto alla potestas dello stato condanna al “monismo” politico. «La politica diventa un tentativo di realizzare l’utopia del regno umano. Sappiamo come sono finiti due di questi tentativi di costruire uno stato perfetto senza Dio». L’allusione è a nazismo e comunismo.
Le antiche paure: Germania e Russia
Nella cultura liberale non mancano – a parere del vescovo – elementi positivi che rimandano alla loro radice cristiana, come la dignità dell’individuo, la libertà, la neutralità ideologica dello stato, la sussidiarietà, la democrazia, lo stato di diritto, la proprietà privata, il mercato, lo stato sociale ecc. Il loro limite è nel quadro assiologico di riferimento. Tutti sono declinati come “libertà da” e non, come invece suggerisce il cristianesimo, come “libertà per”.
Due citazioni sono indicative dei bersagli polemici, oltre all’Unione Europea. La prima, antirussa, è di Lenin: «Non esiste per noi un sistema morale che derivi dalla società umana». La seconda, antitedesca, è di Heinrich Heine (1797 – 1856) in cui si afferma che solo la croce tiene a bada la furia selvaggia dei guerrieri teutonici. Se questa scompare, si alza «un ruggito che non si è mai sentito nella storia del mondo». «Sappiamo – conclude Gadecki – cosa accadde cent’anni dopo e non vogliamo che accada di nuovo in Europa».
Fragili argomentazioni
L’impianto argomentativo non è nuovo (cf. SettimanaNews, qui). Soffre di alcuni limiti, reticenze e amnesie.
Senza negare la prosopopea di parte della cultura occidentale che trasforma l’aborto in un diritto positivo, impone diritti a società che non li riconoscono tali e trasforma la laicità in un idolo, restano sorprendenti i silenzi dei vescovi polacchi sulla democrazia (regole, equilibrio dei poteri, autonomia della magistratura), sull’urgenza della pace (da proporre non dopo ma durante lo scontro bellico), sul peso dei “valori non negoziabili” di indirizzo sociale, sulla mancata denuncia dell’utilizzo strumentale dei riferimenti cristiani.
L’identificazione, largamente percepita nella società polacca, fra Chiesa e attuale maggioranza di destra mostra già segnali inquietanti. Che ci sia bisogno di una legge, proposta dal ministro della giustizia, Z. Ziebro, per contenere l’aggressività verso la Chiesa significa che l’anticlericalismo è a livelli di guardia.
Le polemiche contro la Chiesa della commissione statale sugli abusi segnala che il percorso di riforma ecclesiale in merito è lontano dal convincere l’opinione pubblica. La mancata critica alle posizioni del governo che denuncia la “dittatura franco-tedesca” a Bruxelles e domanda il blocco dell’Unione sul principio dell’unanimità su ogni decisione, espone l’episcopato e la Chiesa a identificarsi con le forze che vogliono affossare l’UE.
La politicizzazione del magistero sociale non sta diventando forse un significativo ostacolo alla comunicazione del Vangelo?
Il papa utopico e liberazionista
Due episodi segnalano il discutibile e pretenzioso neo-messianismo della presidenza episcopale: le critiche sopra le righe al “pacifismo” del papa e l’intervento critico irrituale nei confronti del sinodo tedesco.
Di ritorno da una visita in Ucraina (24 maggio), S. Gadecki si è così espresso: «La Santa Sede dovrebbe capire che, nei suoi rapporti con la Russia – per usare un eufemismo –, dovrebbe essere più attenta, perché, secondo l’esperienza dei paesi dell’Europa centro-orientale, la menzogna è una seconda natura per la diplomazia russa.
D’altra parte, pare che i paesi dell’Europa centro-orientale siano sottovalutati dalla diplomazia vaticana. Lo abbiamo constatato nel passato. Per decenni sono stati trattati con sufficienza. Il card. Stefan Wyszynski ha provato a cambiare l’ottica, ma non credo sia riuscito… Solo con il pontificato di Giovanni Paolo II è avvenuto un cambiamento radicale, ma ora sembra che si stia tornando sui vecchi passi… La cosa più importante è che la Santa Sede sostenga l’Ucraina a tutti i livelli e non si lasci guidare da pensieri utopici, derivati dalla teologia della liberazione».
Senza nulla togliere alla geniale resistenza polacca rispetto al regime comunista, va ricordato che, grazie alla malcompresa Ostpolitik vaticana, il Processo di Helsinki ha permesso che le rivoluzioni, nel momento del collasso dei regimi dell’Est, fossero “di velluto” e non cruente.
Chiesa tedesca infedele
L’intervento a gamba tesa contro il sinodo tedesco si è realizzato in una lettera del 22 febbraio in cui il processo sinodale è accusato di diluizione dell’insegnamento della Chiesa, di subalternità alla cultura occidentale, di scarsa attenzione alla spiritualità e alla teologia (cf. SettimanaNews, qui). Temi che l’apposito gruppo di contatto fra i due episcopati non aveva sviluppato.
Il testo della lettera è stato poi seguito da un analogo intervento di alcuni vescovi del Nord e degli USA (cf. SettimanaNews, qui). Nella lettera di risposta, mons. Georg Bätzing, presidente dei vescovi tedeschi, ha affrontato le singole critiche, accennando anche al peso che gli abusi hanno avuto nell’avviare il sinodo tedesco: «Vorrei imparare da voi come affrontate le cause sistemiche delle migliaia di abusi che registriamo qui in Germania come in Polonia e nel mondo intero».
La sospetta vicinanza a Cirillo
L’impianto pastorale e storico-civile dei principi tradizionali trova una singolare sintonia con il magistero di Cirillo e della Chiesa russa. Il patriarca di Mosca ha infarcito i suoi discorsi a favore della guerra in Ucraina con la denuncia della decadenza morale dell’Occidente, della teoria di genere, delle convivenze omosessuali, dei gay pride ecc.
In un documento del 17 agosto del 2012 i vertici delle due Chiese (Cirillo e J. Michalik), in piena sintonia, così definivano le sfide comuni: «Oggi le nostre nazioni si trovano di fronte a nuove sfide. Col pretesto di salvare il principio della laicità o di difendere la libertà, si negano le fondamentali norme morali basate sul Decalogo.
Si promuovono l’aborto, l’eutanasia, le unioni di persone dello stesso sesso che si pretende di presentare come uno dei modelli di matrimonio, si promuove lo stile di vita consumistico, si rifiutano i valori tradizionali e si rimuovono i simboli religiosi dai locali pubblici. Non di rado, ci troviamo anche di fronte a sintomi di ostilità a Cristo, al suo Vangelo e alla croce, nonché a tentativi di escludere la Chiesa dalla vita pubblica. La laicità malintesa diventa una forma di fondamentalismo, se non, in pratica, un volto diverso dell’ateismo».
La sovrapposizione dei due magisteri non annulla certo le profonde differenze fra Chiesa cattolica polacca e Chiesa ortodossa russa, ma dovrebbe suggerire alla prima una maggiore cautela nel denunciare le pretese debolezze delle altre Chiese e una più accurata riflessione del rapporto tra Vangelo, condizione storico-civile delle comunità cristiane e indirizzi pastorali.
I rigidismi naturalistici e le pretese evidenze valoriali minacciano di oscurare più che favorire il discernimento ecclesiale.
Pongo un quesito. Si chiede: “La politicizzazione del magistero sociale non sta diventando forse un significativo ostacolo alla comunicazione del Vangelo?”. Ora la predetta politicizzazione avviene inevitabilmente quando si applicano i principi alla situazione concreta in modo per così dire molto ravvicinato e quotidiano, esprimendo, anche indirettamente, GIUDIZI POLITICI. Ecco perchè una sovraesposizione socio-ecologica, con dichiarazioni e commenti frequenti e ripetuti su tutto del Papa e dei Vescovi, ripropone il quesito citato, ben oltre l’ambito polacco.