Il 14 ottobre è stata comunicata la sanzione inflitta dal Vaticano a mons. Michel Santier per abusi compiuti su giovani adulti negli anni Novanta (cf. qui). La segnalazione era stata trasmessa a Roma nel 2019 e la condanna comminata nell’ottobre del 2021. Per la prima volta in Francia un vescovo è direttamente coinvolto in comportamenti delittuosi.
Impressionante la reazione nei media e nelle comunità. Anche solo l’elenco dei termini è indicativo. «Noi stessi – ha detto mons. Eric de Moulin-Beaufort, all’apertura dell’assemblea dei vescovi il 3 novembre – ci riuniamo con sentimenti confusi di collera, di vergogna, di impotenza, d’incomprensione, forse anche di sospetto fra noi, avvertendo la collera, la vergogna, lo scoraggiamento, la dimissione dei fedeli più impegnati, dei diaconi, dei preti, dei seminaristi, colpiti di nuovo, per alcuni in forma insopportabile».
Colpiti tutti, fedeli e vescovi, anzitutto per la gravità dei fatti: si è chiesto a due giovani uomini di spogliarsi durante la confessione. Una intollerabile violenza nella celebrazione del sacramento.
In secondo luogo, per una comunicazione tardiva che, a parere di alcuni, ha impedito la denuncia di altre vittime. Come si è puntualmente verificato. All’indomani della notizia, altre cinque persone si sono fatte presenti per denunciare il vescovo.
In terzo luogo, per una pena considerata troppo lieve: mons. Santier è stato destinato ad una vita ritirata in un convento femminile dove può celebrare, senza altri incarichi pastorali.
La Chiesa in affanno
Da giovane prete, figura di rilievo nel Rinnovamento nello Spirito in Francia e fondatore della comunità carismatica «Réjouis-toi» nel 1977 (dopo l’esperienza dell’effusione dello Spirito a Roma), primo direttore della Scuola della fede di Coutances nel 1989, Santier diventa vescovo a Luçon (2001-2007) e poi a Créteil (2007-2021).
Uomo molto stimato anche dai suoi preti per la sensibilità sociale, impegnato nel dialogo interreligioso e sostenitore della sinodalità, non ha mai accennato ai suoi comportamenti irregolari, neppure al momento in cui si è dimesso. Tutti pensavano a problemi di salute, dopo un Covid molto pesante.
Il 21 ottobre il presidente delle conferenza episcopale, mons. Moulin-Beaufort aveva registrato le critiche per l’assenza di comunicazioni delle censure romane, motivate da Dominique Lebrun, vescovo di Coutances (diocesi dell’attuale residenza di mons. Santier), per la richiesta di discrezione delle vittime.
Ma la questione della segretezza sembra a molti contraddire le indicazioni della Commissione CIASE che l’anno scorso aveva con coraggio denunciato l’intero spettro degli abusi negli ultimi cinquant’anni e di cui i vescovi si erano fatti paladini. L’incertezza canonica in merito prende rilievo per il profondo malessere che l’episodio ha riattivato.
Il gruppo Promesses d’Eglise, una sigla che raduna molte associazioni che si erano impegnate all’indomani del rapporto CIASE, ha espresso tutto il suo disagio, chiedendo un cambiamento profondo nella governance della Chiesa, nel suo dialogo interno e nella comunicazione pubblica per «ridare segni tangibili della volontà di camminare assieme», senza dover aspettare le modifiche al diritto canonico.
Troppe questioni in sospeso
Si riaprono capitoli avviati da tempo, anche solo tangenzialmente toccati dall’episodio. Anzitutto il magistero morale cattolico, ritenuto insufficiente rispetto all’evolversi della cultura e dei costumi. Un impianto che non si schioda dall’assimilazione della sessualità al male e che riduce a voyeurismo una mistura devastante di peccato, nudità, attrazione sessuale e religione.
Ha senso una «condanna a vita» del divorziato e la continuità della presidenza dell’eucaristia, seppure in luoghi riservati, di un chierico colpevole di abusi in confessione?
Riemerge il sospetto verso le nuove fondazioni e il Rinnovamento nello Spirito. Anche se la comunità da lui fondata, «Réjouis-toi», ha subito preso le distanze, aprendo un indirizzo e-mail per ulteriori denunce. Ho già accennato al giudizio di insopportabile ritardo del diritto canonico.
Più drastico il religioso psicoterapeuta p. Stephane Joulain: «Peso le parole: non credo più alla capacità dell’istituzione ecclesiale di rendere giustizia in materia penale. Per questo incoraggio sempre le vittime che mi consultano a rivolgersi alla giustizia civile».
Non mancano rilievi all’attuale pratica di nomina dei vescovi, alla lucidità di indicazione dei nunzi, alla prassi di evitare ogni coinvolgimento dei fedeli. Soprattutto davanti a un ruolo che oggi ha bisogno di essere svolto in forma collaborativa e collegiale. Più in generale preoccupa il silenzioso abbandono di molti. Si tratta spesso di persone attive sulle linee più esposte dei poveri e dei marginali.
Una vittima commenta amara: «I vescovi si nascondo dietro i testi sacri, il diritto canonico e la prescrizione… Con quello che sta emergendo la Chiesa non deve neppure preoccuparsi delle denunce delle associazioni delle vittime. Sta per affondarsi da sola».
I lavoro assembleari
Il caso Santier è esploso nei lavori dell’assemblea generale dei vescovi (3-8 novembre) chiamata a verificare le decisioni e gli organismi avviati dopo il rapporto CIASE (fra cui un tribunale penale unico per la Francia e un celebret − documento di riconoscimento canonico dei preti – non diocesano, ma nazionale).
Il tema maggiore è l’avvio di un progetto complessivo di riforma delle strutture nazionali, proporzionate all’attuale dimensione delle comunità, della pratica e delle forze ecclesiali. Una riorganizzazione che dovrebbe durare alcuni lustri. Il tema del fine-vita e della convocazione nazionale in merito suggeriscono di elaborare un testo di riflessione per il confronto nelle comunità.
Nella sua prolusione mons. Moulin-Beaufort richiama la crisi di credibilità da cui la Chiese è chiamata a uscire: «Abbiamo bisogno di tempo per riflettere insieme e da soli, per pregare, in vista di elaborare con la più ampia sintonia possibile le decisioni e le indicazioni di lavoro che permettano alla nostra Chiesa di Francia di avanzare in un cammino migliore e di riconquistare passo passo la fiducia consunta o perduta».
Curioso come, nella grande maggioranza dei casi, gli abusi siano commessi su giovani maschi. Direi che il problema principale non sia, come si legge nell’articolo, “il magistero morale cattolico” quanto piuttosto la presenza di omosessuali tra le file del clero.