Il Centro di Studi Ecumenici, Missiologici ed Ecologici «Metropolita Panteleimon Papageorgiou» (CEMES, qui) di Salonicco ha pubblicato un appello per la possibile riconciliazione delle due anime della Chiesa ortodossa in Ucraina proprio a partire dalla condizione creata dall’attuale aggressione militare della Russia sotto l’ideologia imperialista, di natura religiosa, del Russkii Mir («mondo russo», qui su SettimanaNews). Il sostegno del Patriarcato di Mosca alla guerra di Putin avvicina oggi le due anime dell’Ortodossia in Ucraina, creando le condizioni per immaginare un cammino verso l’unità. Traduzione dall’inglese di Dimitrios Keramidas.
LA RICONCILIAZIONE ECCLESIASTICA UCRAINA NEL DOPO GUERRA
UN APPELLO A TUTTE LE CHIESE
Il Centro di Studi Ecumenici, Missiologici ed Ecologici «Metropolita Panteleimon Papageorgiou» (CEMES) da diversi anni ha incluso nei suoi progetti di ricerca il tema dell’unità ecclesiastica in Ucraina e la promozione dei contatti con i diversi enti, comunità e Chiese presenti in questo Paese.
Per mezzo delle sue conferenze pubbliche, il CEMES ha cercato di agire come un ponte di comunicazione tra gli ortodossi, i cattolici e i greco-cattolici ucraini in modo da evidenziare gli elementi comuni delle diverse tradizioni, di sanare le ferite del passato e di far luce sulle cause dello scisma tra Oriente e Occidente avendo l’Ucraina come focus di studio.
L’attuale Appello vuole essere uno strumento per chi volesse agire con maggiore convinzione e forza contro il male della divisione e a favore della convivenza pacifica e cooperazione tra i cristiani di Ucraina e in generale. È in questa prospettiva che il CEMES sta aprendo un ampio dibattito ecumenico sulla riconciliazione post-bellica dei fedeli ortodossi dell’Ucraina, volendo contribuire con le sue energie intellettuali all’opera del perdono che dovrebbe iniziare il giorno successivo alla fine della guerra.
L’impegno del CEMES
1. Il CEMES, fedele alla sua vocazione, ha orientato i suoi progetti accademici verso il tema dell’unità dell’Ortodossia, un’unità diventata più vulnerabile dopo che ha subito un duro colpo dalla decisione di alcune Chiese di non partecipare al tanto atteso e da quasi un secolo preparato Concilio Pan-Ortodosso di Creta.
Tale situazione è stata ulteriormente deteriorata dopo la decisione del Patriarcato di Mosca (PM) di interrompere la comunione eucaristica con il Patriarcato Ecumenico (PE) e con quelle Chiese che hanno riconosciuto la Chiesa Ortodossa dell’Ucraina (OCU) e, più recentemente, con la creazione (dicembre 2021) di un Esarcato russo nel territorio canonico del Patriarcato di Alessandria. Nel frattempo, da diverse parti si lanciano appelli di un consensus panortodosso e addirittura di un nuovo Concilio Pan-Ortodosso.
Già prima della creazione dell’OCU, il CEMES aveva lanciato un progetto di studio sulla possibilità di avere una Chiesa Ortodossa Ucraina unificata. La questione era stata studiata attraverso il trittico Primato-Conciliarità-Autocefalia e il rapporto finale è stato pubblicato nell’aprile 2019 con il titolo generale «Pace sulla terra e unità ortodossa. Un appello alla comunità accademica ortodossa». Il rapporto sottolineava: la necessità di elaborare proposte realistiche; il bisogno della stretta relazione tra gli ortodossi; l’urgenza di procedere alla cooperazione e lo scambio di idee, coinvolgendo le giovani generazioni di tutte le Chiese nella costruzione del tessuto sociale e umanitario ucraino.
Una Chiesa senza primato (visibile)?
2. Alla luce dell’attuale guerra russa contro l’Ucraina, alcuni membri del CEMES hanno espresso la loro forte preoccupazione a proposito della cosiddetta ideologia del Russkii Mir («Il mondo russo»), un’idea di imperialismo religioso e nazionale che per molti aspetti è contraria al tenore conciliante e anti-nazionalista del documento del Santo e Grande Concilio di Creta su «La missione della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo» e del documento sull’ethos sociale ortodosso «Per la vita del mondo» pubblicato nel 2020 da un gruppo di teologi sotto gli auspici del PE.
La rottura della comunione eucaristica tra il PM e le quattro Chiese che hanno riconosciuto l’autocefalia dell’OCU (Costantinopoli, Alessandria, Cipro, Grecia) non va visto come un episodio isolato. L’assenza del PM dal Santo e Grande Concilio del 2016, il veto al documento preconciliare sull’autocefalia e l’istituzione dell’Esarcato africano russo vanno letti piuttosto come l’escalation verso la costituzione di un nuovo modello d’unità panortodossa.
A questo fine, si sostiene che i canoni della Chiesa, essendo stati ratificati in tempi remoti, non sarebbero più in grado di risolvere situazioni geopolitiche nuove. I sostenitori di questa posizione non si sono forse ancora spinti fino alla proposta di abolire la legislazione canonica stabilita dai Concili Ecumenici; ma un simile approccio spingerebbe verso un modello di unità senza un Primo, ovvero senza una primazia di onore e di servizio (con determinate prerogative) nella Chiesa, modello diverso da quello a cui tutte le Chiese Ortodosse, senza eccezioni (e senza obiezioni teologiche), si rifanno a vari livelli della vita ecclesiale (da quello diocesano fino a quello regionale-autocefalo).
Il CEMES non sostiene che i sacri canoni vadano seguiti ciecamente senza contestualizzare il loro contenuto. Ritiene tuttavia necessario conservare la tradizione canonica vigente e interpretarla dinamicamente. Altrimenti, esiste il rischio di assumere un’idea di unità simile alla visione protestante, ovvero quella di una confederazione di Chiese locali e indipendenti. Sarebbe un esito inevitabile se prevalesse l’opzione di «lasciare i canoni al loro passato». Se ciò accadesse, non si parlerebbe più della «Chiesa una», professata nel Credo, ma di una vera novità per l’ecclesiologia ortodossa.
Sfortunatamente, per molti secoli dopo la rottura della comunione nel XI secolo tra Oriente e Roma, una parte consistente dell’Ortodossia ha inconsciamente sviluppato una identità, per così dire, «in negativo». L’Ortodossia non viene tanto definita da ciò che la tradizione stessa ha lasciato in eredità, ma da ciò che gli altri – principalmente i cattolici – non sono. Si arriva dunque a sostenere che l’Ortodossia sarebbe una Chiesa sinodale senza primato, ovvero senza una espressione visibile dell’unità mondiale della Chiesa.
Oggi la sinodalità non è più un tabù neanche per l’esercizio del primato papale: papa Francesco ha sottolineato che «nel dialogo con i fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità» (Evangelii Gaudium, 246). La stessa correlazione (o interdipendenza) tra Primato e Sinodalità, a tutti i livelli della vita ecclesiale, è stata affermata nel dialogo ufficiale ortodosso-cattolico (cf. i documenti di Ravenna e Chieti).
Così, il rifiuto di accettare un capo visibile (un Primo, non in termini giurisdizionali, ma di servizio all’unità) comprometterebbe le fondamenta stesse dell’unità della Chiesa. E ciò perché la necessità di un Primo a livello universale, soprattutto alla luce della presenza del primato a tutti gli altri livelli ecclesiastici (diocesano, regionale/metropolitano), indebolisce la coerenza e credibilità della testimonianza globale della Chiesa Ortodossa. Qualsiasi altra visione dell’unità basata sul potere, o sulla superiorità «numerica» di una Chiesa, o anche sul criterio di Stati o Imperi «cristiani», non può avere in sé un effetto canonico ed ecclesiologico immediato.
Ucraina: verso la riconciliazione ortodossa
3. Il panorama religioso dell’Ucraina è attualmente di estrema importanza. Non solo a motivo dell’invasione della Russia, cioè dell’aggressione di uno Stato ortodosso da parte di un altro che condivide la stessa tradizione religiosa, né per il ruolo dell’Ucraina negli equilibri geopolitici globali.
L’attuale Ucraina è stata per secoli un’arena di scontro tra le due principali correnti teologiche del cristianesimo, vale a dire tra Ortodossia e Cattolicesimo. Oggi può diventare la terra in cui le ferite del passato possono essere esacerbate, a scapito dell’immagine della Chiesa e della sua testimonianza al mondo, oppure guarite, attraverso un processo di riconciliazione che porti il cristianesimo, nel suo insieme, dentro una nuova era ecumenica e – perché no – al ripristino dell’unità della Chiesa di Cristo.
Ironicamente, la concessione dell’autocefalia all’OCU e l’attuale guerra hanno reso più tangibile l’obiettivo di una rinascita ecumenica; la riconciliazione religiosa in Ucraina è ora più possibile di quanto non fosse prima della guerra, anche perché la Chiesa greco-cattolica ucraina si è espressa apertamente a favore dell’autocefalia ucraina.
A giudizio del CEMES, il contributo dei greco-cattolici nella riconciliazione religiosa non può essere ignorato. Infatti, le comunità greco-cattoliche sono nate nell’area geografica in cui è in atto l’attuale conflitto russo-ucraino. Molti ortodossi considerano ormai queste comunità non più un ostacolo alla pace, ma un protagonista della collaborazione comune cristiana. Così, la Chiesa greco-cattolica ucraina, pur essendo in passato un nodo nei rapporti cattolico-ortodossi e ucraino-russi, oggi è un attore principale nella promozione della stabilità sociale e delle relazioni ecumeniche, in un modo che forse nemmeno la Dichiarazione di Balamand del dialogo ufficiale ortodosso-cattolico è riuscita a stabilire.
Possibili soluzioni canoniche
4. Per quanto riguarda ora i passi canonici da compiere, un primo suggerimento verso la riconciliazione dell’Ortodossia ucraina potrebbe essere una provvisoria doppia giurisdizione. Anche se questo status potrebbe non essere pienamente canonico – neanche nella diaspora ortodossa ha avuto risultati eccellenti – appare una soluzione praticabile e in grado di diminuire l’odio sviluppato tra le parti negli ultimi trent’anni ed esacerbato negli ultimi due.
Tale soluzione potrebbe garantire l’integrità delle due Chiese Ortodosse attualmente presenti in Ucraina, la loro statura sinodale, l’esistenza di un Primo in ambedue, nonché la volontà dei due organi amministrativi di essere agenti di comunione e unità anziché di divisione e rivalità. In questo processo, il primato del PE potrebbe servire non come un obbligo di adesione all’OCU, ma come una garanzia canonica per quelle diocesi che inizialmente non vorranno aderire a nessuna delle due Chiese. Infatti, l’intervento canonico del PE, completato nel 2019, ha compreso non soltanto la concessione dell’autocefalia, ma anche la rifondazione di un stavropegion direttamente dipendente dal PE e, soprattutto, l’indicazione dei principi di unità e comunione come ragioni dell’esistenza dell’intera Ortodossia ucraina.
Un’altra soluzione transitoria potrebbe essere la creazione di una struttura ecclesiastica sinodale non ufficiale tramite un accordo reciproco tra l’OCU e la Chiesa Ortodossa ucraina del PM. Ciò può ispirarsi all’accordo del 1928 tra il PE e la Chiesa autocefala di Grecia, che ha permesso alle cosiddette «Nuove Terre» (i territori della Grecia settentrionale) di essere amministrate dalla Chiesa di Grecia, cioè da un Sinodo Permanente composto da 6 vescovi provenienti dalle «Nuove Terre» e 6 della Chiesa di Grecia. In altre parole, sia l’OCU che la Chiesa Ortodossa ucraina del PM dovrebbero lasciare da parte la loro controversia amministrativa e concordare sul come unire le loro forze in un’unica testimonianza evangelica.
Durante tale periodo transitorio, l’amministrazione delle Chiese Ucraine potrebbe essere affidata a un Sinodo Permanente composto da rappresentanti dei due Sinodi attuali, esattamente sul modello in essere nella Chiesa di Grecia. Tutto questo potrà estendere la sinodalità anche a livello del «sacerdozio regale» (quello non solo dei chierici ma anche dei laici), perché ci si raggiungi a una riconciliazione maturata e solida su vasta scala che farà emergere una Chiesa ortodossa ucraina veramente unita.
Queste, o simili, soluzioni potrebbero riconciliare gli ortodossi ucraini, facendoli abbracciare − e non combattere l’uno contro l’altro − ed essere testimonianza per il resto del mondo ortodosso, e per il mondo intero, di che cosa veramente sia l’amore cristiano!