In questi giorni d’inizio novembre i nostri PC sono stati aggiornati all’«Intelligenza artificiale» (d’ora in poi IA) con la versione 23H2 di Windows 11. Con questo lancio del 2023 c’è tutto un mondo in movimento.
Interventi pubblici sull’IA nel 2023
Nel Sole 24ore del 15 gennaio scorso l’articolo di Barbara Carfagna affermava con enfasi: «Il 2023 è l’anno in cui l’IA entrerà in una nuova Era, sarà alla portata di tutti e trasformerà l’economia, la sicurezza, il lavoro, le aziende e la vita stessa dei singoli uomini».
A marzo, mille personalità del mondo della cultura, della scienza e dell’economia hanno firmato una «lettera aperta» in cui si dice anche che «negli ultimi mesi, i laboratori di IA si sono impegnati in una corsa fuori controllo per sviluppare e impiegare menti digitali sempre più potenti che nessuno è in grado di comprendere, prevedere o controllare in modo affidabile».
All’inizio di novembre un centinaio fra leader mondiali si sono confrontati sullo sviluppo sicuro dell’IA, a Bletchley Park, alle porte di Londra. La loro «dichiarazione internazionale» sull’IA, afferma che «l’IA offre immense opportunità globali, ma deve essere progettata, sviluppata, distribuita e utilizzata in modo responsabile e incentrata sull’uomo».
Uso e diffusione dell’IA
L’IA è una forma di intelligenza che opera su una massa enorme di «dati», una sorta di catalogo sconfinato, ben più grande dei vari «motori di ricerca» conosciuti e utilizzati finora anche dai semplici privati. Questi cataloghi sono organizzati con criteri più raffinati, in modo che l’utente, a una domanda posta, riceve la risposta più pertinente. L’IA opera anche con una sorta di «intelligenza creativa».
I singoli utenti privati sono gli ultimi a ricevere l’IA e possono dire solo cose in generale. Sanno che l’IA è stata usata con effetti benefici durante l’epidemia del coronavirus. Oggi sanno, però, che è usata anche nelle due guerre in corso tra Russia e Ucraina e tra Hamas e Israele con manufatti digitali di propaganda contro i rispettivi contendenti e attivamente per scovare e colpire le forze avverse con armi più o meno automatizzate dall’IA.
Noi e l’intelligenza artificiale
Noi siamo i destinatari di benefici, ma anche di effetti dannosi, per ora non di una guerra armata, ma certamente della pressione e della propaganda del mercato, della politica internazionale e dei gruppi anonimi di pressione.
Noi subiamo la seduzione per le possibilità che l’IA rappresenta per i singoli. La pressione della pubblicità è un’astuzia simbolica che vende simboli: non vende IA, ma prestigio, non vende IA, ma oggettività ed efficienza, non vende IA, ma comodità, vende la dignità per quanto usi.
Il cristianesimo sa da sempre che la verità non ha alcuna chance senza un’attrazione simbolica, senza capacità di ridestare un affetto al quale non puoi rinunciare: una volta che l’hai vista non puoi più perdertela. Questo, per funzionare, deve strutturarsi come un sistema del pensiero che viene dall’abisso dell’affezione.
La pubblicità commerciale ci dice che questo è il modo e la realtà che conta. L’IA trae il proprio nome dall’intelligenza umana, che significa «leggere dentro» per collegare e comporre un pensiero. L’IA legge i dati già schedati ed elabora risposte.
Agli umani, invece, basta anche solo un tono di voce, perché la nostra sensibilità ricomponga il passato e riapra il futuro. L’intelligenza umana «tende a quello stile per cui la vita dell’uomo consiste nei legami affettivi, in un tessuto relazionale, più che non le questioni concettuali. È questo tessuto che la tiene in vita, al fine di rendere possibile ciò che ha da essere» (cf. il mio intervento su SettimanaNews).
La tensione a custodire e a favorire la tenerezza, gli affetti e le relazioni è la linfa vitale di un’eterna resistenza che tiene in vita la speranza, oltre al nichilismo dei dati anaffettivi.
Lo stile della politica europea
La politica dei diritti umani continua a iscrivere il mito del soggetto autonomo (si veda la «dichiarazione internazionale» all’inizio) con una retorica astratta che disattiva il linguaggio umanistico della grande tradizione europea, che ha portato alla luce i principi della responsabilità personale, delle virtù sociali, delle libertà civili.
Proprio in quest’era di alleanza tra politica e scienza, da una parte, e, dall’altra, l’individualismo etico e popolare, l’intelligenza umana può ricomporre il senso e il potere dell’affezione nella ricerca e nella pratica della sua giustizia. È una questione cruciale per la ricerca della verità, come per il desiderio del bene.