Il sito tedesco di diritto costituzionale “Verfassungsblog” ha pubblicato la settimana scorsa un editoriale e un breve intervento sulla recente decisione del Tribunale costituzionale polacco nella quale si afferma “che elementi fondamentali del diritto primario dell’Unione Europea sono incompatibili con la Costituzione polacca”. Creando una situazione che, di fatto, fa venire meno quella leale cooperazione e i valori condivisi che stanno alla base dell’UE stessa (cf. TUE art. 2; 4/3).
Alla luce della sentenza del Tribunale costituzionale, infatti, “il diritto europeo e le decisioni della Corte di giustizia saranno vincolanti solo nei limiti della Costituzione polacca così come questa viene interpretata dal ‘Tribunale costituzionale’ polacco – e, quindi, dal governo del partito PiS”. Questo va contro mezzo secolo di cultura giuridica della comunità europea, secondo la quale “in caso di conflitto tra il diritto dell’Unione Europea e il diritto nazionale, compresa la Costituzione, il primo prevale sul secondo”.
Nonostante la portata della sentenza, essa da sola non rappresenta ancora un’uscita della Polonia dall’UE, né una eventuale espressione di volontà in questo senso. “Se la Polonia ha un futuro come membro dell’UE, e quale futuro, non è una questione giuridica ma politica. Non vi è nessuna procedura nei trattati dell’UE per espellere uno stato membro contro la sua volontà”.
Uscire dall’UE per la Polonia significa, dunque, percorrere la via formale prevista dall’art. 50 TUE – ossia di “recedere volontariamente dall’Unione”. Il governo polacco, cioè il PiS e quindi anche il Tribunale costituzionale, in questo momento non sembrano avere intenzione reale di portare il paese al di fuori dell’UE. Certo, “essi possono ben volere danneggiare l’UE, ma preferiscono farlo dall’interno”.
Davanti a questa situazione l’Unione Europea ha sicuramente dalla sua parte importanti leve finanziare da muovere nei confronti della Polonia: da un lato, tutti i finanziamenti previsti con il programma “NextGenerationEU”; dall’altro, con il nuovo meccanismo dello stato di diritto che consente tagli nel trasferimento dei pagamenti a protezione del bilancio dell’UE. “Una necessità che può essere giustificata certo meglio oggi, dopo il verdetto polacco, che ieri. E la Commissione non dovrebbe avere timori nell’usarla”.
Solo facendo così la Commissione farebbe venire meno lo scetticismo sorto a motivo della sua politica “acquiescente” nei confronti di Polonia e Ungheria. “Si tratterebbe di un fatto importante, perché l’impegno delle istituzione stesse dell’UE verso lo stato di diritto deve esse oltre ogni dubbio”.