Ho incontrato il pastore Martin Robra il 27 maggio del 2017 presso Villars-sur-Glâne, a pochi chilometri da Ginevra. Nel 1994 ha iniziato a lavorare presso il Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) e nel 2006 è diventato co-segretario del gruppo misto di lavoro tra il Consiglio e la Chiesa cattolica istituito nel 1965. Con il pastore Robra avevo parlato dell’incontro di Lund, in occasione della commemorazione dei 500 anni della Riforma. Parlavamo di come tutti i discorsi fossero stati centrati sul futuro e non sul passato. In quella occasione mi aveva espresso desiderio e attesa per una visita di papa Francesco alla sede del CEC di Ginevra.
Ricordando la condivisione di quelle attese e di quelle speranze, alla vigilia del viaggio del Pontefice a Ginevra sono tornato da lui per dialogare su questa visita che avviene nel contesto delle celebrazioni dei 70 anni dalla fondazione del Consiglio – noto in inglese come World Council of Churches (WCC) –, che nasceva, infatti, ad Amsterdam il 22 agosto 1948. Il papa incontrerà l’organo di governo del CEC, il Comitato centrale, composto da 150 rappresentanti eletti.
Martin Robra – sposato con Barbara Siebel e padre di cinque figli – è pastore della Chiesa evangelica di Westfalia.
– Che cosa è il Consiglio ecumenico delle Chiese? Dicci qualcosa sulla sua storia, sugli inizi, sul significato…
Nel 1921 il Patriarca ecumenico di Costantinopoli scrisse una lettera ad altre Chiese cristiane, proponendo la formazione di una koinonia di Chiese, un’alleanza o una comunione di Chiese nel reciproco sostegno, per facilitarne la testimonianza comune al mondo. Sarebbe diventato uno strumento per la promozione dell’unità dei cristiani. Tuttavia il CEC non va visto come un’organizzazione centralizzata con sede a Ginevra o come un tentativo di creare una «Chiesa mondiale». Il CEC è la comunità fraterna di 348 Chiese, provenienti per la maggior parte da tradizioni ortodosse, anglicane e protestanti, e comprende anche un certo numero di Chiese pentecostali e Chiese africane indipendenti. Il CEC, per le Chiese che ne fanno parte, significa camminare insieme con fiducia reciproca. Nel preambolo della sua Costituzione si afferma che esso è una «comunità fraterna di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore, secondo le Scritture, e si sforzano di rispondere insieme alla loro vocazione comune per la gloria di un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo». Ginevra ospita soltanto il segretariato, che si pone al servizio della comunità delle Chiese membro e dei partner ecumenici.
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– La visita di Francesco sarà un’occasione per mettere in evidenza gli importanti traguardi raggiunti e per affrontare le sfide future dell’ecumenismo. Come vedi l’attuale situazione dell’ecumenismo?
Fino a pochi anni fa eravamo abituati a parlare di un «inverno ecumenico». Tuttavia il nostro Segretario generale, il reverendo Olav Fykse Tveit, che viene dalla Norvegia, amava dire che nell’inverno non c’è nulla di sbagliato: c’è soltanto bisogno di guanti e vestiti che tengano caldo. Però mi sembra che con papa Francesco e le sue iniziative sia giunta una nuova primavera. La sua partecipazione, a Lund, alla preghiera per la celebrazione del V centenario della Riforma mi ha molto incoraggiato. In quel momento il motto delle celebrazioni, «Dal conflitto alla comunione», si è fatto vita. Ma non è accaduto soltanto lì: Chiese di tutto il mondo hanno celebrato insieme la guarigione dalle memorie ferite della Riforma. Non dimentichiamo quante guerre ne sono state alimentate.
– La visita del papa a Lund mi pare sia stato un momento importante. Mi ha molto colpito il fatto che i discorsi siano stati centrati sulle sfide del presente e del futuro, sul cammino da fare…
Lund è diventato un momento di unità lungo il cammino. È una pietra miliare sulla strada che facciamo insieme. Lo vediamo ancora più chiaramente quando ricordiamo che, nel loro cammino verso Lund, luterani e cattolici si sono incontrati prima nel 1999 ad Augusta per la firma della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione. Trovo affascinante che queste due pietre miliari diventino punti di riferimento che ci aiutano a vedere il lungo cammino da cui proveniamo e come andare avanti insieme nel futuro. La Dichiarazione congiunta ci ricorda l’iniziativa di Dio per la salvezza del mondo: iniziativa che viene prima di tutto. Dio ci sta raggiungendo per grazia. La Dichiarazione di Lund dimostra che l’evento di Augusta del 1999 e il comune viaggio che ci ha condotto lì hanno davvero cambiato molti di noi. Tornando da lì, abbiamo riconosciuto l’importanza dei ricordi del passato, segnati da ferite e avvelenati dall’odio.
– Quasi un momento di liberazione, di riscoperta…
Ci siamo sentiti liberi di non ripetere gli stessi stereotipi che hanno approfondito la separazione delle Chiese e delle comunità e portato alla violenza e perfino alla guerra nei cinque secoli successivi alla Riforma. Invece, abbiamo riscoperto un grande patrimonio comune. In questo modo siamo diventati responsabili sia del nostro passato sia del nostro futuro insieme, e non più soli e separati gli uni dagli altri. Invece di allontanarci, possiamo camminare insieme e condividere con gli altri le nostre storie, le nostre speranze e le nostre aspettative per il futuro delle nostre Chiese e del mondo.
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– Parliamo della visita papale al CEC. Francesco non è il primo papa accolto a Ginevra. Prima di lui vi erano state le visite di Paolo VI (giugno 1969) e di Giovanni Paolo II (giugno 1984). Qual è il significato di questa prossima visita?
È sorprendente che papa Francesco abbia dato tanto rilievo al CEC durante la sua visita a Ginevra. È un fatto molto diverso rispetto alle due precedenti visite a Ginevra dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. Quei viaggi erano stati dedicati dai Papi anzitutto alla Svizzera e agli uffici ginevrini delle Nazioni Unite in qualità di capi di Stato. Papa Francesco viene prima di tutto come capo della Chiesa cattolica, vescovo di Roma e successore di Pietro. Si muove da Roma a Ginevra. Speriamo che insieme potremo continuare il «Pellegrinaggio di giustizia e pace» verso coloro che sono ai margini della società, coloro che hanno sete di giustizia e di pace in questo mondo colpito dalla violenza con le sue ingiuste relazioni politiche ed economiche. È un bene che papa Francesco arrivi poco dopo la chiusura del nostro Comitato centrale, il più alto organo decisionale del CEC. Il Centro ecumenico di Ginevra sarà pieno di rappresentanti delle Chiese membro e di partner ecumenici in rappresentanza di tutte le dimensioni del movimento ecumenico. La sua visita dimostra l’unicità del movimento ecumenico, al quale la Chiesa cattolica ha aderito con la promulgazione del decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio. Il mondo vede nel papa una voce determinante del cristianesimo mondiale, insieme al patriarca ecumenico Bartolomeo e a pochi altri capi ecclesiastici. Sarebbe davvero un grande passo avanti se divenisse chiaro che il papa non parla soltanto nell’interesse della Chiesa cattolica di Roma, ma piuttosto anticipa quella Chiesa una, santa, apostolica e cattolica con coloro che finora sono separati.
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– Francesco è andato a Lesbo con il patriarca Bartolomeo, e a Cuba ha incontrato per la prima volta il Patriarca di Mosca. È andato a Lund per commemorare il cinquecentesimo anniversario della Riforma. Ha visitato la comunità luterana e quella anglicana a Roma, e anche la comunità valdese a Torino… Il suo messaggio non insiste soltanto sulla prosecuzione del dialogo teologico, ma sul fare alcune cose insieme «come se» fossimo già una cosa sola, incentrandoci sull’evangelizzazione e sulla testimonianza comune che il mondo ci richiede riguardo a questioni urgenti come le migrazioni. Qual è la tua opinione al riguardo? Si può pensare a un nuovo passo avanti basato su questo «come se fossimo già uno»?
Sì, abbiamo visto papa Francesco agire da «costruttore di ponti». Ti sono molto riconoscente per avere sollevato questa domanda sul modo di farlo. Avrai notato come ogni volta che faccio riferimento al «Pellegrinaggio di giustizia e pace», e all’unità da approfondire strada facendo, nutro una reale speranza nel rapporto tra le Chiese «come se» fossero una cosa sola. Nei primi anni del CEC, il nostro Comitato centrale ha affermato il cosiddetto «principio di Lund», che pone l’interrogativo: le nostre Chiese non «dovrebbero agire insieme in tutte le questioni tranne quelle in cui profonde differenze di convinzione le costringono ad agire separatamente?». Le Chiese cristiane possono fare molto di più insieme nell’evangelizzazione, nell’azione sul terreno pubblico, nel servizio diaconale e pastorale e nella loro comune testimonianza di quel Dio che è tre in uno, che ci ha creati nella nostra diversità, ci ha riconciliati in Cristo e ci rende una cosa sola nello Spirito Santo.
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– Qual è oggi la principale sfida dell’ecumenismo?
L’ecumenismo ha una forte dimensione escatologica, anticipando il regno di Dio, che ha creato ogni vita e una sola famiglia umana, ci ha riconciliati in Cristo e ci sostiene e ci guida nel nostro cammino tramite la potenza dello Spirito Santo. Ciò apre questo ampio orizzonte di giustizia e di pace per tutti. La realtà è tuttavia ancora molto frammentata e segnata dalla competizione per il potere e la ricchezza. Le contrapposte identità sono state finora sostenute da culture, e in parte anche dalla religione. C’è ancora una lunga strada da percorrere prima che si possa vedere un terreno comune globale in cui interagiscano pacificamente le culture e le religioni: una realtà, cioè, profondamente diversa da quello strato molto sottile e superficiale che ci viene proposto dall’attuale cultura dei consumi e dai media globali che la sostengono. Abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere prima che la dimensione ecumenica della nostra vita condivisa nella nostra casa comune si radichi profondamente nella mente e nel cuore delle persone. Considero le difficoltà che stiamo affrontando come le «doglie del parto» di questa nuova dimensione delle culture e delle religioni.
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Papa Francesco partirà il 21 giugno alle 8,30 dall’aeroporto di Roma Fiumicino per arrivare a Ginevra alle 10,10. Dopo una cerimonia di benvenuto e un incontro privato con il presidente della Confederazione svizzera in una sala dell’aeroporto, alle 11,15 avrà luogo, nel Centro del CEC, una preghiera ecumenica, durante la quale il papa pronuncerà un’omelia. Il pranzo sarà con la leadership CEC nell’Ecumenical Institute di Bossey, e alle 15,45 ci sarà un incontro ecumenico, in cui il Pontefice terrà un secondo discorso. La giornata si chiuderà con la Messa celebrata dal papa nel Palexpo. Francesco ripartirà alle 20, dopo il congedo dai vescovi e dai collaboratori delle rappresentanze pontificie in Svizzera. (…)
Riprendiamo dal sito ufficiale del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) una parte della lunga intervista concessa dal pastore Martin Robra a p. Antonio Spadaro lo scorso 31 maggio in vista della visita di papa Francesco alla sede del CEC, a Ginevra, in programma per il prossimo 21 giugno 2018. L’intervista integrale è disponibile sul sito de La Civiltà cattolica a questo indirizzo.