La decisione dell’Assemblea nazionale raccolta nella cattedrale di santa Sofia a Kiev (Ucraina: il «Concilio dell’unificazione e le sfide dell’unità» in SettimanaNews 17 dicembre) di chiedere e accogliere l’autocefalia per la Chiesa ortodossa del paese, con molti elementi di perplessità e di criticità, ha messo in moto una frantumazione istituzionale delle Chiese a partire dalla polarizzazione fra il Patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli (in SettimanaNews: Costantinopoli, l’Ucraina e la nuova geografia ortodossa; Ortodossia: crepe e frane). La richiesta di autocefalia e la scomunica pronunciata da Cirillo (Mosca) verso la nuova Chiesa ucraina (metropolita Epifanio) e Bartolomeo (Costantinopoli) hanno avviato un moto tellurico i cui esiti finali sono difficilmente prevedibili. L’intreccio con la politica interna ucraina e con i rispettivi poteri di riferimento (Putin per Cirillo e il patronato USA per Bartolomeo) secerne effetti problematici anche nelle aree dell’ortodossia occidentale, sollecitata a divisioni di appartenenza che moltiplicano quelle già in atto. Il tutto senza un dissenso teologico radicale o una frattura spirituale insanabile. Istituzione e politica sembrano prevalere sulle differenze teologiche espresse anche nel recente Sinodo di Creta (2016). Ecco alcuni elementi delle ultime settimane.
Ucraina
Il tomo (documento) dell’autocefalia sarà ricevuto il 5-6 gennaio dal metropolita Epifanio a Costantinopoli. Dopo la solenne liturgia del Natale ortodosso (6 gennaio) concelebrata dai due gerarchi si avvierà formalmente l’autonomia di una Chiesa nazionale che raccoglie le due Chiese prima scismatiche di contro alla Chiesa filo-russa che rimane la comunità maggiore. Oltre ai vincoli con Costantinopoli (mancata nomina patriarcale per Epifanio, custodia del crisma, responsabilità in ordine alle canonizzazioni, istanza di ricorso per vescovi e preti ucraini) emergono quelli che Bartolomeo ha chiesto al presidente Porošenko relativi alla laure e ai monasteri. Sarebbero 12 i monasteri e gli eremi sotto la direzione del Trono. Le due laure maggiori saranno trattate a parte. Lo Stato ha già rescisso il contratto con le comunità monastiche filo-russe finora presenti, destinando alcuni edifici al nuovo metropolita, e ha affidato in toto la prestigiosa chiesa di Sant’Andrea di Kiev direttamente al patriarca di Costantinopoli. Il parlamento ha già approvato, il 20 dicembre, un decreto-legge (n. 5309) che introduce modifiche significative alla legge sulla libertà di coscienza e sulle organizzazioni religiose attualmente in vigore. Riguardano in particolare il nome. Sarà impedito alla Chiesa filo-russa di usare il nome Ucraina, essendo un organismo religioso il cui centro amministrativo e dirigente appartiene a uno stato aggressore (Russia, con la guerra del Donbass e l’occupazione della Crimea). Assai vivace e non priva di ragioni la reazione della Chiesa interessata. Ha denunciato la violazione della libertà religiosa, l’incompatibilità con la laicità della costituzione del Paese e l’illegale intervento legislativo su una questione eminentemente ecclesiale. Un secondo progetto di legge (n. 4128) non ancora approvato riguarda il passaggio di obbedienza istituzionale fra le due Chiese ortodosse. Basterà una decisione assembleare delle singole comunità-parrocchie per vidimare la nuova obbedienza alla neonata Chiesa nazionale. È già successo a una sessantina di comunità. La prassi finora illegittima diventerà legale.
Montenegro
La Chiesa serba, cui appartiene la comunità montenegrina, si è schierata a favore del patriarcato russo. Il presidente dello Stato, Denovici, in una intervista del 25 dicembre ha reclamato l’autocefalia della Chiesa locale e la responsabilità dei poteri politici in merito. Il metropolita Anfiloco ha denunciato il progetto come una indebita e intollerabile ingerenza politica nella vita della Chiesa.
Georgia
Secondo informazioni affidabili la Chiesa ortodossa locale sarebbe pronta a riconoscere la nuova Chiesa ortodossa ucraina, prendendo quindi distanza dal Patriarcato di Mosca. Ma la decisione definitiva non arriverà prima di fine-gennaio 2019. Mosca ha finora ricevuto il pieno assenso dalla Chiesa serba, mentre a favore di Costantinopoli si è espressa la Chiesa romena. La Georgia sarebbe il secondo caso.
Mosca
Il patriarcato russo ha sempre espresso un totale dissenso in ordine al riconoscimento dell’autocefalia ucraina considerando Kiev il suo luogo di origine oltre che la sua riserva maggiore di personale ecclesiastico. La decisione più significativa del momento riguarda l’erezione a esarcato delle Chiese filo-russe in Occidente (di cui parleremo più avanti). Si può registrare la preoccupata e preoccupante reazione del presidente Valdimir Putin che in merito all’autocefalia ucraina concessa da Costantinopoli ha denunciato la «violazione flagrante e profonda delle libertà religiose» perseguita con l’obiettivo «di una più profonda rottura fra i popoli russo e ucraino».
Costantinopoli
Bartolomeo ha dovuto difendersi pubblicamente dalle accuse di Mosca di essere stato pagato per concedere l’autocefalia. Ha risposto in forma ironica che sì, era vero. Aveva ricevuto una quantità significativa di cioccolatini e confetti dalla fabbrica di cioccolato di Porošenko, ma che li aveva già distribuiti tutti. È noto peraltro l’appoggio esplicito dell’amministrazione americana all’operazione autocefalia. Apprezzamento confermato da Epifanio all’ambasciatrice USA, M. Yovanovitch. Bartolomeo deve fare i conti sulle divisioni anche nei suoi territori. Mosca ha aperto una parrocchia a Costantinopoli e ha permesso la comunione ai fedeli russi nell’unico monastero di tradizione russa dell’Athos, san Pantalemone, mentre viene espressamente negata per tutti gli altri.
Parigi
La diaspora ortodossa in Occidente si è sviluppata non sulla base di un’unica Chiesa nazionale, ma in dipendenza dalle Chiese d’origine: russa, romena, ucraina ecc. In tale quadro la presenza più autorevole e autonoma era quella dell’esarcato delle Chiese di tradizione russa, nato a seguito dei fuoriusciti dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917 e divenuto esarcato autonomo nel 1999. Costantinopoli lo ha soppresso il 29 novembre scorso per far confluire quelle comunità (il prestigioso istituto teologico San Sergio a Parigi, 65 parrocchie, 11 chiese, 2 monasteri, 7 eremi diffusi in tutta Europa) dentro le diocesi direttamente dipendenti dal Trono. Il vescovo Giovanni con il suo consiglio episcopale e l’assemblea del clero ne hanno ampiamente discusso e hanno convocato l’assemblea straordinaria della Chiesa (vescovi, preti e laici) per una decisione il 23 febbraio del 2019 a Parigi. In questo contesto il 28 dicembre il patriarcato di Mosca ha creato un proprio esarcato in Europa occidentale con sede a Parigi, nominando esarca il vescovo Giovanni di Bodorodsk. Questo significa una rete istituzionale più autonoma e più forte della Chiesa ortodossa russa in Europa occidentale e un eventuale luogo di accoglienza per il soppresso esarcato di tradizione russa. Il presidente del dipartimento delle relazioni estero del Patriarcato di Mosca, il metropolita Hilarion ha formalmente difeso l’autonomia delle decisioni in capo al vescovo Giovanni e del suo esarcato, ma la decisione del sinodo moscovita indica anche che l’eventuale entrata comporta una dirigenza diversa.
La celebrazione della Settimana dell’unità dei cristiani del 2019 sarà più difficile e dolorosa per la frantumazione istituzionale in atto nelle Chiese ortodosse. Ne esce indebolito l’intero cristianesimo. Ma l’assenza di scontri teologici e la rete ormai globale delle relazioni potrebbero rendere meno drammatico il futuro. Rimane la forza del Vangelo e della preghiera.