A distanza di una settimana l’omelia del cardinale di Vienna, pronunciata domenica scorsa nel duomo di Santo Stefano in occasione della festa del Santissimo nome di Maria, fa ancora discutere e viene ripresa dai media di tutta Europa. Per l’autorevolezza del cardinal Schönborn e per i suoi contenuti.
La «tiepidezza del cristianesimo favorisce l’affermarsi dell’islam» titola l’agenzia France Press in estrema sintesi dopo un’intervista chiarificatrice. Un’affermazione tutt’altro che nuova e che Christoph Schönborn, 71 anni teologo fondamentale allievo di Joseph Ratzinger, ha pronunciato a più riprese – una pietra miliare è diventato il suo intervento alla Catholic University of America di Washington nel febbraio 2010 – sempre in riferimento alla cultura europea dove «Cristo e il cristianesimo sembrano in larga misura emarginati e per molti versi sembra di essere tornati agli albori della presenza cristiana nel Vecchio continente». In questi giorni ha solo ribadito il concetto, come riporta anche il sito diocesano. Chi ha orecchie da intendere intenda, sembra dire l’arcivescovo di Vienna, che ricorda con la fierezza che caratterizza i discendenti dell’Impero, come 333 anni fa (luglio 1683), la capitale seppe difendere strenuamente le sue mura dall’assedio dei turchi ottomani mentre ora l’Europa rischia di crollare sotto l’avanzata dell’islam.
Una considerazione di carattere strettamente religioso-culturale, lontana anni luce dal populismo antiimmigrati anche perché è nota l’apertura della Chiesa austriaca, a partire dal fronte compatto dei vescovi, nei confronti dei profughi e l’accoglienza mostrata dalla popolazione con i nuovi arrivati (spesso contro le decisioni del governo in campagna elettorale).
«Non dobbiamo incolpare i musulmani se sono tenacemente convinti della loro religione, ma chiederci perché un così alto numero di cristiani siano diventati tiepidi quando si tratta di fede».
Un esempio è significativo: oggi tutti in Austria conoscono il Ramadam, forse non altrettanto il digiuno del Venerdì Santo. «È più che comprensibile che alcuni musulmani considerino questa Europa vecchia, debole e decadente, perché non c’è dubbio che la loro fede è più forte della nostra. Ma un cristianesimo credibile non può temere alcunché».
«Non si deve scambiare la mia omelia come una chiamata a difenderci contro i profughi, questo non era affatto la mia intenzione», spiega Schönborn nella convinzione che la crisi culturale d’Europa sia ben precedente all’immigrazione islamica: un male che il nostro continente si è autoinflitto per una sorta di indifferenza religiosa sempre più strisciante. E, se alcuni intendono approfittare della nostra debolezza, la colpa è solo nostra, perché «abbiamo sperperato la nostra eredità cristiana».
«Abbiamo sprecato il patrimonio cristiano che avevamo ricevuto in dono dai nostri padri. E ora ci chiediamo a cosa assomiglia l’Europa. Siamo come il figliol prodigo che ha ricevuto i beni del Padre, la sua preziosa eredità, e l’ha sperperata. Possiamo immaginarci soltanto guai per il futuro, e non solo economicamente, ma anche dal punto di vista squisitamente umano, e poi anche religioso e di fede. Chi può dire che ne sarà dell’Europa? 333 anni fa, Vienna è stata salvata. Forse dovremmo chiedere al Padre, proprio come Mosè: “Signore, dacci un’altra possibilità! Noi siamo il tuo popolo, questa è la tua gente!”. Preghiamo: “Signore, ascolta il richiamo della tua gente. È vero, siamo andati fuori strada e abbiamo sperperato la tua eredità. Non è questa l’Europa che ha prodotto tanti santi. Noi siamo ormai diventati tiepidi nella fede”».
«Ricordiamoci che non dobbiamo aver paura dell’islam, quanto piuttosto del nostro cristianesimo vacillante» ha concluso l’arcivescovo che ha inteso puntare il dito contro una fede sempre più tiepida che non incide affatto nella vita quotidiana.
La Chiesa cattolica austriaca, a firma della Caritas, pubblicherà nelle prossime settimane, come hanno già fatto in Baviera, 34.000 copie di opuscoli in lingua inglese, araba e tedesca, destinati ai migranti dove vengono sottolineate le «radici cristiane» e i relativi «valori» che stanno a fondamento del paese, perché l’integrazione è tanto più autentica quanto più si fonda sulla conoscenza, della lingua del popolo ospitante e delle sue tradizioni (di qui il proliferare di corsi di tedesco presso parrocchie e istituzioni educative o la stampa a Monaco di libretti con le preghiere-base della religione cristiana in lingua araba).
Contemporaneamente Schönborn intende proseguire e intensificare il dialogo con la parte più moderata della comunità musulmana presente in Austria e nei giorni scorsi ha pure rivolto un appello al futuro presidente della Repubblica, che verrà eletto all’inizio di dicembre, per via della ripetizione del ballottaggio tra Alexander van der Bellen e Norbert Hofer: con una tradizione consolidata dall’attuale presidente, il socialdemocratico Heinz Fischer, i leader musulmani sono soliti essere invitati alla Hofburg, il palazzo presidenziale, per celebrare la conclusione del Ramadan e il cardinale chiede di continuare mentre il candidato di estrema destra Norbert Hofer, sempre più spesso sulla scia di analoghe affermazioni anti islamiche dell’omologo repubblicano negli Stati Uniti, ha annunciato di voler porre fine a questa cerimonia, una volta eletto.
«Tuttavia la sfida posta dai profughi, aggiunge il cardinale, rappresenta solo una parte dei problemi della globalizzazione, dai cambiamenti climatici ai rifugiati per motivi del clima o i limiti evidenti di una crescita economica incontrollata. La preoccupazione di molte persone è reale: sempre di più vediamo che la ricchezza va concentrandosi nelle mani di pochi. Vi è, in linea di principio, solo una strategia per contrastare questo malsano sviluppo ed è il nostro modo di testimoniare con la vita il nostro cristianesimo. Invece di una cultura dell’egoismo, abbiamo bisogno di una cultura della solidarietà».
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