«Chi di scisma ferisce, di scisma perisce»: sembra questo il sentimento prevalente che presiede alla decisione del sinodo russo di istituire due proprie diocesi per l’intera Africa (29 dicembre). Nella tradizione ortodossa non è un problema creare diocesi all’interno della territorio canonico della propria Chiesa, ma è considerato un gesto grave quando tutto ciò avviene nel territorio di un’altra Chiesa.
Su aree geografiche non di tradizione ortodossa Costantinopoli invoca la propria responsabilità, ma il vincolo è assai maggiore se in esse, come nel caso del patriarcato di Alessandria da cui dipendono le attuali presenze ortodosse in Africa, è già attiva e riconosciuta l’autorità patriarcale.
La decisione moscovita è legata al riconoscimento da parte di Teodoro II di Alessandria della Chiesa autocefala di Ucraina (metropolita Epifanio). La decisione di concedere l’autocefalia (6 gennaio 2019) è in capo al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, fortemente avversata da Mosca che considera l’Ucraina suo territorio canonico e la locale Chiesa filo-russa (metropolita Onufrio) come unica Chiesa canonicamente riconosciuta.
Il consenso alla decisione da parte di Teodoro II di Alessandria (che si è aggiunto a quello della Grecia e di Cipro) alla decisione di Bartolomeo ha scatenato l’ira del patriarcato di Mosca. L’attuale decisione ne è la conseguenza.
L’esarcato in Africa
Il percorso di Mosca è chiaro. A dicembre del 2019, Mosca sottrae all’obbedienza a Teodoro II di Alessandria sei parrocchie distribuite in Africa e nate dalla “missione” della Chiesa russa. Il 24 settembre 2021 il sinodo russo dà mandato al vescovo Leonida di Vladikavkaz, di studiare e rispondere ai numerosi appelli del clero della Chiesa ortodossa di Alessandria, di uscire dall’obbedienza a Teodoro II per approdare a quella di Cirillo di Mosca.
Il 29 dicembre 2021 il sinodo decide di accettare la richiesta di 102 preti e istituisce un esarcato per l’Africa con due diocesi: la prima nella parte Nord del continente africano, con sede al Cairo. La seconda per la parte Sud del continente con sede in Sudafrica. La decisione è stata preparata da contatti diretti fra due preti russi (A. Novikov e G. Maximov) e i preti locali africani che mostravano interesse a cambiare la propria obbedienza.
La sede centrale dell’esarcato non sarà in Africa, ma a Mosca, presso la cattedrale dedicata a tutti i santi e sarà presieduta dall’arcivescovo Leonida di Vladikavkaz col titolo di esarca d’Africa. Dalla sede moscovita partiranno i missionari e gli aiuti alle chiese parrocchiali africane.
La risposta del patriarca di Alessandria porta la data del 30 dicembre: «L’antico patriarcato di Alessandria esprime il suo più profondo dolore per la decisione sinodale del patriarcato russo di istituire un esarcato nei territori canonici della giurisdizione dell’antica Chiesa di Alessandria, decisione presa nei giorni della memoria liturgica della natività di Gesù e della divina Epifania, tempo dedicato ad onorare Cristo Re della pace. Il patriarcato continuerà a svolgere i suoi doveri pastorali nei confronti del gregge che gli è stato affidato».
Si annuncia una prossima sessione del sinodo. Teodoro II nei mesi precedenti aveva visitato molte delle comunità africane ricavandone l’impressione di una sostanziale tenuta e fedeltà. Un segnale in merito è lo spostamento in Africa del Sud della sede della diocesi filo-russa, mentre in precedenza si parlava della Tanzania. Teodoro ha anche scritto una lettera a tutte le Chiese ortodosse per illustrare la situazione, le inevitabili tensioni interne, e la drammatica ferita nei canoni che regolano il rapporto fra le Chiese.
È probabile che qualche mugugno possa sorgere nelle Chiese filo-russe. Un prete della Chiesa ucraina del metropolita Onufrio, F. Pushkov, ha definito l’operazione come «equivalente alla bestemmia allo Spirito».
«Una tappa storica» l’ha invece riconosciuta l’arcivescovo Leonida esarca di Africa: «La Chiesa ortodossa russa guadagna uno statuto più completo e assume la responsabilità di questo evento storico. Non tollereremo più l’ingiustizia e il disprezzo dei canoni, da chiunque siano violati». Compito della Chiesa in Africa sarà in particolare quella di difendere le minoranze cristiane e di proteggere e far rispettare il diritto dei credenti. Non si conoscono le ragioni che hanno convinto una parte del clero africano a rivolgersi a Mosca.
Una ipotesi formulata da Peter Anderson è la promessa di un ruolo maggiore e l’apertura alla carriera episcopale. In merito l’arcivescovo Leonida non esclude la possibilità di allargare le strutture dell’esarcato e di nominare vescovi africani, d’intesa col sinodo moscovita.
Dividere la Chiesa greca e cipriota
Il risentimento russo si scatenerà anche contro la piccola comunità della Turchia? Pare di sì. Costantinopoli è in allarme perché, per la prima volta, in Turchia ci sarebbero due autorità patriarcali, quella del Fanar e quella di Mosca.
In una intervista all’agenzia Ria Novosti il metropolita Hilarion, presidente del dipartimento della relazioni estere del Patriarcato, lo ha fatto capire. Parlando della decisione relativa al clero del patriarcato di Alessandria afferma: «Non potevamo rifiutare la richiesta del clero, che si rendeva conto della posizione erronea del suo patriarca (Teodoro II), di essere accolto nel seno della nostra Chiesa. Allo stesso modo non possiamo negare ai credenti ortodossi in Turchia la cura pastorale dal momento in cui il patriarca di Costantinopoli si è schierato dalla parte dello scisma».
Ricorda con compiacimento i vescovi che a Cipro e in Grecia hanno espressamente criticato la scelta di Bartolomeo di concedere l’autocefalia all’Ucraina. Verranno sollecitati e aiutati per una ribellione più aperta. Si sa che preti russi hanno contattato la corrente scismatica greca dei “veterocalendaristi” (coloro che hanno rifiutato l’aggiornamento del calendario liturgico promosso all’inizio del ‘900). Essi hanno però preferito rivolgersi al vescovo Filarete, auto-nominatosi patriarca di Kiev. In ogni caso Mosca alimenta le difficoltà nella Chiesa greca.
Anticipando di fatto la prevista condanna del concilio dei vescovi russi verso Bartolomeo di Costantinopoli, previsto a novembre 2021 e spostato alla primavera prossima, Hilarion racconta così quello che sta avvenendo: « Purtroppo si è creato una situazione che sta diventando sempre più difficile da risolvere. Questa condizione è molto simile agli eventi della metà dell’XI secolo. L’allora patriarca di Costantinopoli e il papa litigarono. Ne è scaturita la separazione scismatica. Non credo che i legati del papa, che depositarono la bolla di scomunica sul trono della cattedrale di Santa Sofia, immaginassero che la divisione sarebbe durata secoli. E il patriarca di Costantinopoli, avviando azioni di ritorsione, difficilmente poteva prevederlo.
Ma le Chiese sono andate per la loro strada. Nel corso dei secoli la divisione crebbe e solo nove secoli dopo iniziarono i primi timidi tentativi di riavvicinamento. Il primo passo per sanare l’attuale situazione nell’Ortodossia mondiale dovrebbe essere un ritorno alla posizione delle Chiese ortodosse fino al 2018, quando le decisioni (come l’autocefalia) furono legate alla modalità conciliare, non lasciate a decisioni personali. Ma è difficile immaginare che il patriarca di Costantinopoli voglia tornare sulla sua decisione. Egli si considera autorizzato a prendere decisioni da solo, senza consultare le altre Chiese, contro la loro volontà e a loro danno. E i vescovi del patriarcato di Costantinopoli continuano a ripeterci “l’autocefalia è un fatto compiuto”. Bene, se è così, allora anche la divisione nell’Ortodossia è un fatto compiuto».
Delegittimare Costantinopoli
Perché Mosca è ricorsa a una decisione così grave e clamorosa in nome di una “deriva scismatica” non ancora definita, perseguendo la spaccatura nelle Chiese sorelle?
Ecco alcune delle ipotesi proposte: come deterrente verso altre Chiese disposte a riconoscere l’autocefalia ucraina; come spinta obbligante verso un nuovo incontro pan-ortodosso, visto il fallimento della proposta coltivata nella riunione di Amman (febbraio 2020); come moneta di scambio per una ritrattazione di Teodoro II. Sorprende che Mosca ricorra a un sistema di governo ispirato a Propagande fide del Vaticano (vi sono state numerose visite di gerarchi russi per conoscere il funzionamento dei dicasteri vaticani) adottando un “modello papista” dopo aver accusato di papismo Bartolomeo.
Sorprende che la violazione dei canoni sul territorio canonico imputata a Costantinopoli sia ora percorsa e giustificata da Mosca. Sorprende, in particolare, l’accelerazione dello scisma mentre molte Chiese ortodosse sono ancora incerte, non convinte dalla decisione di Bartolomeo ma non disposte a interrompere la comunione eucaristica praticata da Mosca. Due vittime sono però già visibile: l’indebolimento dell’annuncio evangelico e il congelamento del dialogo ecumenico.
Mi rende triste che le chiese, invece di lavorare per l’unità, continuano a dividersi. L’annuncio sarà sempre meno credibile.
Purtroppo l’articolista trascura il fatto che il Patriarcato di Costantinopoli ha ritenuto di assolvere dalle censure ecclesiastiche due gruppi ucraini scismatici dal Patriarcato di Mosca che da secoli all’esercita la giurisdizione canonica sull’Ucraina. Con provvedimenti “rivoluzionari” (in quanto non previsti da nessun canone vigente nell’ordinamento della Chiesa Ortodossa), il Patriarcato di Costantinopoli ha ignorato la Chiesa Autonoma Ucraina (che tra l’altro accoglie la maggioranza di vescovi, chierici, monaci e fedeli ortodossi ucraini). Pertanto è Costantinopoli, che ha provocato questo scisma con conseguenze non circoscrivibili all’Ucraina. Indubbiamente interessi geopolitici giocano (come sempre) un ruolo rilevante nella nuova guerra fredda che viene estesa dagli stati alle chiese cristiane. L’articolista ricorda in partenza le drammatiche conseguenze dello scisma, ma non può ignorare come in tutta la Chiesa Ortodossa vescovi, chierici, monaci e fedeli ritengono scismatica la Chiesa Autocefala istituita da Costantinopoli in alternativa alla Chiesa Autonoma di Ucraina, che non può essere definita filorussa (come sostengono gli oppositori) a causa della sua plurisecolare fedeltà al Patriarcato di Mosca. La tragedia, in ambito ecclesiale, non riguarda unicamente russi o slavi. Non sono pochi vescovi, chierici, monaci e fedeli ortodossi, che ritengono scismatici tanti riconoscono questa nuova Chiesa Autocefala Ucraina. Emblematica la richiesta di oltre 100 parrocchie ortodossi africane di essere ricevute nella giurisdizione patriarcale russa ritenendo anticanonico il riconoscimento dell’Autocefalia Ucraina realizzato dal Patriarca Teodoro di Alessandria. Mosca non ha affatto accelerato nel ricevere queste istanze, ma per tre anni ha sollecitato il Patriarcato di Alessandria ad annullare anticanonica decisione e a non sottoporre a minacce e discriminazioni chierici e fedeli africani in disposti a condividere l’errata decisione del Patriarca Teodoro. Se seguiranno analoghe decisioni moscovite (ricettive di chierici e fedeli, che contrari allo scisma ucraino, legittimato da Costantinopoli e da tre Chiese greche) non si tratterà dunque di una vendetta, ma della triste necessità di prendere cura pastorale di quanti non vogliono aderire allo scisma. Purtroppo il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli si rifiuta da anni di convocare almeno i tutti primati ortodossi per cercare una soluzione sinodale panortodossa al problema ucraino. Erratamente alcuni definiscono neopapismo l’attitudine assunta dal Patriarca Bartolomeo, che si ritiene primate al di sopra degli altri primati ortodossi. Mi pare meglio definibile il fenomeno “superpapismo” in quanto non mi risulta, che Papi recenti abbiano esercitato con tale irruenza il loro potere su Chiese nazionali.
Io penso molto modestamente che il vero problema sia la cattolicità.
Le chiese ortodosse hanno una base nazionale e questo le lega inevitabilmente alle politiche dei singoli governi.
Perciò dovremmo stare molto attenti a tutelare l’autonomia politica della Chiesa.
Occorre assolutamente evitare ogni collateralismo politico e la frantumazione della Chiesa romana in istanze nazionali.
Perciò il sinodo tedesco è veramente pericoloso
Personalmente non sarei così sorpreso di queste dinamiche “divisive” interne alla realtà delle Chiese ortodosse. Il conflitto di potere/giurisdizione tra le sedi patriarcali, specie quelle di Costantinopoli e di Mosca, è un dato storico ormai da tempo consolodato. Che adesso tale conflitto si manifesti in forme così estreme è solo una conseguenza delle accresciute e ormi esplicote ambizioni primaziali di alcuni patriarcati, ambizioni che sono peraltro “contigue” a più ampi interessi geo-politici. Di certo tutto ciò dovrebbe perlomeno interrogare la Chiesa latina: l’effettiva validità e praticabilità della sinodalita’ come principio di “governo ecclesiastico” non sono affatto scontate, come appunto dimostrano le tensioni nella Chiesa ortodossa che proprio a quel principio ecclesiolgico si richiama.
La Chiesa cattolica non è meno litigiosa visto che, dopo la separazione tra Roma e Costantinopoli, tra il 1300 e il 1400 ci sono stati prima due papi e poi tre papi e tutti si consideravano legittimi e lo scisma d’occidente si è ricomposto solo con il Concilio di Costanza (1414-1418), che ha deposto tutti e tre i papi ed ha eletto un papa diverso Martino V. Poi nel 1500 la vendita delle indulgenze ha opposto Roma alla Germania e ciò ha portato alla Riforma luterana. Se alcune istanze riformatrici fossero state accolte nel Concilio Lateranense V (1512-1517) probabilmente non ci sarebbe la Riforma luterana. Poi per esempio il Concilio di Trento (1545-1563) ha vietato la vendita delle indulgenze ed ha accolto altre istanze riformatrici dal punto di vista disciplinare pur rimanendo conservatore dal punto di vista dottrinale. Il primato e collegialità devono andare di pari passo.