Nicola Danilevich è arciprete sposato, insegnante di bizantinismo all’Accademia teologica di Kiev. Ha completato gli studi accademici a Patrasso. È incaricato della comunicazione per il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina fedele al Patriarcato di Mosca.
Siamo stati ricevuti benevolmente, con un preavviso di poche ore. Il metropolita Onufriy non è in sede. P. Nicola è disposto a parlarci sapendo che il nostro interesse verte soprattutto sulla richiesta di autocefalia presentata dalla Chiesa di Filarete, alla quale fa riferimento chiamandoli “gli scismatici”.
– P. Nicola, di cosa vi occupate lei e il suo ufficio?
Alla competenza del Dipartimento per le relazione esterne della Chiesa appartengono prima di tutto le relazioni interortodosse, con le 15 Chiese Ortodosse locali. In secondo luogo, curiamo anche il dialogo con le altre Chiese cristiane (cattolici, protestanti). Non disponiamo di una curia così grande, come la Santa Sede per il Vaticano, ma ci occupiamo di tutto ciò che riguarda le relazioni esterne della nostra Chiesa ucraina. Apprezziamo l’operato del nunzio Claudio Gugerotti, il “nunzio anticrisi”, che si è sempre trovato ad affrontare, nei successivi mandati, situazioni delicate.
Curiamo anche il dialogo interreligioso e i rapporti con le autorità civili. Inoltre, organizziamo la provvista pastorale delle comunità della diaspora.
Per questa competenza, ora ci occupiamo anche della richiesta di autocefalia presentata dagli scismatici, cioè il cosiddetto “Patriarcato di Kiev”, perché ha importanti ricadute sui rapporti interortodossi.
– È dunque un problema serio quello dell’autocefalia richiesta da Filarete?
È una questione molto seria. Scherzosamente potrei dire che a volte invidio voi cattolici, che avete il papa e non dovete trattare problemi di autocefalia!
Alla gravità della questione in se stessa si aggiunge il suo inquinamento per la strumentalizzazione, che ne viene fatta a fini politici e geopolitici. Peccato, che dei problemi ecclesiastici, delle questioni dello scisma, si sfruttino i fattori politici.
– Si parla già di scisma?
Penso che quando viene costituita una gerarchia parallela alla Chiesa di Cristo siamo in presenza di uno scisma. E Filarete dal 1992 ha creato una gerarchia parallela, nominando vescovi in città già sedi titolari di vescovi ordinati dal Patriarcato di Mosca. Il diritto canonico ortodosso prevede un solo vescovo in una città. Un secondo vescovo è contrario al diritto canonico e quando il fenomeno si espande a costituire una gerarchia parallela è scisma.
Storicamente, la divisione tra Oriente ed Occidente è di gran lunga più tardiva del 1054. In quell’anno era formalmente un conflitto fra il cardinale Umberto di Silvacandida e il patriarca Michele Cerulario. È testimoniata la partecipazione dei vescovi ortodossi ai sinodi della Chiesa occidentale fino a tutto il sec. XI e inizio XII. Lo scisma è cominciato in concomitanza con la prima crociata, quando i latini hanno iniziato a sostituire i vescovi ortodossi con i vescovi latini in diocesi già sedi titolari ortodosse.
Ma oggi la situazione tra le nostre Chiese sta cambiando. Oggi noi, ortodossi, cerchiamo di non duplicare i titoli, nemmeno delle diocesi latine. A Parigi, ad esempio, vi sono oggi vescovi ortodossi romeno, greco, russo, ma nessuno di essi è titolare, perché c’è il vescovo cattolico di Parigi.
Abbiamo molte parrocchie in Italia e anche un vescovo, che però non porta il titolo di vescovo di Roma perché c’è già il papa.
C’è una Chiesa ortodossa russa oltre i confini, che non ha una propria sede titolare ma è stata unita alla Chiesa ortodossa russa. Ma ci sono alcune parti, che non si sono unite. Nella Chiesa unita c’era il vescovo di Berlino e di tutta la Germania, Marco, e c’era anche un nostro vescovo col medesimo titolo. Quando è morto il nostro vescovo Teofano, Mosca ha inviato il nuovo vescovo con il titolo non di vescovo di Berlino, ma di Podolsk, per non duplicare i titoli e tuttavia garantire la cura pastorale dei fedeli.
Con la Chiesa di Filarete siamo in presenza di uno scisma, per ragioni canoniche e storiche. Se non nominassero una gerarchia parallela, accettando, ad esempio, di nominare titolari di sedi diverse, la frattura sarebbe più sanabile.
– La causa dello scisma è dunque Filarete?
Non è così semplice. All’origine c’è il progetto dell’autocefalia, alla quale non siamo di per sé ostili, ma è un’idea ancora non sufficientemente matura. Suppongo che una parte degli ortodossi nel nostro paese dichiarino di esser disposti a passare all’autocefalia, però non si vede ancora la massa critica dei fedeli. Ma il processo dell’autocefalia canonica, invece, non è ancora maturo.
Filarete ha impresso una frettolosa accelerazione al processo negli anni 90, quando il processo di autonomia era appena agli inizi. Se lui avesse aspettato e proposto l’istanza nel dialogo, forse anche noi avremmo potuto confluire nell’autocefalia.
Vedete quello che succede presso di voi. I greco-cattolici vorrebbero il patriarcato. Roma non ha mostrato alcuna fretta di riconoscerlo e ha lasciato passare tempo. Se tuttavia non venisse dato, la gerarchia ucraina non minaccia lo scisma. Filarete invece ha posto l’aut-aut: se non ci viene concessa subito l’autocefalia la proclamiamo autonomamente separandoci.
Noi diciamo a chi chiede l’autocefalia: venite e discutiamone restando nell’ambito dell’unica Chiesa. C’è un principio di sinodalità: ci sono i pro e i contro, ma deve potersi esprimere una maggioranza, non si deve agire a discapito della Chiesa e della sua comunione per affermare una volontà di parte. C’è una colpa personale di Filarete, perché ha strumentalizzato un’idea in sé positiva. Filarete passerà, ma l’idea dell’autocefalia resterà anche dopo di lui perché era prima di lui.
Oltre a questo sono convinto che l’autocefalia ucraina non deve essere un espediente anti-russo. Mi pare che oggi si vorrebbe fare della nostra Chiesa una Chiesa antirussa. La Chiesa di Mosca ha indubbiamente i suoi problemi. Ma non vogliamo consegnarci nelle mani dei politici perché usino la Chiesa contro la Russia oggi e domani, per esempio, contro la Polonia e poi non so chi. In Europa c’è stato un conflitto cruento fra italiani e austriaci, entrambi cattolici, durante la Grande guerra, ma nessuna delle due parti ha disconosciuto l’unico papa. La Chiesa deve rimanere la Chiesa, e lo status di autocefalia deve aiutare la Chiesa a svolgere effettivamente la sua missione e non permettere che dalla Chiesa si sviluppi un gioco nelle mani delle forze esterne.
– Quali altri aspetti, oltre a quello politico, sono in gioco?
L’aspetto politico è forte. Se non ci fosse questo, sarebbe più facile.
Ci sono due aspetti dello scisma:
1) la liturgia in lingua ucraina. Non è un problema; nella nostra Chiesa ortodossa ucraina utilizziamo la lingua paleoslava ma non fa problema se altri usano la lingua ucraina. Ci sono anche nostre parrocchie, più di 100, che utilizzano senza problema la lingua ucraina, restando nell’ambito canonico della Chiesa ortodossa.
2) Il nazionalismo. La rivendicazione dell’autocefalia giocata come espressione dell’identità nazionale della quale si vuole faccia parte l’avversione alla Russia. Ma l’ostilità alla Russia non è parte dell’identità ucraina; vi sono anche ucraini di lingua russa.
La Chiesa ortodossa ucraina fedele al Patriarcato di Mosca amministra attualmente circa 12.500 parrocchie; gli scismatici non più di 3.500 (registrate 5.000, ma molte esistenti solo sulla carta). Ad esempio, nella diocesi di Charkiv nell’Ucraina orientale loro hanno 18 parrocchie e noi circa 300. Nella regione di Rivne loro hanno circa 300 parrocchie e noi 600: non si può immaginare che alcune parrocchie siano parte di una Chiesa autocefala e la maggior parte no. L’autocefalia si chiede e si dà per tutta una Chiesa, non solo per alcune parrocchie.
– Cosa chiedete alla Chiesa di Filarete?
Noi chiediamo che i vescovi scismatici tornino alla Chiesa ortodossa ucraina, cioè alla nostra Chiesa, accettando che si proceda alla nomina dei vescovi perché i vescovi nominati dagli scismatici non sono validi; vescovi e preti devono essere riordinati. Poi si potrà parlare di autocefalia per tutti.
Se i politici si fanno da parte, se i responsabili dello scisma si fanno da parte, con i più giovani sarà più facile il dialogo. Il problema è che adesso il conflitto con la Russia si innesta su questioni che sono ecclesiali, non politiche.
Per la prima volta nella storia l’Ucraina è uno Stato indipendente entro i confini attuali. La nostra Chiesa riflette tutto quello che c’è nella società: filorussi, filoeuropei ecc. Noi rappresentiamo l’Ucraina nella sua globalità.
– Come giudicate il comportamento di Bartolomeo nel rapporto fra Mosca e Kiev?
Non so come si concluderà la vicenda, ma di certo non prende e non può prendere la decisione da solo, perché l’eventuale autocefalia deve essere riconosciuta da tutte le altre 14 Chiese ortodosse locali.
La Chiesa ortodossa di Serbia ha già detto che non riconoscerà la eventuale Chiesa autocefala nel modo in cui la vogliono fare, cioè senza la partecipazione della nostra Chiesa. La Chiesa ortodossa di Polonia ritiene che non sia accettabile una gerarchia parallela nel medesimo territorio. Sappiamo che nessuna delle Chiese ortodosse locali attualmente è pronta a sostenere la legalizzazione dello scisma col pretesto della concessione dell’autocefalia. Lo scisma dobbiamo curarlo e superarlo, ma non legalizzarlo.
Oltre a quello, Filarete non può pretendere di fare il patriarca della Chiesa autocefala, perché è stato scomunicato. Il Patriarcato di Costantinopoli può pensare di spostarlo ma non di riconoscerlo patriarca.
Ci sarebbe un effetto domino, provocherebbe molti cambiamenti e molti problemi per lungo tempo. Due giurisdizioni ortodosse in uno Stato sono un problema. C’è il precedente dell’Estonia, è vero, che però è una Chiesa piccola (30 parrocchie ciascuno) in uno Stato piccolo, ma qui la nazione e la Chiesa sono grandi e il significato storico e simbolico della Chiesa di Kiev, cioe la nostra Chiesa ortodossa ucraina, per tutta la Chiesa Russa è molto più importante di quella d’Estonia.
– Come vi state muovendo?
Abbiamo contatti con tutte le Chiese, abbiamo inviato lettere spiegando la situazione. Ci sono anche contatti personali. Per questo posso dire che Filarete rischia di restare solo: senza il sostegno di Mosca né di Costantinopoli.
Conosciamo la storia: siamo stati più di 700 anni sotto la giurisdizione di Costantinopoli, e da più di 330 anni siamo sotto la giurisdizione di Mosca. Quelli che riguardano i “confini” sono processi lunghi. Anche nell’Unione Europea i confini non sono modificabili dalle autorità nazionali.
Quanto sta accadendo è comunque uno stimolo per tutte le Chiese ortodosse a trovare una forma anche istituzionale per affrontare situazioni di questo tipo; non dico un papa ortodosso, ma un organo sinodale per governare le 15 Chiese ortodosse e la concessione dell’autocefalia. È un problema, ma come ogni crisi apre delle opportunità.
– Pensate di coinvolgere Francesco?
Questa è una questione ortodossa interna e non vedo motivo di coinvolgere il papa o per il papa di interferire. Il patriarca Bartolomeo è stato recentemente in Vaticano, poi ci è andato anche il metropolita Hilarion e il papa ha detto che riconosce un unico patriarcato per questi territori.
Dall’altra parte, è ovvio che i cambiamenti nella Chiesa ortodossa in Ucraina si riflettono anche sulla vita dei cattolici e greco-cattolici; siamo collegati fra noi.
– Se l’autocefalia verrà concessa, come reagirà il Patriarcato di Mosca?
È la domanda che mi pongono tutti. Come rappresentante ufficiale della Chiesa non posso commentare situazioni ipotetiche.
Noi siamo la Chiesa vera, che ha la successione dal Patriarcato di Costantinopoli dai tempi del battesimo della ‘Rus di Kiev (988). Il cosiddetto “Patriarcato di Kiev” è una parte nostra separata. Filarete era uno di noi. Macario (il capo di un altro gruppo minore di scismatici) era un nostro prete. Sono entrambi usciti da noi.
Saranno comunque problemi seri. I sacramenti amministrati da Filarete non sono riconosciuti dalla nostra Chiesa. Mosca certamente interromperà la comunione eucaristica e gli altri legami ecclesiali con il Patriarcato di Costantinopoli. Le altre Chiese non riconosceranno questa nuova entità. Chi concelebrerà con gli odierni scismatici? Uno dei capi delle Chiese ortodosse mi ha detto: «Fino a quando io non vedrò che gli scismatici deporranno le panaghie (insegne episcopali, ndr) sull’altare e sospenderanno le ordinazioni, io non li riconoscerò e non concelebrerò con loro».
– Come è stata interpretata la vicenda della lettera di Filarete?
La lettera l’ha scritta e per lui sarebbe l’unica strada per ottenere la cancellazione della scomunica. La lettera è agli atti e il Patriarcato di Mosca era disposta a farne oggetto di discussione. Quando è venuta la delegazione del “Patriarcato di Kiev”, a Mosca si sono chiesti cosa fare ed erano orientati ad aprire il dialogo, senza condizioni previe che avrebbero bloccato sul nascere il processo. È il Sinodo dei vescovi che ha comminato la scomunica, perciò solo lo stesso Sinodo può annullarla. Non so per quali motivi, ma Filarete si è poi lasciato intimorire dalle componenti radicali e nazionalistici tra le sue file e forse anche dai poteri politici. Anche tra i suoi, la fedeltà non ha un’unica espressione; tra i suoi ci sono moderati, favorevoli ad avviare finalmente un processo di reintegrazione, e radicali intransigenti. Nel seno del “Patriarcato di Kiev” in quel periodo ha avuto inizio divisione interna. Filarete stesso in quel periodo ha dichiarato in una sua predica che «L’unità interna per noi è più importante dell’autocefalia».
Abbiamo creato una Commissione nella nostra Chiesa (3 di Mosca, 4 dell’Ucraina) per affrontare le questioni poste. Ma non c’è un organismo omologo da parte di Filarete.
In conclusione vorrei ribadire che, se la questione fosse solo ecclesiale, la soluzione sarebbe possibile.
Il popolo di Dio è stanco delle divisioni e di queste diatribe e non le vuole. I fedeli della parte separata si lasciano influenzare troppo dalla propaganda dei media. Nonostante i problemi con la Russia, i fedeli non disertano le chiese, anzi dal 2014 i fedeli sono aumentati, con qualche diminuzione negli ultimi due anni. Con una differenza: le nostre chiese sono piene, quelle degli scismatici no. Anche i fedeli sono sensibili alla questione canonica. La nostra posizione è: tornate con noi e, insieme, successivamente, affronteremo la questione dell’autocefalia.
A Creta le Chiese dell’ortodossia nel 2016 hanno sentito il gusto della sinodalità e vorremmo che tutti i problemi venissero affrontati in una sessione sinodale. Il patriarca Daniel di Romania ha suggerito che assemblee sinodali di quel tipo si possano programmare ogni 5-6 anni. In questo spirito, anche le Chiese assenti a Creta in un certo modo erano ancor più presenti. I problemi della Chiesa in Ucraina possono spingerci a cercare soluzioni inedite, che vadano oltre le questioni di precedenze nelle firme o altre espressioni formali. Fino a ipotizzare una presidenza a turno come è nell’Unione Europea. Solo insieme usciremo dalle difficoltà.