Una lettera di papa Francesco, in cui elogia le Direttive episcopali dei vescovi dell’Argentina che permetterebbero ai divorziati risposati cattolici di ricevere la comunione in alcuni casi, anche se vivono in uno stato di oggettivo peccato grave, è stata ora aggiunta agli atti ufficiali della Santa Sede, conferendo un valore ufficiale a ciò che prima era considerato solo una comunicazione privata.
Il papa scrive che «il documento è molto buono e spiega pienamente il significato del cap. 8 di Amoris lætitia», e aggiunge che «non esistono altre interpretazioni».
Ma sono sorte subito delle preoccupazioni perché, a ciò che prima era considerato solo una corrispondenza privata, e quindi del tutto fuori dall’ambito del magistero papale, era stato attribuito ora lo status di un documento ufficiale del papa.
La pubblicazione di questa lettera negli Acta è accompagnata da una breve nota del card. Segretario di Stato, Pietro Parolin, assieme a un rescritto ufficiale avuto in un’udienza del giugno 2017, in cui si dice che il papa aveva espresso il desiderio che i due documenti – le Direttive e la lettera – fossero pubblicate nella pagina web di Acta Apostolicæ Sedis.
Il papa osserva che Amoris lætitia è «frutto del lavoro e della preghiera di tutta la Chiesa, attraverso la mediazione di due sinodi e del papa stesso». E aggiunge che il documento postsinodale non è un prodotto arbitrario del papa.
Ma – come si ricorderà –, dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica, erano sorte delle controversie per la famosa nota 351 in cui si dice che i divorziati risposati possono in certe circostanze ricevere anche «l’aiuto dei sacramenti». Alcuni, tra cui quattro cardinali, avevano manifestato al papa i loro “dubia”, scrivendo che, secondo la dottrina della Chiesa, il matrimonio è indissolubile e che i divorziati vivono in uno stato permanente di peccato grave, chiedendogli perciò delle spiegazioni..
Su questa vicenda, il 7 dicembre scorso, il card. Walter Kasper ha rilasciato un commento a Radio Vaticana di lingua tedesca che qui riprendiamo.
«Con la pubblicazione ufficiale della lettera di papa Francesco ai vescovi della Regione di Buenos Aires, speriamo che la spiacevole discussione sul documento apostolico Amoris lætitia sia terminata. La grande maggioranza del popolo di Dio ha già accolto con gioia riconoscente questo scritto e può sentirsi ora confermata.
L’errore fondamentale della critica, a volte aspra, è stato di appigliarsi a una semplice nota e di averla isolata dal contesto generale.
L’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, in singoli casi, è fondata sulla dottrina della tradizione, in particolare di san Tommaso d’Aquino e del Concilio di Trento. Non rappresenta nessuna innovazione, quanto piuttosto un rinnovamento di un’antica tradizione rispetto alle restrizioni neoscolastiche. Come hanno dimostrato esperti di provata fama dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, non esiste alcuna contraddizione con la dottrina dei due predecessori di papa Francesco.
È ferma tradizione della Chiesa che l’oggettiva gravità di un comandamento, che evidentemente non ammette eccezioni, non corrisponde sempre alla gravità della colpevolezza soggettiva. Il peccato grave è un concetto complesso. Implica non solo la trasgressione di una comandamento oggettivo, ma anche la coscienza soggettiva della grave peccaminosità e l’intenzione deliberata di trasgredire un comandamento di Dio. Se questo si dà nel caso concreto, deve essere verificato nel foro interno, ossia nella coscienza “davanti a Dio” e nel dialogo personale con il sacerdote, normalmente nella confessione.
È espressa dottrina del Concilio di Trento, che si rifà in questo a san Tomaso d’Aquino, che ricevere l’eucaristia, in cui si rende presente il sacrificio di Gesù per la remissione dei peccati, cancella i peccati veniali di cui ogni cristiano è colpevole, se è pentito, e lo preserva dai peccati gravi (Decreto sull’eucaristia, cap. 2, e can 5; Tommaso d’Aquino, Summa Theologica III, quæstio 79, Art. 3, 4 e 6).
È pertanto difficile riconoscere che ci sia un contrasto con la dottrina della Chiesa quando la nota 351 di Amoris lætitia afferma che in determinati casi, ossia in casi in cui non esiste alcuna grave colpevolezza soggettiva, i sacramenti possono essere un aiuto.
L’errore della critica ad Amoris lætitia è dovuto ad un oggettivismo morale unilaterale, che sottovaluta il significato della coscienza personale nell’atto morale. Con ciò non si vuol dire che la coscienza non debba prestare attenzione ai comandamenti oggettivi di Dio. Ma i comandamenti oggettivi universalmente validi – di nuovo il riferimento è a san Tommaso d’Aquino – non possono essere applicati meccanicamente o in maniera puramente deduttiva alle situazioni concrete, spesso complesse e perplesse. È piuttosto oggetto della virtù cardinale della prudenza, derivante dall’amore di Dio, chiedersi qual è nella situazione concreta l’applicazione giusta e conveniente del comandamento.
Ciò non ha niente a che vedere con una situazione etica che non riconosce alcun comandamento universalmente valido, e non si tratta nemmeno di eccezioni al comandamento, ma della domanda di come applicarlo in maniera giusta e conveniente nella situazione concreta, in una condizione di coscienza vista alla luce della virtù cardinale della prudenza (Josef Pieper).
Questa applicazione responsabile di una legge avviene anche nel diritto civile in cui si distingue tra omicidio e omicidio doloso. Anche nell’omicidio, per quanto riguarda la pena da infliggere, vengono valutate attentamente le circostanze e le ragioni (per es. l’intenzionalità). Ciò deve valere ancor più nella Chiesa. Essa infatti, nel suo giudizio non solo giuridico ma anche morale, guarda alla colpa soggettiva, non solo all’azione esteriore, ma anche alla coscienza interiore della persona.
Papa Francesco sottolineando l’importanza della coscienza si pone chiaramente sul piano del Vaticano II secondo cui la coscienza costituisce il centro più intimo e il santuario dell’uomo in cui egli è solo con Dio e dove la sua voce può essere ascoltata (costituzione pastorale Gaudium et spes, 16). Indubbiamente la Chiesa deve formare la coscienza della persona, ma non può mettersi al suo posto (Amoris lætitia, 37)».
Il card. Walter Kasper sta preparando uno scritto che uscirà in gennaio intitolato Die Botschaft von Amoris lætitia. Eine freundliche Disput (Il messaggio di Amoris lætitia. Una discussione amichevole).
Dazu ein Gastkommentar von Kardinal Walter Kasper
Durch die amtliche Veröffentlichung des Briefs von Papst Franziskus an die Bischöfe der Region Buenos Aires ist die leidige Auseinandersetzung um das Apostolische Schreiben Amoris lætitia hoffentlich beendet. Die große Mehrheit des Volkes Gottes hat dieses Schreiben schon bisher mit Freude dankbar aufgenommen und darf sich jetzt bestätigt fühlen.
Der Kardinalfehler der teilweise heftigen Kritik war, dass sie sich an einer einzigen Anmerkung festgebissen und diese aus dem Gesamtzusammenhang herausgerissen hat. Die Zulassung von wiederverheiratet Geschiedenen zu den Sakramenten in Einzelfällen ist in der Lehre der Tradition, besonders des Thomas von Aquin und des Trienter Konzils, begründet. Sie stellt keine Neuerung, sondern eine Erneuerung einer alten Tradition gegenüber neuscholastischen Verengungen dar. Wie ausgewiesene Fachleute der Lehre von Papst Johannes Paul II. aufgezeigt haben, besteht auch kein Widerspruch zur Lehre der beiden Vorgänger von Papst Franziskus.
Es ist feste Tradition der Kirche, dass die objektive Schwere eines Gebots, das selbstverständlich ausnahmslos gilt, nicht immer der Schwere der subjektiven Schuldhaftigkeit entspricht. Die schwere Sünde ist ein komplexer Begriff. Dazu gehört nicht nur der Verstoß gegen ein objektives Gebot sondern auch das subjektive Bewusstsein von der schweren Sündhaftigkeit und die bewusste Absicht gegen ein Gebot Gottes zu verstoßen. Ob dies im konkreten Fall gegeben ist, muss im Forum internum, also im Gewissen „vor Gott“ und im persönlichen Gespräch mit dem Seelsorger, normalerweise im Beichtgespräch geprüft werden.
Es ist die ausdrückliche Lehre des Konzils von Trient, das sich dabei auf Thomas von Aquin bezieht, dass der Empfang der Eucharistie, welche die Lebenshingabe Jesu zur Vergebung der Sünden vergegenwärtigt, die lässlichen Sünden, deren jeder Christ schuldig ist, wenn er sie bereut, tilgt und (den Christ) vor schweren Sünden bewahrt (Dekret über die hl. Eucharistie, Kap. 2, und Kanon 5; Thomas v. A., Summe der Theologie III, quæstio 79, Artikel 3, 4 und 6). Es ist also schwer einzusehen, dass es der Lehre der Kirche widersprechen soll, wenn die Anmerkung 351 von Amoris lætitia sagt, dass in gewissen Fällen, d.h. in Fällen, in denen keine schwere subjektive Schuldhaftigkeit vorliegt, die Sakramente eine Hilfe sein können.
Der Fehler der Kritik an Amoris lætitia ist ein einseitiger moralischer Objektivismus, der die Bedeutung des persönlichen Gewissens beim sittlichen Akt unterbewertet. Damit ist nicht geleugnet, dass das Gewissen auf die objektiven Gebote Gottes achten muss. Aber allgemeingültige objektive Gebote – wieder nach Thomas von Aquin – können nicht mechanisch oder rein logisch deduktiv auf konkrete, oft komplexe und perplexe, Situationen angewandt werden. Es ist vielmehr Sache der Kardinaltugend der von der Liebe geleiteten Klugheit zu fragen, welches in der konkreten Situation die rechte und billige Anwendung des Gebots ist. Das hat nichts mit einer Situationsethik zu tun, welche keine allgemeingültigen Gebote kennt, es geht auch nicht um Ausnahmen vom Gebot, sondern um die Frage der als Situationsgewissen verstandenen Kardinaltugend der Klugheit (Josef Pieper), wie das Gebot in der konkreten Situation „recht und billig“ anzuwenden ist.
Solche verantwortliche Anwendung eines Gesetzes geschieht auch im weltlichen Rechtsbereich. Dort wird bei jeder Tötung eines Menschen zwischen Mord und Todschlag unterschieden, und auch beim Mord werden Umstände und Motive (etwa Heimtücke) beim Strafmaß sorgfältig abgewogen. Das muss umso mehr in der Kirche gelten. Denn sie schaut bei ihrer nicht nur rechtlichen, sondern auch sittlichen Beurteilung des Maßes an subjektiver Schuld nicht nur auf die äußere Tat, sondern auch das innere Gewissen eines Menschen.
Papst Franziskus steht mit seiner Betonung der Bedeutung des Gewissens klar auf dem Boden des II. Vatikanischen Konzils, das gelehrt hat, dass das Gewissen die verborgenste Mitte und das Heiligtum im Menschen ist, wo er allein ist mit Gott, dessen Stimme in diesem seinem Innersten zu hören ist (Pastoralkonstitution Gaudium et spes, 16). Zweifellos muss die Kirche das Gewissen der Menschen bilden, aber sie kann sich nicht an die Stelle des Gewissens setzen (Amoris lætitia, 37).
Kardinal Walter Kasper bereitet derzeit eine Schrift vor, die im Januar unter dem Titel „Die Botschaft von Amoris lætita. Eine freundlicher Disput“ erscheinen wird.
(rv 07.12.2017 ord)