Abbiamo chiesto a un esperto di lunga esperienza diplomatica di rispondere alla seguente domanda: «Cosa farà il presidente russo Putin riguardo alle tensioni in Bielorussia?». Riportiamo di seguito la sua risposta. Per i lettori sintetizziamo qui le date recenti:
9 agosto: Le elezioni generali in Bieolorussia danno come risultato ufficiale la conferma dell’attuale presidenza (Aleksandr Lukashenko) con l’80% dei voti. Cresce rapidamente la denuncia dei brogli e la contestazione del risultato. La leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, fugge all’estero. Cominciano le manifestazioni di protesta.
10 agosto: Sia il metropolita di Minsk, Pavel (gli ortodossi sono circa la metà dei 9,5 milioni di abitanti del paese), sia quello di Mosca, Cirillo, plaudono al risultato.
11 agosto: Il vescovo cattolico Tadeuz Kondrusiewicz è il primo ecclesiastico a invocare il dialogo sociale e a proporre una tavola rotonda. Il giorno successivo tutti i vescovi cattolici si compattano sulla sua posizione. Due giorni dopo una piccola manifestazione, guidata da preti e seminaristi cattolici, coinvolge pope e fedeli ortodossi in una preghiera per la pace.
12 agosto: Il metropolita ortodosso e il suo sinodo limano molto il consenso al dittatore senza esporsi in un sostegno esplicito ai dimostranti.
15 agosto: Il sinodo della Chiesa ortodossa bielorussa pubblica una lettera dove vengono denunciate «violenza, tortura, umiliazione, detenzioni ingiustificate, estremismo in tutte le sue forme, menzogne e tradimento» ricondotte in particolare alla polizia e ai centri di custodia cautelare. I vescovi non nominano il presidente Lukashenko, affermano di rimanere «fuori dalla politica» e di essere «dalla parte del popolo».
16 agosto: Una dimostrazione valutata fra le 100 e le 200 mila persone invade la capitale per chiedere l’annullamento delle elezioni e la fine del potere di Lukashenko. Si moltiplicano gli scioperi nelle fabbriche, nei media e nell’amministrazione pubblica. Lo stesso giorno papa Francesco chiede il dialogo e la rinuncia alla violenza in Bielorussia. La lettura delle sue parole in una celebrazione in una chiesa diocesana del paese è accompagnata da lunghi applausi. A sostegno della Chiesa cattolica locale si pronuncia l’arcivescovo maggiore degli ucraini, mons. Sviatoslav Shevchuk.
17 agosto: Lukashenko in un incontro con le maestranze della maggiore industria locale viene contestato e promette una nuova Costituzione con il relativo referendum. Sembra non escludere anche nuove elezioni. Si diffondono le notizie delle comunicazioni telefoniche con Putin e dell’assicurazione di questo circa l’aiuto al dittatore. Vengono registrati movimenti di truppe di “uomini verdi” della Guardia nazionale (un corpo di 200.000 uomini direttamente dipendenti dal Cremlino) verso il confine fra Russia e Bielorussia.
18 agosto: mons. Kondrusiewicz presiede una celebrazione per la pace e a sostegno dei dimostranti.
Penso che Putin si guarderà bene dall’intervenire militarmente in Bielorussia, tanto più dal momento che Lukashenko ha dichiarato di essere disposto a condividere il potere purché non sotto pressione di scioperi, manifestazioni ecc.
Inoltre, la candidata all’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, sembra non avere apertamente dichiarato di essere pronta a guidare il paese con quello che ne consegue. Se costei vuole raggiungere un esercizio reale del potere, non può fare a meno di Putin. Verosimilmente i due si sono già parlati direttamente o attraverso emissari. Un passaggio non violento dei poteri richiede ovviamente il permesso a Lukashenko di salvare la faccia. Un governo di coalizione da cui ritirarsi in seguito «con dignità» potrebbe essere una buona via d’uscita, magari con l’impegno all’immunità penale, come fece Putin con Eltsin. Si vedrà.
Del resto, i manifestanti non manifestano contro Mosca e non vogliono uscire dall’orbita russa (contrariamente da quello che è successo in Ucraina). Sanno che l’economia bielorussa in larghissima parte dipende da Mosca: petrolio, beni manifatturieri, ricerche ecc. Penso siano già in atto dialoghi diretti o indiretti fra governo, opposizione e Mosca.
Stupisce l’imbarazzo e l’ondeggiamento della Chiesa ortodossa locale. Ma ha margini di ambiguità anche la posizione della Chiesa cattolica perché mons. Kondrusiewicz si trascina il sospetto di essere stato per anni un informatore del KGB. Vedremo nei prossimi giorni cosa succede.