Un concorso di cause, non senza implicazioni di tipo politico e di interessi economici, sta mettendo seriamente a repentaglio le popolazioni indigene in Brasile. Con l’estrema possibilità di una loro estinzione, non solo a mano del virus, ma anche di un’orchestrazione surrettizia che mira a essa.
Una prima presa di posizione è da registrare per mano del Consiglio missionario per le popolazioni indigene (CIMI) della Conferenza episcopale brasiliana: «Il sistema sanitario brasiliano è, in linea generale, estremamente precario (…). La situazione è ben peggiore per la popolazione indigena, dato il fatto che vivono in regioni in cui mancano le infrastrutture più basilari (…). Fino a quando essi rimangono nei loro territori possono essere, in un qualche modo, sicuri. Ma queste regioni devono essere chiuse all’accesso di tutte le persone non indigene» (A.E. Oliveira, segretario esecutivo del CIMI).
Cattolici ed evangelicali
I missionari e le missionarie cattoliche hanno già assunto questa misura, con conseguenze diverse per le comunità cristiane indigene a seconda della loro attuale organizzazione interna. In alcune regioni questo non rappresenta un problema per la vita cristiana quotidiana, perché le comunità locali possono far conto sui propri catechisti, leader locali, e talvolta anche su un clero indigeno. Per altre la situazione è sicuramente più precaria e incerta.
D’altro lato, un blocco totale delle comunicazioni col resto del Brasile, incluso l’ingresso di beni di prima necessità, metterebbe a forte rischio la possibilità di approvvigionamento esponendo le popolazioni indigene a una lenta estinzione in mancanza di essi.
Bisogna poi tenere conto dell’atteggiamento assunto dai gruppi evangelicali presenti nel paese, che va esattamente nella direzione opposta: ossia quella di continuare le penetrazioni nei territori indigeni e il contatto con le popolazioni che vi risiedono. Il motto è che tutti i servizi ecclesiali di qualsiasi tipo devono andare avanti come sempre, minimizzando in maniera estrema le conseguenze della pandemia.
Emergenza come volano dello sfruttamento
Inoltre, le attività «clandestine» da parte delle industrie del legno, quelle minerarie e agricole continua approfittando della situazione di emergenza sanitaria. Il governo mantiene una posizione ambigua: da un lato ha infatti decretato la chiusura totale dei territori indigeni (con le possibili ricadute per l’approvvigionamento dei beni di prima necessità di cui si diceva sopra); dall’altro ha mantenuto in essere l’accesso a queste regioni «per attività che siano essenziali alla sopravvivenza» delle popolazioni indigene che vi vivono. Clausola interpretata con ampi margini di liberalità da parte del Dipartimento governativo per le popolazioni indigene, presidiato nei suoi ruoli chiave da «evangelicali fondamentalisti» (A.E. Oliveira).
Da non dimenticare la situazione pregressa in merito a molte dispute sui territori indigeni in atto tra le popolazioni locali, da un lato, e il governo o gruppi di agricoltori, dall’altro. Vi è la preoccupazione che «persone che abbiano interessi (economici e di sfruttamento) sui territori indigeni possano avvantaggiarsi grazie al caos provocato dalla pandemia» (A.E. Oliveira).
La forza della regione amazzonica
Interessante notare, in questo passaggio, come la regione amazzonica del Brasile sia attualmente quella più in grado di far fronte alla situazione e di portare avanti la battaglia per il riconoscimento dei loro diritti.
Come sottolinea mons. Adriano Ciocca Vasino, vescovo di São Felix do Araguaia, «la protezione contro indebite e potenzialmente pericolose intromissioni nei territori in questo momento può essere messa in atto dai leader indigeni locali (…). L’organizzazione dei gruppi indigeni è capace di mettere in atto misure che impediscano l’ingresso di persone esterne ai territori». Ed è proprio nelle regioni amazzoniche del paese che il vissuto comunitario cristiano può andare avanti, in situazione di emergenza, come al solito disponendo al proprio interno di tutte quelle figure pastorali che consentono la vita quotidiana della fede.