Io sono l’Angelo della realtà,
intravisto un istante sulla soglia.
Non ho ala di cenere, né di oro stinto,
né tepore di aureola mi riscalda.
Non mi seguono stelle in corteo,
in me racchiudo l’essere e il conoscere.
Sono uno come voi, e ciò che sono e so
per me come per voi è la stessa cosa.
Eppure, io sono L’Angelo necessario della terra,
poiché chi vede me vede di nuovo.
Forse basterebbero questi versi tratti da Angel surrounded by paysans, del poeta statunitense W. Stevens, per descrive quella che a detta di molti è una serie TV «tanto misteriosa quanto impossibile da raccontare e recensire». Stiamo parlando di The OA, serie statunitense creata da Brit Marling e Zal Batmanglij per la piattaforma Netflix. La prima stagione, composta da otto episodi, ha debuttato il 16 dicembre 2016.
Inatteso successo
The OA era un progetto inaspettato: mai pubblicizza da Netflix prima del suo debutto, la serie ha destato fin da subito un grande interesse da parte di critica e pubblico. D’altra parte gli autori coinvolti sono conosciuti per i loro film complessi e mai banali, spesso provocatori e inclini alle sperimentazioni. Zal Batmanglij, qui sceneggiatore e regista di tutti gli episodi, e Brit Marling, sceneggiatrice e interprete nelle vesti della protagonista, sono gli artefici di alcune perle del cinema indipendente americano quali Sound of My Voice, Another Earth, The East e I Origins.
The OA racconta le vicende di Prairie Johnson, giovane ragazza non vedente che torna a casa, a Crestwood nel Midwest, dopo sette anni dalla sua scomparsa, avendo inspiegabilmente recuperato l’uso della vista. Nel corso del primo episodio Prairie farà la conoscenza di Steve, un ragazzo difficile e violento, che aiuterà con un problema scolastico chiedendogli in cambio un favore: Steve dovrà convincere cinque persone a radunarsi nella soffitta di una casa abbandonata per ascoltare la storia della ragazza. Attorno a Prairie si raccoglierà così un gruppo di soggetti inaspettati: un giovane transessuale, un liceale apparentemente modello, un nerd con problemi di droga, una professoressa che ha perso il senso della propria vocazione e lo stesso Steve.
Dopo un’ora dal suo inizio il primo episodio cambia pelle e ci ritroviamo catapultati in una vicenda intricata ed avvincente: Prairie è in realtà Nina, una ragazza russa rimasta orfana, morta in un incidente d’auto all’età di nove anni, che ha deciso di scambiare la vista con la possibilità di tornare in vita con una sorta di angelo guardiano di nome Khatun. Adottata in seguito da una famiglia americana, e scappata da casa a 21 anni, Prairie incontrerà Hap, un uomo gentile e affascinante che è in realtà uno scienziato ossessionato dal mistero della morte e conduce esperimenti su giovani ragazzi – tenuti reclusi nel suo laboratorio sotterraneo – che come Prairie hanno avuto esperienze pre-morte. Note come NDE (sigla dell’espressione inglese Near Death Experience), queste sono considerate come contatti anticipati con l’aldilà, descritti da soggetti risvegliatisi dal coma.
Un racconto di racconti
The OA si muove in una commistione sapientemente dosata di thriller, fantascienza e teen-drama. Ma quando crediamo di aver compreso la direzione del racconto tutto si stravolge nuovamente, lasciando lo spettatore e gli stessi protagonisti in balia di un processo narrativo labirintico, pieno di svolte e vicoli cechi. The OA, infatti, è un racconto di racconti, una storia di storie, come scopriamo a posteriori in un indizio lasciatoci dagli autori nel sesto episodio.
Il Dottor Hap dirà infatti che la morte è come un giardino di sentieri che si biforcano dando accesso a diverse e più vaste realtà. Il discorso di Hap menziona esplicitamente un racconto del 1941 di J.L. Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano appunto. In quest’opera l’autore argentino cerca di descrivere tutti i possibili risultati di un evento, ognuno dei quali conduce ad un’ulteriore moltiplicazione di conseguenze, in una continua ramificazione dei possibili futuri.
Mascherato sotto molti generi, The OA intende celebrare il potere vivificante e salvifico dei racconti, riproponendo lo stesso meccanismo narrativo de Le mille e una notte e del Decameron. I cinque uditori del racconto di Prairie sono richiamati alla vita dal racconto che la ragazza fa delle sue vicende, al di là della sua credibilità. Notte dopo notte l’effetto del racconto di Prairie risana le ferite interiori dei suoi uditori e li spinge a cambiare vita. Prairie incarna in definitiva la figura dell’angelo (OA sta appunto per Original Angel): un messaggero, una creatura a metà tra due mondi che fa dell’annuncio, della sua voce, la sostanza del proprio essere (sulla questione del ritorno della devozione alla figura dell’angelo, cf. qui Lorenzo Prezzi su Settimana News).