Dopo aver permesso ai preti della Fraternità san Pio X (lefebvriani) la confessione e l’estrema unzione, ora il papa, attraverso la Commissione Ecclesia Dei dà il permesso di celebrare lecitamente, oltre che validamente, i matrimoni di quanti appartengono al movimento conservatore. Tenuto conto che il battesimo è sempre riconosciuto come anche la celebrazione eucaristica, tutti i sacramenti (la cresima e l’ordinazione sono riservati ai vescovi che ne danno informazione agli ordinari locali) sono a disposizione dei fedeli tradizionalisti.
Si potrebbe dire che, nonostante lo scoglio del non ancora avvenuto riconoscimento giuridico, i lefebvriani sono già tornati nella Chiesa cattolica. Il pericolo scismatico (la scomunica riguardava solo i 4 vescovi, poi rimessa da Benedetto XVI nel gennaio 2009) è già sostanzialmente risolto. Il riconoscimento giuridico di prelatura non dovrebbe tardare se il superiore generale della Fraternità, mons. B. Fellay, riuscirà ad evitare un’ulteriore spaccatura nel momento del consenso e se non ripeterà il gesto di rifiuto che già mons. Lefebvre aveva compiuto il giorno successivo della firma dell’accordo con Roma nel 1988.
Si chiuderebbe così una frattura che ha segnato la Chiesa post-conciliare. E questo avverrebbe in perfetta continuità con i papati precedenti, ma in presenza di una accelerazione riformatrice di Francesco assai lontana dal sentire conservatore.
Le forme e i celebranti
La lettera della Commissione Ecclesia Dei porta la data del 27 marzo ed è stata resa pubblica il 4 aprile 2017. Pur confermando la «persistenza per ora della situazione canonica di illegittimità», si invitano i vescovi a concedere l’autorizzazione per la celebrazione dei matrimoni. Sarà possibile in due forme. Nel vecchio rito (rimesso in funzione nel 2007), il matrimonio è celebrato prima della messa. Vi è la possibilità che un prete non lefebvriano lo presieda lasciando poi la celebrazione eucaristica ai sacerdoti della Fraternità. In secondo luogo, in mancanza di un prete disponibile, «l’ordinario può concedere di attribuire direttamente le facoltà necessarie al sacerdote della Fraternità che celebrerà anche la santa messa».
La lettera ricorda i «diversi generi di incontri e iniziative (per) riportare nella piena comunione la Fraternità sacerdotale san Pio X», al fine di rimuovere i disagi dei fedeli, l’incertezza circa la validità del sacramento e nella speranza di «affrettare il cammino verso la piena regolarizzazione istituzionale». «La Fraternità san Pio X ringrazia profondamente il santo padre per la sua sollecitudine pastorale, così com’è espressa attraverso la lettera della Commissione Ecclesia Dei, al fine di togliere l’“incertezza circa la validità del sacramento del matrimonio”. Il papa Francesco vuole chiaramente che, come per le confessioni, tutti i fedeli che desiderano sposarsi in presenza di un sacerdote della Fraternità san Pio X possano farlo senza alcuna inquietudine».
Cattolici in cammino
Con scarso equilibrio e intelligenza pastorale la Fraternità aveva rifiutato la proposta di Benedetto XVI nel 2012 che garantiva loro la prelatura personale se avessero firmato una «preambolo dottrinale» non diverso nella sostanza, anche se non nei toni e nella gerarchizzazione dei temi, da quello che oggi viene loro offerto. Un rifiuto confermato nel 2013 dopo l’ennesima apertura della lettera di mons. A. Di Noia.
I contatti con la Commissione erano comunque continuati e il 1° aprile 2016 c’è stato un dialogo diretto tra Fellay e papa Francesco. In un’intervista a La Croix (9 maggio 2016) il papa aveva detto: «A Buenos Aires ho sempre parlato con loro. Mi salutavano, mi chiedevano una benedizione in ginocchio. Si dicono cattolici. Amano la Chiesa. Mons. Fellay è un uomo con cui si può dialogare. Non è così per altri elementi un po’ strani, come mons. Williamson – espulso dalla Fraternità nel 2012, ndr. – o altri che si sono radicalizzati. Penso, come avevo detto in Argentina, che siano cattolici in cammino verso la piena comunione. In questo anno della misericordia mi è parso di dover autorizzare i loro confessori a perdonare il peccato di aborto. Mi hanno ringraziato per questo gesto. Prima, Benedetto XVI, che rispettano molto, aveva liberalizzato la messa secondo il rito tridentino. Si dialoga bene, si sta facendo un buon lavoro».
Il “preambolo dottrinale”
Nel giugno del 2016 un comunicato dei superiori maggiori della Fraternità sembrava chiudere: «La Fraternità san Pio X, nell’attuale stato di grave necessità che le conferisce il diritto e il dovere di distribuire gli aiuti spirituali alle anime che ad essa ricorrono, non è alla ricerca di un riconoscimento al quale essa ha diritto in quanto opera cattolica. Essa ha un solo desiderio: portare fedelmente il lume della tradizione bimillenaria che indica la solo strada da seguire in quest’epoca di tenebre in cui il culto dell’uomo si sostituisce al culto di Dio, nella società come nella Chiesa».
Pochi mesi dopo, nel gennaio 2017, mons. Fellay riconosce i progressi del dialogo con Roma e che non sarà necessario attendere che la situazione all’interno della Chiesa sia diventata «totalmente soddisfacente».
Nel frattempo, si riscrive il «preambolo dottrinale» che contiene la «professio fidei», l’accettazione del primato del papa e della collegialità episcopale, la definizione del rapporto tra tradizione e magistero, il riconoscimento della validità dei sacramenti celebrati con il rito successivo alla riforma conciliare, l’accettazione del Vaticano II nella luce della tradizione ecclesiale. L’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa non vengono espressamente richiamati, nella convinzione che i processi comunionali faranno maturare quello che i conflitti dottrinali non hanno saputo ottenere.
Grazie al concilio
In marzo 2017 Fellay conferma la proposta della prelatura, il fatto che il vescovo sarà scelto in una terna presentata dalla Fraternità, con la possibilità di iscrizione ad essa di religiosi di diverse congregazioni, nonostante la resistenza in merito della Congregazione per i religiosi. Risolve l’obiezione di un consenso al progressista Francesco rifiutato al conservatore Benedetto così: «Un papa che non si preoccupa della dottrina, che guarda alle persone e che ci conosce dall’Argentina. Laggiù ha apprezzato il nostro lavoro. Per questo manifesta buone disposizioni nei nostri confronti anche se è contro il conservatorismo. È una sorta di contraddizione. Ma ho potuto constatare più volte che è davvero capace di fare cose per noi… Camminiamo verso un riconoscimento? Non lo so, credo di no, ma il papa può sorprenderci».
A parte i toni e le posizioni prevedibili la Fraternità sembra non percepire che l’eventuale riconoscimento non è a scapito del concilio, ma grazie ad esso e che l’apertura dialogica verso tutti consente e giustifica una coraggiosa apertura anche verso di loro. Il loro assenso nel 2012 avrebbe legittimato e solidificato una lettura restrittiva del Vaticano II, condizionando anche il conclave del 2013. Ora succede il contrario. Il loro rientro darà certo più forza ai conservatori, ma entro un processo di riforma. Bentornati!