Il “grido” dei popoli e dei fedeli risuoni nella Chiesa. Per questo i cattolici devono decidere con coscienza, la Chiesa deve ritirarsi dall’interferire sulle scelte politiche. E sempre per questo la condanna deve essere netta quando si ha a che fare con comportamenti delittuosi come la copertura dei sacerdoti responsabili di pedofilia. Quanto a trasformare le dichiarazioni di principio in atti concreti e scelte di governo, certo è assai più complesso. Tuttavia papa Francesco nel viaggio in Messico ha dispiegato sempre di più il volto di un pontificato energico e proiettato sullo scenario mondiale.
Nella difficile realtà messicana – segnata da una guerra non dichiarata tra lo stato (la parte sana) e le bande di narcotrafficanti e di criminalità, segnata da una polarizzazione ecclesiale – il papa ha fatto capire che dei governanti gli interessa poco. Certo ha incontrato il presidente della Repubblica – molto contestato per la scarsa capacità di governare un paese dilaniato – e ha rivolto parole chiare. «Il popolo messicano ha rafforzato la sua esperienza con un’identità che è stata forgiata in momenti ardui e difficili della sua storia da grandi testimonianze di cittadini che hanno compreso che, per poter superare le situazioni nate dalla chiusura dell’individualismo, era necessario l’accordo delle istituzioni politiche, sociali e del mercato e di tutti gli uomini e le donne impegnati nella ricerca del bene comune e nella promozione della dignità della persona. Una cultura ancestrale e un capitale umano aperto alla speranza, come il vostro, deve essere una fonte di stimolo per trovare nuove forme di dialogo, di trattativa, di ponti in grado di guidarci lungo il percorso di un impegno di solidarietà. Un impegno nel quale tutti, incominciando da quelli che si definiscono cristiani, ci dedichiamo alla costruzione di “una politica autenticamente umana” (Gaudium et spes, 73) e di una società nella quale nessuno si senta vittima della cultura dello scarto».
Molto più che le “autorità”, il papa ha a cuore i vescovi, i fedeli, le categorie escluse: indios e carcerati ad esempio, destinatari di incontri particolari. Ai vescovi ha ricordato esplicitamente l’impegno che hanno. «E precisamente in questo mondo, Dio vi chiede di avere uno sguardo che sappia intercettare la domanda che grida nel cuore della vostra gente, l’unica che possiede nel proprio calendario una “festa del grido”. A quel grido bisogna rispondere che Dio esiste ed è vicino mediante Gesù. Che solo Dio è la realtà sulla quale si può costruire, perché “Dio è la realtà fondante, non un Dio solo pensato o ipotetico, ma il Dio dal volto umano” (Benedetto XVI, Discorso inaugurale della V Conferenza generale del CELAM, 13 magio 2007). Nei vostri sguardi, il popolo messicano ha il diritto di trovare le tracce di quelli che “hanno visto il Signore” (cfr Gv 20,25), di quelli che sono stati con Dio. Questo è l’essenziale. Non perdete, dunque, tempo ed energie nelle cose secondarie, nelle chiacchiere e negli intrighi, nei vani progetti di carriera, nei vuoti piani di egemonia, negli sterili club di interessi o di consorterie. Non lasciatevi fermare dalle mormorazioni e dalle maldicenze. Introducete i vostri sacerdoti nella comprensione del ministero sacro. (…) Se il nostro sguardo non testimonia di aver visto Gesù, allora le parole che ricordiamo di Lui risultano soltanto delle figure retoriche vuote. Forse esprimono la nostalgia di quelli che non possono dimenticare il Signore, ma comunque sono solo il balbettare di orfani accanto al sepolcro. Parole alla fine incapaci di impedire che il mondo resti abbandonato e ridotto alla propria potenza disperata».
Nella conferenza stampa sull’aereo nel viaggio di ritorno, Papa Francesco ha sintetizzato il senso generale della visita. «È un popolo di una ricchezza, di una ricchezza tanto grande, è un popolo che sorprende… Ha una cultura, una cultura millenaria… Voi sapete che oggi, in Messico si parlano 65 lingue, contando gli indigeni? 65! È un popolo di una grande fede, anche ha sofferto persecuzioni religiose. E un popolo non lo si può spiegare semplicemente perché la parola “popolo” non è una categoria logica, è una categoria mistica. E il popolo messicano non lo si può spiegare, questa ricchezza, questa storia, questa gioia, questa capacità di festa, e queste tragedie. (…) Lì, a Ciudad Juárez, c’era un patto di 12 ore di pace per la mia visita: dopo continueranno a lottare tra loro, i trafficanti… Un popolo che ha ancora questa vitalità, si spiega solamente per Guadalupe. E io vi invito a studiare seriamente il fatto Guadalupe. La Madonna è lì. Non trovo un’altra spiegazione».
Spero proprio che si possa sempre avere la ricchezza delle riflessioni che venivano presentate nelle edizione cartacea e magari ancora più chiare e utilizzabili grazie alla agilità “informatica”. Grazie davvero don Tino.