In data 13 maggio 2023 è stato promulgato, con decreto arcivescovile, il Regolamento del Servizio diocesano per i fedeli separati dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Il testo pubblicato si presenta agile e molto chiaro, pensato per organizzare e comprendere una delle novità volute da papa Francesco nel m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus pubblicato nel 2015. Ossia: l’indagine pregiudiziale o pastorale, da intendersi come un servizio ecclesiale dalla duplice natura giuridico-pastorale messo a disposizione delle diverse fragilità matrimoniali, in modo particolare di quei fedeli che vivono una crisi matrimoniale o desiderano fare chiarezza sulla validità o meno del loro matrimonio.
Il “Regolamento” del Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, preparato dall’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, è un unicum nel panorama nazionale italiano ed è il frutto di un servizio che ormai da sette anni manifesta la sollecitudine pastorale dell’arcivescovo e dell’intera comunità cristiana, alla luce del più recente magistero pontificio volto a favorire un clima di accoglienza nei confronti di ogni fedele, qualsiasi sia la sua condizione personale e, specificatamente, matrimoniale.
Si tratta di un testo agile e allo stesso tempo strutturato, volto ad organizzare e a valorizzare un’istituzione ecclesiale che si è andata coagulando attorno all’intuizione di papa Francesco affinché l’impegno della Chiesa nei confronti del tema sponsale si traduca sempre di più in un’integrata “pastorale del vincolo” (cf. Amoris Laetitia, n. 211).
Esso è composto, sostanzialmente, di tre parti: infatti, fanno da cornice ai 12 articoli, che rappresentano il fulcro del documento, una Premessa, a firma dell’arcivescovo, e un’Appendice, costituita da un Glossario, dalla descrizione, con commento, del Logo del Servizio diocesano e da una pagina con informazioni utili.
Un “Servizio” a servizio della Chiesa
Posta sotto la protezione di santa Caterina da Siena, donna sapiente e coraggiosa, la Premessa porta la firma del Pastore della Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie, Leonardo D’Ascenzo. In essa vengono spiegate le ragioni che hanno spinto a stilare il Regolamento, che sono di carattere teologico, pastorale, morale e giuridico.
Difatti, la custodia della famiglia quale “cellula primaria della società” è riconosciuta come una delle principali preoccupazioni della Chiesa, secondo un itinerario di approfondimento teologico che portò già papa Benedetto XVI ad auspicare che le diocesi realizzassero «adeguate iniziative di accoglienza e di vicinanza» (2012) nei confronti di tutte le persone segnate da esperienze dolorose di fallimento e di separazione.
Il Servizio diocesano nasce, dunque, dalla consapevolezza che un matrimonio non va soltanto preparato bene, ma va anche accompagnato e supportato nelle crisi, affinché si viva con verità la propria appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Una Chiesa che è insieme di relazioni personali e nella quale il parroco, in particolare, è chiamato a diventare, in un rapporto di fiducia, punto reale di confronto e di accompagnamento dei nubendi, prima, e degli sposi, poi.
La Chiesa di Trani-Barletta-Bisceglie ha scelto, pertanto, di costituire tra gli organismi pastorali della diocesi un “Servizio” che, già nella scelta del nome, dimostra di non voler essere identificato con un “Ufficio” o uno “Sportello”. Un “Servizio”, infatti, a differenza di altre forme di partecipazione alla sollecitudine episcopale, è un organismo che richiama l’indole diaconale del “mettersi a disposizione”, del “mettersi a servizio”, appunto, e dunque del non partire da una programmazione preventiva, quanto piuttosto dal mettersi in ascolto e in discernimento, affinché venga valutata la condizione concreta dei problemi che via via si possono presentare.
Le finalità di questa “struttura stabile” dichiarate dall’arcivescovo sono quelle di informare, di consigliare, ma anche di mediare, nei casi in cui vi sia una crisi matrimoniale o si sia in presenza di un matrimonio fallito. Tale servizio è inserito, però, nell’ambito del Tribunale ecclesiastico diocesano, dal momento che dev’essere chiarito a tutti i livelli – dai fedeli ai pastori – che è parte integrante e indispensabile del discernimento pastorale delle situazioni imperfette anche il discernimento giudiziale.
Il Regolamento
Passando alla considerazione dei 12 articoli di cui è composto il Regolamento, nel primo di essi, relativo all’istituzione e alla sede del “Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati”, si fa menzione della stretta connessione esistente tra questo, il Tribunale ecclesiastico diocesano, nel cui ambito si inserisce, e la Pastorale familiare diocesana, dal momento che il Servizio diocesano è costituito per accompagnare i fedeli che desiderano fare chiarezza circa la validità del proprio vincolo matrimoniale. Per la natura delle questioni da esso trattate, è stata prevista l’istituzione di un Archivio riservato, sotto la direzione del Responsabile del Servizio e al quale possono accedere soltanto le persone indicate dall’arcivescovo, quando vi sia una giustificazione.
L’art. 2, invece, cerca di chiarire la natura del Servizio, facendo riferimento all’Indagine pregiudiziale o pastorale preconizzata dalle Regole Procedurali contenute nel motu proprio Mitis Iudex (n. 2). Infatti, il Servizio diocesano è un organismo “ponte” della Chiesa, affinché ai fedeli che ad esso si rivolgono o vengono indirizzati siano date informazioni o consigli – anche di natura specialistica – circa la possibilità di chiedere una dichiarazione di nullità relativa al proprio matrimonio: questo in quanto espressione della cura pastorale dell’arcivescovo nei confronti dei coniugi separati o divorziati, soprattutto qualora abbiano abbandonato la pratica religiosa.
A tal proposito, sono 4 le finalità specifiche condensate nell’art. 3: anzitutto, offrire un orientamento di carattere pastorale e canonico; in secondo luogo, vagliare le situazioni in cui vi sia una separazione civile dei coniugi, ma non ancora quella canonica, per orientare le persone verso una sanazione della situazione esistente; nei casi in cui ci si trovi di fronte ad inconsumazione del matrimonio o problematiche rientranti nell’ambito del favorem fidei, accompagnare i fedeli nella domanda di scioglimento del vincolo; infine, guidare le coppie in crisi nel ripercorrere la propria vicenda matrimoniale, affinché avvenga una riconciliazione o, se questa fosse impossibile, vengano raccolti tutti gli elementi utili per introdurre un processo giudiziale canonico volto a dichiarare la nullità del patto nuziale. Per la verità, nel §2 dell’art. 3 si prende in considerazione anche la possibilità che, qualora non si ravvisassero le condizioni per introdurre una causa di nullità, il Servizio indirizzi le persone verso un percorso di discernimento pastorale finalizzato a integrare la propria vita con quella della Chiesa, nello spazio aperto tra l’esigenza della verità e la vocazione ecclesiale alla misericordia.
Ruoli e compiti all’interno del Servizio diocesano
Gli artt. 4-7 sono di tipo “tecnico” e servono a specificare la composizione del Servizio diocesano, oltre che i compiti dei vari soggetti coinvolti. Viene sottolineata l’esigenza che i membri di questo organismo pastorale, scelti dall’Ordinario, abbiano anzitutto competenze di natura giuridica o teologica, soprattutto in ambito familiare, non mancando di annoverare tra di essi anche persone con specializzazioni in ambito morale o psicologico: questo per la delicata natura del Servizio.
Si chiede, inoltre, che i Consulenti si incontrino con cadenza trimestrale e mantengano il segreto sulle questioni da essi trattate. Essi hanno 5 compiti, in vari ambiti (art. 7): favorire a livello diocesano la collaborazione tra il Tribunale ecclesiastico e la Pastorale familiare; organizzare giornate di studio, formazione e approfondimento indirizzate al clero e agli operatori pastorali; preparare indicazioni, sussidi e vademecum; svolgere un servizio di consulenza gratuita per tutti coloro che per varie ragioni possono essere interessati al lavoro del Servizio (sacerdoti, uffici pastorali, fedeli); e, infine, favorire una “pastorale dell’integrazione”.
Nell’ambito delle azioni del Servizio diocesano, invece, sono 7 i compiti in capo al Responsabile, tutti di natura “amministrativa” (art. 6): operare secondo quanto stabilito dall’arcivescovo; scegliere un Segretario tra i membri del Servizio; convocare e presiedere le riunioni; coordinare le attività di consulenza; partecipare alla Pastorale familiare diocesana in rappresentanza del Servizio; redigere una relazione annuale sullo status quaestionis; curare i rapporti tra i Tribunali ecclesiastici diocesano e interdiocesano. Infine, 4 le sollecitudini del Pastore, tutte di vigilanza (art. 5): individuare persone idonee che costituiscano il Servizio; garantire che esso sia caratterizzato dal carattere della vicinanza pastorale ai fedeli cui si rivolge; favorire una formazione anche accademica permanente dei membri; vigilare sulla qualità dell’offerta ecclesiale, pastorale e giuridica del Servizio.
Un percorso a livelli concentrici
La parte più interessante è, però, quella contenuta negli artt. 8-10, poiché riguardano la fattiva e concreta azione di consulenza, segno preminente della cura pastorale della Chiesa nei confronti dei fedeli che hanno vissuto un fallimento matrimoniale. Attraverso le indicazioni quivi contenute si ha l’impressione che davvero la comunità cristiana nella sua complessità sia chiamata ad un rinnovamento della propria azione nei confronti dei separati e dei divorziati.
Il punto di partenza è la presa di coscienza che non ci si può improvvisare, ma è necessario acquisire delle competenze adeguate che stimolino una “pastorale del vincolo”. Ecco, allora, che l’intera comunità diocesana deve farsi “grembo generativo” di un nuovo stile. A tal proposito, il Servizio diocesano è chiamato, a norma dell’art. 9, a far sì che in ogni ambito della diocesi si acquisiscano le competenze necessarie affinché vi sia una reale conversione pastorale delle strutture e le persone siano capaci di “accompagnare, discernere e integrare” i fedeli che abbiano sperimentato un fallimento matrimoniale, fino al punto da orientarli e consigliarli verso il processo canonico.
Di più, fra gli intenti dichiarati vi è quello di alimentare una pastorale prematrimoniale capace di prevenire le nullità. Per quanto riguarda, invece, la consulenza personalizzata, gli artt. 8 e 10 ci offrono indicazioni sia sull’azione dei Consulenti che sui tre “ambiti o livelli” di discernimento vero e proprio. Si tratta di un percorso immaginato a cerchi concentrici che, partendo da un approccio prettamente pastorale, arrivi ad offrire consigli tecnico-giuridici.
Infatti, il primo e principale luogo in cui poter far maturare un’azione efficace è e rimane l’alveo parrocchiale, il quale ha una prospettiva pastorale e spirituale. Sono i sacerdoti o i loro più stretti collaboratori, ad esso indicati, che sono chiamati ad ascoltare e a raccogliere le prime confidenze con empatia, saggezza e prudenza. Questo primo momento è destinato a favorire una comprensione della reale situazione e, pertanto, all’individuazione del percorso più utile da offrire ai fedeli.
Un secondo “cerchio”, più ristretto, è quello giuridico-pastorale, nel quale viene chiamato in causa il Servizio diocesano. A livello tecnico, la consulenza viene offerta in modo gratuito previo appuntamento con uno dei membri del Servizio indicato dal Responsabile.
Esso può concludersi in due modi: con l’indicazione circa l’iter processuale canonico e la consegna della lista dell’Albo degli Avvocati del Tribunale interdiocesano, oppure – nel caso in cui non si ravvisino elementi utili per una richiesta di nullità, con l’indirizzare verso un percorso di discernimento pastorale presso una struttura diocesana o un sacerdote, a seconda delle indicazioni preventivamente offerte dall’Ordinario.
A livello pratico, il Consulente dovrà vagliare la possibilità – nel caso in cui sia almeno ipotizzabile – di una riconciliazione, l’esistenza di una ragione per lo scioglimento del vincolo e la sussistenza delle ragioni per una dichiarazione di nullità. Il suo ascolto sarà più specifico, rigoroso e professionale. Viene chiesto che si faccia di tutto per mettere a proprio agio le persone affinché siano aiutate a comprendere che cosa significhi la nullità o meno di un matrimonio e la necessaria onestà nel racconto della propria vicenda matrimoniale.
Il terzo “cerchio”, infine, è quello prettamente giuridico: operatori in questo ambito sono gli Avvocati che dovranno aiutare le persone a redigere il Libello introduttorio per la causa di nullità e a raccogliere le prove a supporto della petizione attorea, oltre che all’individuazione della forma processuale più consona al caso. Questo è un livello molto importante, perché è l’ultimo ambito nel quale vagliare la situazione matrimoniale e personale dei fedeli prima di accompagnarli fino alla soglia del Tribunale ecclesiastico.
Il senso di una scelta innovativa
Gli ultimi due articoli richiamano, da una parte, l’importanza della formazione, affinché le consulenze offerte siano di qualità ed efficaci (art. 11) e, dall’altra, il senso dell’interpretazione autentica delle norme e la loro modifica che sono appannaggio del Vescovo diocesano (art. 12).
Il Regolamento termina con un Glossario contenente alcuni “termini tecnici” utili a comprendere le norme in esso contenute con più facilità, anche da chi non è addetto ai lavori, una pagina contenente informazioni utili per accedere alla consulenza e una presentazione a cura di don Emanuele Tupputi del logo del Servizio diocesano, con il quale, a partire dal n. 219 di Amoris laetitia, si è voluta mettere in evidenza la coppia sponsale impegnata in una «danza proiettata in avanti… che non deve fermarsi».
La proposta in tre tempi della diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie è ben ideata e dalla sua strutturazione si comprende come essa sia un tentativo di descrizione di un’esperienza già vissuta, come dovrebbe essere per ogni norma, più che l’invenzione di qualcosa ex novo. Ogni “cerchio” ha una propria specificità, ma è contemporaneamente orientato ad un unico scopo: l’accoglienza dei fedeli separati, affinché si sentano accompagnati e integrati nella Chiesa.
Uno scopo di non secondaria importanza per una comunità che sta riscoprendo la propria vocazione ad essere più simile alla bottega di un artigiano che lavora pezzi unici, più che all’idea della fabbrica che produce “cristiani” in serie. E così, lo schema tripartito assume maglie larghe per essere adattato ad ogni situazione concreta. Del resto, la stessa previsione di più soggetti coinvolti in un lavoro sinergico (Servizio, Tribunale, Pastorale familiare, Parroci, Avvocati ecc.) fa comprendere che è l’Ecclesia nel suo insieme che deve sentirsi impegnata nel discernimento e nell’accompagnamento, il quale non finisce con l’eventuale dichiarazione di nullità, ma continua per tutta la vita, anche se ovviamente con l’ausilio di altri organismi.
Da qui, però, l’importanza della formazione a tutti i livelli, in particolare con la preparazione di sussidi e l’organizzazione di giornate sul tema, affinché siano chiari per tutti gli operatori pastorali diocesani non solo gli scopi, ma gli stessi livelli del percorso.
Da ultimo, il Regolamento ha anche il pregio di rimettere al centro dell’attenzione ecclesiale la necessità del processo volto alla dichiarazione della nullità in tutti quei casi in cui vi sia stato un fallimento matrimoniale, quale momento di discernimento che non è alternativo o parallelo ad un discorso pastorale, secondo il magistero di papa Francesco proposto anche nell’Amoris laetitia.
L’auspicio è che questo documento possa essere accolto in ambito ecclesiale così da aprire nuovi spazi e orizzonti anche nelle altre diocesi italiane.
- Don Marco Scandelli è vicario giudiziale aggiunto del T.E.I.F. di Bologna.