Il 2020 si chiude con un bilancio decisamente negativo: la pandemia ha colpito tutto il mondo, determinando una profonda crisi economico-sociale che ha investito tutti. Purtroppo le fasce più deboli della popolazione sono state colpite maggiormente e le disuguaglianze sono cresciute drammaticamente; lo stesso discorso si può trasferire anche nei rapporti tra i diversi Paesi del mondo. Un anno da buttare, dove non si vede nulla di buono, se non il vaccino che è arrivato negli ultimi giorni dell’anno…
Tuttavia, il 2020 è l’anno della svolta, per la consapevolezza che i problemi globali vanno risolti insieme da tutta la Comunità umana. Le azioni di contrasto alla pandemia si sono saldate con la cura dell’ambiente, perché i principali problemi del nostro tempo arrivano proprio dal rapporto sbagliato tra uomo e natura.
L’Europa lo ha capito, attivando un debito comune, il Recovery Fund (o Next Generation EU), per trasformare radicalmente il sistema economico e renderlo sostenibile.
La stessa Cina sta seguendo l’esempio, con le modalità proprie del suo sistema.
Il nuovo presidente americano Biden, tra i suoi primi atti, farà rientrare gli USA nell’Accordo di Parigi, insieme ad un grande piano di investimenti green (su questo vedi Stati Uniti e clima: il green plan di Biden). Il prossimo novembre, la COP26 di Glasgow ha ottime prospettive per chiudere un accordo che sia in linea con gli obiettivi di Parigi.
Le fonti rinnovabili
Per chiarezza, consideriamo fonti rinnovabili quelle che producono energia (elettrica o termica) dal sole e dal vento, insieme all’idroelettrico, alla geotermia e all’uso di biomasse. In quest’ultimo caso, però, è fondamentale dividere le tecniche che producono energie con prodotti di scarto (rifiuti organici o scarti di lavorazione agroforestali), da quelle che si basano su colture dedicate (olio di palma o insilati di mais).
In quest’ultimo caso, il bilancio energetico è spesso negativo, perché la fotosintesi ha un’efficienza di conversione della radiazione solare dello 0,2%, contro il 20% circa degli ultimi pannelli fotovoltaici. Inoltre, si crea una competizione impropria per l’uso dei terreni tra fini alimentari ed energetici, provocando l’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
L’opinione pubblica, almeno quella europea, è pronta: oltre il 90% dei cittadini europei è consapevole che il clima è già cambiato ed è disposta ad accettare limitazioni (economiche e non solo) per l’ambiente. È un’ottima notizia, in particolare per i politici, perché i cittadini sono disposti ad accettare scelte drastiche a favore del clima. Di più, la transizione energetica è ricca di conseguenze positive: è necessario passare da un cambiamento imposto ad un cambiamento voluto, in quanto conveniente!
La comunicazione, quindi, è fondamentale, perché deve mettere in evidenza i vantaggi che derivano dell’uso delle fonti rinnovabili; quante persone sanno che oggi i modi più economici per produrre energia elettrica sono il sole e il vento? Il gas e, soprattutto, il carbone costano molto di più. La convenienza la dimostrano i grandi progetti per impianti eolici in mezzo al mare, che si stanno progettando e realizzando nel Mar del Nord e ora nel Mediterraneo; pensate che in Olanda tutta l’energia che serve per muovere i treni elettrici è al 100% eolica.
Quindi, le fonti rinnovabili sono ormai più competitive di quelle fossili, ma i vantaggi non finiscono qui, anzi! Per l’Europa – e soprattutto per l’Italia – le energie rinnovabili garantiscono una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento di energia e minori tensioni e conflitti geopolitici per i giacimenti e il transito di petrolio e gas (come avviene in Medio Oriente, Caucaso, Mediterraneo, Nord Mozambico), con, in più, la riduzione dei costi per l’importazione di energia.
L’energia da fonti rinnovabili comporta una migliore qualità dell’aria e la riduzione dell’inquinamento da polveri sottili; inoltre, la maggiore competitività nelle nuove tecnologie porta investimenti, ripresa economica e nuovi posti di lavoro che superano quelli persi nelle attività legate agli idrocarburi fossili.
Il governo italiano ha l’opportunità, come maggiore azionista di ENI ed ENEL, di svoltare in modo deciso verso le rinnovabili, indirizzando correttamente anche le risorse che arriveranno dall’Europa. In questi anni, purtroppo, ENI ha mantenuto centrale il ruolo di gas e petrolio, mentre altre grandi multinazionali energetiche stanno rapidamente puntando su eolico e solare come fonti primarie di energia.
Il fotovoltaico
Abbiamo visto quanti sono i vantaggi delle rinnovabili, ma molti cittadini le considerano ancora insufficienti per coprire i fabbisogni energetici del nostro Paese e, ancora più, di tutto il mondo. Fortunatamente, lo sviluppo tecnologico ha reso le energie rinnovabili mature ormai da anni, quindi pronte a sostituire integralmente i combustibili fossili. Come detto sopra, le rinnovabili sono un mix di tecnologie, ma di sicuro la fonte principale è il sole.
Allora proviamo a rispondere ad una semplice domanda: quanti pannelli servono per azzerare le emissioni di CO2 del mondo (e dell’Italia) e a quali costi?
È chiaro che è un calcolo indicativo per almeno tre motivi:
- il primo è che il sole non è l’unica fonte rinnovabile,
- il secondo è che il costo dei pannelli fotovoltaici sta diminuendo costantemente (il 20% dal 2012 al 2020) e l’efficienza ha ormai superato il 20%, riducendo lo spazio occupato dall’impianto,
- da ultimo, una quota significativa delle emissioni viene dall’estrazione, dal trasporto e dalla lavorazione di petrolio e gas, che quindi sparirebbero in automatico nel nuovo mondo decarbonizzato; per queste ragioni, il nostro calcolo darà un risultato decisamente più alto di quello reale.
Utilizzeremo le seguenti ipotesi: ogni Kw di potenza costa 1.000 €, occupa 5 mq, produce 1.300 Kwh/anno (nella pianura emiliana) ed evita l’emissione di poco meno di una tonnellata di CO2 (all’anno). Le emissioni mondiali, nel 2019, sono state di 43 miliardi di tonnellate di CO2 e l’Italia incide per l’1% del totale.
Svolgendo i calcoli, le emissioni mondiali si azzerano coprendo un’area di circa 250.000 kmq, poco meno della superficie dell’Italia (che è 301.338 kmq). Può sembrare molto, ma in realtà il nostro Paese è una piccola porzione di tutte le terre emerse; il Sahara, per esempio, è oltre 9 milioni di kmq!
Per azzerare le emissioni italiane, è sufficiente un centesimo dell’area indicata (2.500 kmq); sapendo che le aree urbanizzate sono già oltre 23.000 kmq (dati ISPRA 2017), basterebbe ricoprire una quota di case e capannoni e avremmo azzerato la CO2 che produciamo.
Andando oltre i freddi numeri, il piccolo esercizio svolto sopra dimostra che il fotovoltaico può tranquillamente risolvere tutti i nostri bisogni energetici. Certo, sono necessari investimenti sulla produzione e sulla distribuzione dell’energia, che risulta molto variabile nel tempo e deve prevedere sistemi di accumulo adeguati, quali, ad esempio, impianti di pompaggio o la produzione e stoccaggio di idrogeno.
C’è ancora un’ultima obiezione, quella dei costi, ovvero non abbiamo i soldi per fare tutti questi pannelli. Con i dati precedentemente indicati, si può stimare che il costo per azzerare tutte le emissioni sia intorno ai 50.000 miliardi di euro. Una cifra enorme, ma da dividere tra tutti i Paesi del mondo e da spalmare in un paio di decenni. Tenete presente che la spesa militare mondiale, nel solo 2019, è stata di circa 2.000 miliardi di dollari; quindi, anche dal punto di vista economico, le risorse ci sono, si tratta di indirizzarle nella direzione giusta.
Tornando all’Italia, sono necessari meno di 500 miliardi di euro, che vanno divisi tra capitali pubblici e privati. Teniamo presente che la quota attribuita al nostro Paese dal Recovery Fund, supera i 200 miliardi di euro e la fetta più consistente è proprio per la transizione energetica…
Ecco perché la scelta è tutta nelle nostre mani: sia a livello individuale, che a livello di comunità e di istituzioni, dobbiamo investire per trasformare il nostro sistema energetico: è necessario, ma soprattutto conviene a tutti!