COMUNICATO del Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, p. Amedeo Cencini fdcc, SULLA COMUNITÀ MONASTICA DI BOSE E LA SUA FRATERNITÀ DI CELLOLE
Verona, 08 febbraio 2021
Allo scopo di eseguire il Decreto singolare, del 13 maggio 2020, a firma dell’Em.mo Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e approvato in forma specifica dal Sommo Pontefice Francesco, con il quale, per i gravi motivi comunicati in via riservata ai singoli destinatari, si disponeva, tra l’altro, che:
- Fr. Enzo Bianchi si ritirasse dalla Comunità Monastica di Bose entro e non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica del medesimo Decreto (avvenuta il 21 maggio 2020) e si trasferisse per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità, in un Monastero o altro luogo;
- trascorsi ormai più di otto mesi dalla data in cui Fr. Enzo Bianchi avrebbe dovuto eseguire quanto disposto dal Decreto, che aveva accettato per iscritto;
- dopo non pochi tentativi volti a rendere più agevole a Fr. Enzo Bianchi l’obbedienza al Decreto, operati dal Delegato Pontificio, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, tenendo conto delle esigenze da lui espresse, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte;
lo scorso 4 gennaio 2021 il Delegato Pontificio, sentito il Priore di Bose, Fr. Luciano Manicardi, che ha raccolto anche il parere del Discretorio della Comunità, dopo aver consultato S.E. Mons. Alberto Silvani, Vescovo di Volterra, nella cui Diocesi si trova la Fraternità Monastica di Bose a Cellole, e dopo aver ricevuto il benestare del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha emanato un Decreto (notificato l’8 gennaio) nel quale ha richiesto alla Comunità monastica di Bose di:
1) Interrompere a tempo indeterminato i legami con la “Fraternità Monastica di Bose a Cellole”, sita in località Cellole di San Gimignano (SI), la quale pertanto è stata chiusa e non può essere considerata come “Fraternità della Comunità Monastica di Bose”, fino a quando non si deciderà altrimenti. Di conseguenza, si dovrà escludere in riferimento ad essa, l’utilizzo dei nomi di “Fraternità Monastica di Bose”, “Monastero di Bose”, o simili, nella pubblicistica, nella cartellonistica, nei siti Internet ecc.
2) Cedere in comodato d’uso gratuito il complesso di immobili di Cellole a Fr. Enzo Bianchi, che vi si trasferirà entro e non oltre martedì 16 febbraio p.v., avendo già dato il suo assenso al riguardo, assieme ad alcuni fratelli e sorelle che hanno manifestato la propria disponibilità ad andare con lui e si troveranno nella condizione di membri della Comunità Monastica di Bose extra domum.
Restano ferme tutte le disposizioni del Decreto singolare del 13 maggio 2020, anche quelle riguardanti gli altri destinatari, ossia Fr. Goffredo Boselli, Fr. Lino Breda e Sr. Antonella Casiraghi.
Si è ritenuto doveroso dare questa pubblica comunicazione per rendere noto il mutato status della già “Fraternità monastica di Bose a Cellole”, al fine di evitare qualsiasi confusione e ambiguità in merito.
P. Amedeo Cencini FDCC
Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis
C’è da rimanere sgomenti ogni giorno di più per come la gerarchia vaticana affronta i problemi al suo interno. Altro che “Fratelli tutti”, altro che comprensione e rispetto per l’uomo che sbaglia. Se anche Fr. Enzo avesse torto marcio su tutto, proprio per la sua lunga storia religiosa e per il bene che fatto alla stessa chiesa cattolica doveva ricevere un trattamento sicuramente diverso. Una soluzione poteva e doveva essere trovata. Mi disorienta e amareggia il modo sempre più burocratico e freddo di agire della stessa gerarchia ecclesiastica. Ma forse è sempre stato così, purtroppo.
Un bel esempio di carità evangelica!!!. Come si può chiedere alle famiglie di saper “mettere sotto i piedi” le discordie per vivere quella fraternità che ci comunica il Signore Gesù? Trovo assurdo che non sia stata percorsa un’altra strada e si sia caduti nel laccio del maligno, del divisore. Fratel Enzo non è un lebbroso e se lo fosse!!! come si sarebbe comportato Gesù? Ho sempre in mente la prima accoglienza ricevuta a Bose a fine anni ’60 da Fratel Enzo quando io ero ancora ragazzo. Ha rappresentato per me un commento vivente di pagine degli Atti degli Apostoli.
La storia della Chiesa è piena di situazioni analoghe. Dopo la fondazione il carisma sembra intiepidisti . Certo il passaggio dal fondatore al successore non è mail facile ed il Divisore, sempre presente ne approfitta..
Si possono fare tante congetture ma le modalità dell’ultimo intervento lascia sgomenti. Non sarebbe bastato convincere Fr. Enzo a spostarsi in Toscana senza chiedere l’eliminazione del nome di Bose? Forse il gesuita Papa Francesco ha una sua rigida concezione circa l’ubbidienza mentre la tradizione monastica di Bianche si rifà più alla tradizione orientale che a quella un po’ asfissiante del diritto canonico sviluppato in Occidente. In ogni caso è una sconfitta. Non mi pare fosse il caso di affidare un caso così delicato ad uno psicoterapeuta.
La vocazione non si gestisce come fanno i manager con i corsi di counseling ma con la preghiera, il digiuno e la chiamata della Spirito Santo.
Io sarei più sgomento nel sapere se oggi, giorno destinato all’osservazione del decreto dopo aver lasciato quasi un anno di tempo per organizzare la nuova dimora, se oggi il fondatore di quella comunità ha acconsentito o meno a dare obbedienza non a parole ma con i fatti. Non è ancora passata la giornata, vediamo se l’asfissiante diritto canonico come lei dice, è stato ancora una volta calpestato dalla tradizione monastica orientale del signor Bianchi.
Forse con Enzo Bianchi la disobbedienza diventera’ una virtu’ monastica? Io non credo che obbedira’ .
Infatti oggi su Avvenire c’e’il comunicato di Bose. Hanno chiuso Cellole per nulla, Bianchi non si muove . Che bell’esempio di umilta’e obbedienza monastica!
Leggo appelli a favore del fondatore di Bose da parte di nomi importanti del giornalismo, Melloni, della medicina, Recalcati, tweet di padre Bianchi, di chi lo chiama padre chi don chi signor chi fratel, tutti affranti e speranzosi che venga assolto dalle accuse mai svelate, da ultimo leggo anche in un blog naturalmente senza contradditorio pagine e pagine di un certo signor Larini da Tallin. Nessuno si chiede perchè e come mai questi personaggi si schierano apertamente contro la Santa Sede? contro proprio le persone che hanno invece le chiavi di ciò che è successo alla corte di padre Bianchi in anni e anni e che per delicatezza, sensibilità, onore, evitano di dare in pasto ai pruriti di tanti i motivi del decreto voluto da Papa Francesco? Anche nel mondo della chiesa, dei monasteri, non c’è dunque la certezza della pena ma bensì l’impunità venduta come verità di innocente? Bose è una realtà, grazie al suo fondatore ma che purtroppo negli anni ha fondato un’altra sua immagine illeggibile, che nei dossier d’oltre Tevere ve n’è tanto da decretare quanto un anno fa era stato deciso, mentre oggi vogliono far leggere tutto il contrario. Solidarietà a padre Cencini, al priore Luciano Manicardi, a Bose quella vera.
Scriviamo ancora una volta con desiderio unico di testimonianza, per accogliere, nel nostro piccolo, l’appello del prof. Massimo Recalcati, che si chiede in queste ore dalle colonne de La Stampa “Nessuno si indigna? nessun cristiano alza la sua voce a difendere l’inerme..?”
La nostra voce si alza da molti mesi, innanzi tutto per chiedere chiarezza e trasparenza, nel rispetto di tutte le persone coinvolte; noi non conosciamo quasi nulla della verità della vicenda, dal momento che si è scelto di non motivare ( pur nel rispetto delle vicende personali) la storia che ha portato alle prescrizioni del decreto; sappiamo soltanto che i massimi vertici della Segreteria di Stato vaticana hanno ammesso essere “molto dure” , in una risposta a noi, semplici scriventi che cercavano verità in nome di un lungo passato di frequentazione.
Tuttavia, proprio come frequentatori che tanto hanno ricevuto dai soggiorni a Bose, non riusciamo a credere, che le risorse umane della Comunità si siano così contratte o celate da non aver consentito in questi mesi di girar pagina, solo perché un anziano ex priore ha continuato ad abitare nei dintorni, con la necessità ovvia di contatti per aiuti quotidiani.
Proprio non riusciamo a comprendere (e giustificare) questo atteggiamento che richiede in modo rigido applicazioni sanzionatorie, puntuali e tempestive, senza prevedere contemporaneamente iniziative altrettanto sollecite di incontro e di riconciliazione – e soprattutto di misericordia- nei confronti delle persone che sono state soggetto – oggetto delle decisioni. Dal nostro punto di vista, le misure prese avrebbero potuto essere almeno comprensibili se proiettate in un’ottica di ricostruzione , seppur lenta, di legami e di condivisioni.
Come osserva il prof. Recalcati , anche supponendo gravi trascuratezze nelle relazioni, prese di posizione del padre-fondatore vissute come opprimenti o svalutanti, atteggiamenti vissuti come persecutori (accuse però, purtroppo, sanzionate ma inappellabili) ci sembra del tutto inefficace, ai fini di un cambiamento di rotta, la soluzione di cancellare la presenza non solo di una, ma di più persone con un tratto di penna, chiedendo all’antico padre di allontanarsi in un luogo, sì conosciuto e forse anche in passato amato, ma solo a condizione che oggi questo luogo testimoni “la cacciata”, cancelli anche sul cartello stradale l’evocazione del nome di Bose, accolga come terra bruciata una persona non più desiderata e desiderabile. Una totale dichiarazione di estraneità, una distanza che testimoni la sanzione e consenta ai “sopravvissuti” di trovare nuova pace, solo grazie ad assenze e lontananze: pace di apparenza , non di sostanza , che l’esperienza in questi casi rivela sempre inquieta e instabile.
Qualcuno potrebbe replicare che tutto questo non dovrebbe essere oggetto di un nostro interesse specifico: tuttavia, poiché la misericordia, il perdono, l’accoglienza delle debolezze (le famose tante e differenti fragilità) lo sforzo per superare anche con doloroso impegno le provocazioni sono compiti ineludibili, anche solo per iniziare a definirsi in un contesto di cultura cristiana (e lo abbiamo sentito affermare in tante occasioni a Bose e ancora lo leggiamo negli scritti dei fratelli), ebbene, allora crediamo che tutta questa situazione e sofferenza sia decisamente anche “affar nostro”, nostro come comunità di credenti attonita e amareggiata.
Se la comunità dei fratelli non trova la via della pace, certo non può essere perché nei pressi abita un anziano, che tanti anni fa ha creato le condizioni per cui, oggi, tanti potessero identificarsi come una comunità. Se poi è proprio questa identità specifica, con il suo portato profetico e il suo stile, che si ritiene debba essere cambiata, allora sì, il passato storico, nella persona di chi lo rappresenta, deve essere allontanato, ma sarebbe bene avere il coraggio di dirlo chiaramente. Anche se ormai i fatti parlano da soli. Ora infatti cominciamo tristemente a dar forma al nostro sentire: possiamo essere vicini a chi scrive” non siamo migliori”, ma non possiamo facilmente nutrire empatia per un passaggio di identità fondato sulla convinzione che la nuova via possa generare concordia, nascendo da separazione o da esclusione.
Nella nostre variegate esperienze, anche quando le dinamiche sono difficili e portano molte sofferenze, non abbiamo mai vista efficace la rimozione trasformata in osservanza fedele delle norme e soprattutto ci è stato ribadito che non poteva far parte di un cammino cristiano.
È molto doloroso ora per noi, con questi convincimenti, pensare di essere stati anche noi in qualche modo “allontanati” da Bose; anche noi infatti, ospiti da sempre, abbiamo tante ferite nate da questa vicenda da tentare di sanare. Speravamo di poterlo fare con l’esempio,soprattutto quello di una comunità sofferente ma in crescita, perché senza rimozioni e proiezioni di colpa: a fine estate ci eravamo augurati, per tutti, interventi e segnali di misericordia scambievoli.
Ora l’invito alla preghiera resta ovviamente valido, ma, probabilmente, ci verrà più spontaneo e più facile ricordare principalmente chi a Bose non c’è o non ci sarà più. O forse ci è rimasto davvero, perché l’ha amata nella sua costruzione iniziale, radicale, ricca di Speranza, probabilmente meno bisognosa di continui incoraggiamenti, sostegni psicologici e approvazioni esterne e, certamente, di decreti.
Rosamaria con altri dieci
Mi permetto di esprimere la completa condivisione di quanto scrive Rosamaria Nebiolo. Nelle sue parole, lucide e veritiere, si riconoscono i molti che apprendono sgomenti la notizia di quest’ultimo provvedimento.
Flavia
Ma perche’ tutti questi segreti? Perché non fare chiarezza? Cosa c’è che non può essere detto sulle motivazioni di queste gravi misure prese dal Vaticano? Penso che parlare chiaramente farebbe bene a tutti: nessuno può accettare senza spiegazioni. Si parla tanto di parresia, di trasparenza, ma la Chiesa cattolica sembra a volte una società segreta.
solo amarezza, se ne esce tutti sconfitti!!!!!!!
Vorremmo condividere la lettera che nel settembre 2020 abbiamo inviato a Enzo Bianchi. Ci sembra che il contenuto sia tuttora valido. E anche oggi diremmo – anzi diciamo – le stesse cose.
Andrea e Margherita
Caro Enzo, al ritorno da una “settimana biblica” trascorsa a Bose ci è venuta l’idea, perché ne sentiamo il desiderio, di scriverti.
Prima di tutto ci presentiamo. Noi conosciamo te, ma tu non conosci noi, come capita quando si è “famosi”. Siamo una coppia di sposi, ormai anzianotti: Margherita e Andrea. Da 40 anni abitiamo a Novara, ma conosciamo Bose dai tempi in cui vivevamo a Torino. Quasi dai primi tempi, quando c’era la piccola cappella ricavata nella stalla e poco altro. Ogni tanto tornavamo. Per parecchi anni siamo venuti regolarmente alla celebrazione della domenica delle Palme con le nostre bambine. Che, diventate un po’ più grandi, hanno frequentato le settimane bibliche, di cui serbano un bellissimo ricordo. E poi ancora ci capitava di venire a qualche incontro la domenica. Alcuni semplicemente indimenticabili, come quello con David Maria Turoldo poco prima della sua morte, o con Angelo Casati, con Gianfranco Ravasi… Pochi, rispetto alla straordinaria offerta che si rinnovava ogni anno, ma tutti capaci di procurarci nutrimento spirituale, senza estinguere, anzi riattivando, la fame di contenuti sempre significativi per la nostra vita di fede.
Intanto i monaci e le monache crescevano di numero e ogni volta c’erano volti nuovi. I momenti di preghiera nelle cappelle via via più capienti si modificavano un po’, ma sempre riuscivano a renderci partecipi di una bellezza profonda, che faceva sentire vicini, straordinariamente vicini, al mistero della Presenza Amorevole che chiamiamo Dio.
Da qualche anno riusciamo a trascorrere a Bose un’ intera settimana, frequentando uno dei corsi biblici dell’estate. Senza assolutamente esagerare, è per noi la settimana più bella dell’anno. Il fascino dell’ambiente, curato in ogni dettaglio, il silenzio in cui trovano spazio solo “parole autentiche” (come direbbe il nostro carissimo amico Giorgio Garneri. Ti dice qualcosa ?), il ritmo della preghiera liturgica, così sobria e partecipata, il tempo del riposo… Insomma, un’esperienza che è divenuta per noi piacevolmente necessaria.
Oh, come vedi, la presentazione sta invadendo lo spazio di questa lettera ! Ma, in realtà, ne costituisce già il contenuto.
Certamente hai capito: stiamo raccontando come Bose sia una realtà straordinariamente importante e ricca di significato per noi e per moltissime altre persone. Per questo sentiamo di doverti ringraziare con tutto il cuore. E rendiamo grazie allo Spirito che ti ha spinto e sorretto nel realizzare, come ti ha scritto papa Francesco l’11 novembre 2018, “una peculiare forma di vita comunitaria sorta nel solco degli orientamenti del Concilio Vaticano II”, rivelandosi, negli anni, un punto di riferimento essenziale per migliaia e migliaia di credenti e non credenti.
Ma, a questo punto, dobbiamo evidentemente venire al momento presente, alla situazione di sofferenza e di crisi che è sorta e che è in atto. Noi, come tutti gli amici e tutte le amiche di Bose che conosciamo, siamo rimasti semplicemente sconvolti da quel che è accaduto. Avvertiamo, per quanto sia possibile dall’esterno, il dolore che tu, ma anche tutti gli altri fratelli e tutte le altre sorelle, provate. Siamo anche rattristati per lo scandalo – non sapremmo chiamarlo diversamente – suscitato dalla frattura delle relazioni proprio in una comunità che, in modo così specifico ed efficace, testimonia profeticamente l’unità dei cristiani e il dialogo interconfessionale.
Ma non siamo disposti – per niente ! – a rinunciare alla speranza che l’unione fraterna si possa pienamente ristabilire. Non con un ritorno al passato, ma con un cambio di passo che rinnovi e aggiunga valore ad una esperienza ecclesiale che ha già dato tanto e che nell’attuale momento ci sembra davvero indispensabile.
Non sappiamo come questo potrà avvenire e non ci impressiona se dovesse richiedere confronti e discussioni anche aspre, purché ognuno sappia ascoltare l’altro (le nostre ragioni, infatti, le conosciamo sempre già troppo bene !) per ricomporre insieme l’unità e la pacificazione.
Siamo certi, questo sì, che quanto unisce è molto, molto più di quanto divide ! Se custodire l’esperienza unica e profetica di Bose sta tanto a cuore a noi, lo sta non certo di meno a te e agli altri fratelli e alle altre sorelle.
Pensiamo, in particolare, che tu sia, forse più di ogni altro, consapevole di quest’ opera magnifica che il Signore ha voluto, servendosi della tua intelligenza e del tuo infaticabile impegno. La sua salvaguardia deve venire prima, rispetto ad altre esigenze o aspettative personali. Perché è un servizio. Un servizio di cui anche noi, nel nostro piccolo, possiamo testimoniare l’assoluta necessità. E rispetto al quale il nostro Maestro e Signore ci invita a dire alla fine “siamo servi inutili”. Linguaggio duro, ma necessario perché nessuno pensi di possedere ciò che gratuitamente è chiamato a dare.
Noi, come genitori, sperimentiamo questo con le figlie. Cerchiamo di dare tutto ciò che possiamo, ma poi dobbiamo lasciare che vadano, che facciano a meno di noi. E non è una sconfitta ! Ma il vero segno che abbiamo fatto un buon lavoro. E ne siamo dolorosamente felici.
Nel tempo della Chiesa di Francesco sarebbe un’autentica tragedia, se le difficoltà a vivere nel quotidiano la comunione fraterna e sororale venissero esasperate fino a spegnere una testimonianza dal sapore genuinamente evangelico come quella della comunità monastica di Bose.
Caro Enzo, ci scusiamo per questo nostro sproloquio. In fondo, in soldoni, vorremmo dirti che ti pensiamo con affetto e gratitudine, che abbiamo fiducia in te e che ti ricordiamo nella nostra preghiera come abbiamo fatto la settimana scorsa partecipando alla liturgia comunitaria dei tuoi fratelli e delle tue sorelle di Bose.
Andrea e Margherita
1° settembre 2020
Sono tra quelli che non capisce, e soprattutto credo che l’intera comunità di Bose debba una spiegazione chiara e completa a tutte le persone che nella chiesa hanno visto in quella specifica esperienza un seme autentico del Vangelo e permettere a tutti di capire come la logica fraterna si sia frantumata.
Credo che non sia il caso di dare “spiegazioni chiare e complete” per soddisfare i pruriti di tante domande, si può già immaginare di tutto quanto possa essere stato raccolto in lunghi mesi di indagini in ogni ambito possibile, dal finanziario alla gestione psicologica, a quella liturgica, personale e quant’altro. Un anno di scontro frontale fra il signor Bianchi e la Santa Sede dovrebbe anche far riflettere ulteriormente su quella figura egemone che tanto millanta da sfidare tutto e tutti.
Mi è ancora incomprensibile il perché il fondatore della Comunità sia stato allontanato, non può essere solo per una “invasione di campo”! Capisco che dove ci sono relazioni umane sorgono dinamiche conflittuali ma addirittura scomodare la Santa sede e decidere pubblicamente un allontanamento obbligato! Loreta Martini
Verrebbe da dire: speriamo sia la volta buona! Ma qui non bisogna rifugiarsi nella speranza, si dovrebbe trattare di dare seguito a un preciso decreto al termine di una lunga serie di anni di evidenze intorrerabili. Invece è passato un anno dal decreto della Santa Sede e questo signore ha fatto della disobbedienza la sua bandiera, di libertà, di riorganizzarsi con blog e chissà quant’altro. Certo è sufficiente non andare a leggere quanto del signor Bianchi viene ancora pubblicato da varie riviste e siti; ma c’è un senso di giustizia che dice: ora basta! E che reclama.
mmm… bel commento… non è citato anche nel “Discorso della Montagna”? O forse in 1 Corinzi 13 …