Questo comunicato è stato redatto per essere pubblicato il 9 febbraio 2021 in risposta al comunicato dello stesso giorno del delegato pontificio e a quello apparso sul sito di Bose. Tuttavia, per obbedienza, e ripeto solo per obbedienza, ho continuato a mantenere il silenzio fino ad oggi.
Silenzio sì, assenso alla menzogna no!
Nel Decreto del Segretario di Stato consegnatoci il 21 maggio 2020, veniva chiesto a me, a due fratelli e a una sorella l’allontanamento da Bose a causa di comportamenti a noi mai indicati e spiegati che avrebbero intralciato l’esercizio del ministero del priore di Bose, fr. Luciano Manicardi. Pur non avvallando le calunnie espresse nel Decreto, coscienti che non ci era consentito l’esercizio del diritto fondamentale alla difesa (come sancito dalla Carta dei diritti umani e dalla Convenzione europea) abbiamo obbedito al Decreto.
Ho immediatamente iniziato la ricerca di un’abitazione adatta a me e alla persona che mi assiste, dove poter anche trasferire la vasta biblioteca necessaria al mio lavoro e l’ampio archivio personale. Dopo mesi di ricerca condotta anche da agenzie specializzate, ricerca complicata altresì dall’emergenza sanitaria del Covid-19, non ho trovato nulla di confacente alle mie esigenze. I costi per l’acquisto di un casa in campagna (sempre superiore a 500.000 euro) o di un affitto di un alloggio in città restavano eccessivamente elevati rispetto alle mie possibilità economiche e alla scelta di una vita sobria che ho sempre condotto.
A queste difficoltà si aggiungono la mia età avanzata e le precarie condizioni di salute: gravissime difficoltà di deambulazione causata da una seria sciatalgia, una grave insufficienza renale che non permette alcun intervento chirurgico risolutivo, ai quali si aggiunge una patologia cardiaca. È a seguito di questa situazione e non per altre ragioni, che non ho potuto lasciare l’eremo nel quale vivo da più di quindici anni e si trova dietro alla collina della Comunità di Bose. Alla consegna del Decreto ho da subito interrotto ogni rapporto con i membri della Comunità, incontrando soltanto un fratello incaricato dal priore per la mia assistenza quotidiana. Pertanto, l’allontanamento concreto l’ho realizzato ma non abbastanza lontano come indicato dal Decreto.
Nell’ottobre 2020, direttamente dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin mi è giunta la proposta di trasferirmi presso la fraternità di Bose a Cellole, sita in S. Gimignano (Si), insieme ad alcuni fratelli e sorelle che si sarebbero resi disponibili, così da attuare pienamente il Decreto e trovare una soluzione per la mia residenza fuori comunità.
A questa proposta, il priore di Bose, l’economo della comunità e il delegato pontificio hanno da subito posto alcune condizioni, tra le quali la perdita di tutti i diritti monastici per i fratelli e le sorelle che si sarebbero trasferiti a Cellole nella condizione di extra domum. Fu mia premura informare il Segretario di Stato che la condizione alla quale venivano ridotti questi fratelli e sorelle era in aperta contraddizione con il can. 665 com. 1 del Diritto canonico vigente, avvalorato dall’interpretazione data dal documento “Separazione dall’Istituto. Extra domum, esclaustrazione e secolarizzazione” redatto dal Gruppo Segretari/e di Roma del 12 novembre 2013.
Il 13 novembre del 2020, il Cardinale Parolin, in una lettera a me indirizzata, accoglieva le mie osservazioni, chiedendomi di trasferirmi a Cellole con alcuni fratelli e sorelle disponibili, da me scelti in intesa con il priore di Bose, i quali avrebbero vissuto come monaci extra domum ma conservando tutti i loro diritti monastici. Cellole non sarebbe stata più una fraternità di Bose ma comunque una fraternità monastica in cui era possibile la presenza di un fratello presbitero per la celebrazione eucaristica.
Tuttavia, l’8 gennaio 2021 mi giungeva il decreto del delegato pontificio con le disposizione per il trasferimento a Cellole, e in allegato un contratto di comodato d’uso gratuito precario che avrei dovuto firmare immediatamente. Il contratto, ideato e redatto dell’economo di Bose fr. Guido Dotti e approvato del priore di Bose fr. Luciano Manicardi e del delegato pontificio, poneva le seguenti condizioni:
- Il decreto del delegato pontificio ingiunge a fr. Enzo Bianchi di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui.
- Nel contratto di comodato si prevede che l’Associazione Monastero di Bose, nel suo rappresentante legale fr. Guido Dotti, può cacciare da Cellole in ogni momento, su semplice richiesta e senza motivarne le ragioni, fr. Enzo Bianchi e quanti vi risiedono con lui.
- Il contratto di comodato d’uso concede gli edifici del priorato di Cellole stralciando però intenzionalmente i terreni annessi all’edificio e necessari per la coltivazione, per l’orto e per la provvigione dell’acqua durante l’estate.
- Si dichiara che ai monaci e alle monache di Bose che vivranno a Cellole è vietato non solo fare riferimento a Bose, ma anche affermare di condurre vita monastica o cenobitica: potranno semplicemente definirsi come coloro che danno assistenza a fr. Enzo Bianchi, pertanto ridotti a meri “badanti”.
Anche alla mia richiesta che a Cellole ci fosse un fratello idoneo designato a guidare la comunità, il delegato pontificio ha risposto che “non c’è alcun priore, né responsabile, né presidente del gruppo a Cellole, né vita monastica né vita cenobitica”. Ai monaci e alle monache di Bose presenti con me a Cellole ai quali erano riconosciuti dal Segretario di Stato tutti i diritti monastici era tuttavia espressamente vietata la vita monastica. Con tutta evidenza, questa imposizione risulta lesiva della dignità personale e dei diritti monastici fondamentali di questi fratelli e sorelle che vivono a Bose anche da quarant’anni. Se a Cellole è loro vietato di condurre vita monastica, essi cosa vivono? Vengono loro riconosciuti i diritti monastici ma è loro espressamente vietata la sostanza della vita monastica.
A queste condizioni, che non sono mai state rese note alla comunità, io non ho mai dato il mio assenso, perché mi sembrano disumane e offensive della dignità dei miei fratelli e delle mie sorelle. Il decreto del delegato pontificio pone con tutta evidenza me e quanti con me vivono a Cellole in una condizione di radicale precarietà, obbligandoci a vivere perennemente nell’angoscia di essere cacciati in ogni momento e per qualsiasi ragione. Se alle indicazioni del Segretario di Stato avrei sempre potuto ubbidire, alle modalità di realizzazione dettate in particolare da fr. Guido Dotti non ho mai potuto dare il mio assenso.
Per queste ragioni, per la quarta volta, il 2 febbraio scorso ho comunicato al delegato pontificio e al priore, tramite lettera consegnata nelle sue mani, la mia decisione di non trasferirmi a Cellole alle condizioni poste da loro. Inoltre, per amore della Chiesa e in particolare della diocesi di Volterra, del suo vescovo Alberto Silvagni padre veramente premuroso, di tutte le persone che da otto anni frequentano l’eucaristia domenicale e la liturgia delle ore quotidiana e che hanno tessuto vincoli ecclesiale e spirituali con la fraternità di Cellole, non posso in coscienza accettare che una fraternità di così grande valore monastico fosse chiusa al semplice scopo di diventare una casa privata destinata a me e a chi mi assiste. Ribadisco tutto il mio dolore per una chiusura decisa improvvisamente e in questa modalità e non certo per volontà mia. Il delegato pontificio e il priore di Bose, ignorando questa mia decisione a loro tempestivamente comunicata per iscritto di non trasferirmi a Cellole, hanno ugualmente pubblicato il 9 febbraio 2021 i rispettivi comunicati ufficiali, omettendo gravemente di rendere nota la mia decisione, anzi dicendo che io avevo accettato di trasferirmi a Cellole, alterando in tal modo la verità dei fatti.
Per questo, dall’inizio di febbraio, ho ricominciato la ricerca di una dimora in cui poter vivere la vita monastica e praticare l’ospitalità come sempre ho fatto tutta la mia vita a Bose: alla mia vocazione non intendo rinunciare.
Non ho nulla in più da comunicare almeno PER ORA. GIUDICATE VOI!
Di quanto qui scritto sono disposto a mostrare i documenti che lo provano.
Fr. Enzo Bianchi
fondatore di Bose
mi sembra tutto veramente ridicolo
“mia richiesta che a Cellole ci fosse un fratello idoneo designato a guidare la comunità”? il decreto non diceva che lui doveva allontanarsi per formare un altra comunità monastica e neanche cerca di spaccare la comunità quanto più puoi, convinci molti a venire con te e forma un’ altra comunità. Ora il Papa ha ribadito di dare esecuzione a quel decreto che non diceva di formare un’altra comunità. Poi la vita monastica ci sarebbero moltissimi posti dove viverla, mi sembra che Bianchi non andrebbe mai da nessuna parte dove non è lui il capo e questo non è proprio in sintonia con la vita monastica, anche se umanamente si puo capire che è dura. Poi magari gli andava bene che non si chiamasse comunità di Bose a Cellole, cosi gli altri “allontanati” dal decreto, dopo un po’ chiedevano di non essere più monaci di Bose per andare a Cellole, magari… ma è un illazione… ma magari facendo una comunità altri giovani si sarebbero
avvicinati per iniziare (o credere di) una vita monastica sotto la sua guida; immagino che la Chiesa
voleva evitare proprio questo, almeno per quello che del decreto è stato comunicato. Se non è cosi sarebbe
diverso.
Altro piccolo punto:
“non ho potuto lasciare l’eremo nel quale vivo da più di quindici anni e si trova dietro alla collina della Comunità di Bose”. Ma non aveva scritto non credete alla “ricostruzioni fantasiose” che dico
che non ho lasciato la comunità, come quelle date ad esempio da SettimanaNews? non era vero quello che avevano scritto … si è scusato? iniziare a scusarsi sarebbe un buon punto di partenza.
Poi si è allontanato dalla comunità… vuole dire che non ha più partecipato alla preghiera del mattino, di mezzogiorno, di sera e all’eucaristia? ma l’ha fatto il giorno dopo il decreto? e ora cosi’ già da un anno, o due anni, o cinque anni, o dieci anni? direte non sono fatti nostri ma quando uno insiste ad essere personaggio publico e a parlare tramite social e articoli di giornali…
Infine insiste sul fatto che è il Fondatore, ma chi ha una vita spirituale cristiana vera e profonda, sa che non ha fondato nulla ma l’ha fatto il Signore. Almeno nella fede monastica e cristiana dovrebbe essere cosi’.
Qui chiedo scusa per la velocità e la rozzezza nel modo di esprimere il concetto.
Comunque dettagli del comodato, necessità di un posto di qualche milione di euro e reclamo di avere privilegi non sono la questione vera. Il punto è che non accetta contenuto e motivazioni del decreto, mi pare chiaro. All’ inizio avevo pensato che il decreto era duro, ma si capisce che qualunque cosa più morbida non sarebbe stata accolta a meno che non si faccia come dice Bianchi, quindi non c’era molto che si poteva fare diversamente probabilmente…puo’ venire il priore, la maggior parte dei fratelli e delle sorelle, il delegato pontificio, il segretario di stato, il papa …
Tutta la mia solidarietà a Enzo Bianchi. Lo ringrazio per aver semplicemente messo in fila i fatti senza dare giudizi. Mi ricorda molto don Mazzolari, don Milani, p. Turaldo quando erano attaccati dai loro vescovi e dal Vaticano.
Incredibili il comportamento di Cencini, Manicardi e soprattutto il disumano economo di Bose Guido Dotti che conferma il profilo che i vangeli tratteggiano di chi tiene la cassa. Non ci sono nei confronti di Bianchi accuse gravi dottrinali, morali, economiche altrimenti il Vaticano, Cencini e Manicardi li avrebbe tirate fuori pur di annientare il fondatore. Ma mi dite che pericolo rappresenta questo uomo di 78 anni per la chiesa per essere trattato con tanta durezza? Fa paura perché è un uomo libero.
Come fa ad asserire un simile scenario? Certo che se legge tutto quello che esce sul web a favore di Enzo Bianchi e ci crede non può che farsi quelle idee, che non ci siano accuse gravi poi lo dice lei o ne sa qualcosa? Il pericolo poi non è adesso, ormai è tardi, probabilmente bisognava intervenire quando era più giovane ma evidentemente faceva chich e cult e progressista applaudire un comunicatore così carismatico, ma non diceva di essere un monaco? Secondo me i monaci sono un’altra cosa, dimenticavo che Bianchi ha studiato economia e commercio, dicono, per quello che conosce chi tiene la cassa, e sa farsi bene i conti, la casa che cerca dice che costa più di 500.000 euro, cos’è una richiesta finale per concordare l’uscita? Più rileggo i comunicati e più nascono domande spontanee!
“Fa paura perchè è un uomo libero ” Ma non sarebbe libero anche se se ne andasse da Bose? Anzi ancora più libero.Non mi risulta l’abbiano condannato a stare chiuso in una segreta! Cellole . magnifico posto vicino a san gimignano, non gli piace perchè viene data solo in comodato e non in proprietà? Vorrebbe gliela regalassero?Però un monaco non dovrebbe avere tante pretese materiali, se davvero è un uomo libero, basta qualsiasi posto dove possa pregare e studiare .Un monaco non dovrebbe rinunciare a qualsiasi possesso materiale? ??? L’attaccamento esagerato e caparbio di quest’uomo al “suo” territorio non denota una gran libertà di spirito .
“Non ci sono nei confronti di Bianchi accuse gravi dottrinali, morali, economiche altrimenti il Vaticano, Cencini e Manicardi l[e] avrebbe[ro] tirate fuori pur di annientare il fondatore”. Direi che con l’attuale dirigenza vaticana Enzo Bianchi non potrebbe avere sintonia più ampia, quanto almeno alle questioni dottrinali e morali, tant’è che era in predicato di berretta cardinalizia. Questo lascia sospettare ragioni diverse a noi ignote. Impossibile pronunciarsi finché non saranno dette, dall’una o dall’altra parte.
Tristissima vicenda a prescindere da qualsiasi considerazione personale ! Che spettacolo al quale non avremmo mai voluto assistere; da restare senza parole salvo che per pregare.
Che grande pasticcio. E che tristezza ma la Chiesa e’ spesso cosi. Predica la misericordia fuori e dentro si accanisce contro i malati e i deboli. Adesso se delegato e priore non rispondono, vuol dire che Bianchi ha detto il vero. Vale tutto quello che ho detto altrove: non ci vogliono dire il vero nodo del contendere. Evidentemente il popolo di Dio non merita di sapere!
Una sola cosa vorrei dire a riguardo del suo commento, che prima di scriverlo ci penserei non dieci ma cento mille volte e cioè che “…… vuol dire che Bianchi ha detto il vero” è forse un po’ troppo, per non dire incredibile, significa credere alla campagna fatta per praticamente un anno da parte di coloro che hanno insinuato, mistificato, alterato l’operato dell’indagine eseguita opponendosi al giudizio finale approvato in forma specifica dal Santo Padre. Per carità chi sono io ingenuo lettore che non sa nulla di diritto canonico mentre leggo grandi specialisti tacciare di inquisizione e forme medioevali certe norme che permettono ancora al Papa di decretare in modo inappellabile, se non va bene che siano cambiate le regole, anche perchè così vale tutto, viene detto qualcosa di vero che conviene e il falso mixato che viene venduto come realtà ed è facile trovarsi daccordo con chi si fa vittima di calunnie e quindi ingiustizie. Le sembra normale che si sia messa in moto una macchina calunniatrice verso il fondatore? Fosse la trama di un film sarebbe ben riuscita, ma credo che l’unica realtà stia racchiusa nell’indagine fatta. In cinquant’anni di chiamiamola carriera ho visto e sentito centinaia di casi di lotte politiche, di posizione, ideologiche, civili, penali e quant’altro ma sinceramente non mi era mai capitato di assistere a una simile organizzazione di difesa di un colpevole, dico così visto che c’è stata una sentenza, messa in campo da personaggi noti e meno noti, vicini e molto lontani, c’è anche chi scrive dalla steppa russa evidentemente con un potente cannocchiale per vedere Bianchi solo e afflitto nella sua cella, peccato che nella cella vicina si dica che la tavola è spesso imbandita e sempre ricca, ma si leggono solo lacrimevoli situazioni di un monaco che cerca casa ma avrebbe bisogno di mezzo milione di euro! Questo l’ha scritto proprio il signor Bianchi nel suo comunicato di ieri alla stampa . Per favore come si fa ancora a credere a simili scritti da qualunque parte arrivino!? Forse lei ha però informazioni più garantite, inequivocabili, o non pensa che il nodo del contendere come dice lei sia un po’ tenuto nel cassetto per rispetto di tanti? Malgrado l’esperienza evidentemente rimango un ingenuo.
Gentile Mastrofini, ho letto i suoi bei pezzi sulla questione. Oggi trovato sul sito del monastero un intervento di fr. Luciano sulla regola. Non è difficile leggere tra le righe quanto viene contestato a fr. Enzo: questa pubblicazione è uscita, per quanto mi consta, dopo lo scritto di Enzo Bianchi. E sale, pressante, la domanda: rileggendo magari la Vita Comune di Bonhoeffer, non potevano trovare un altro modo di affrontare qualunque diatriba? Quindi, evitando psicoterapeuti ufficiali, ovvero mettendo nel silenzio tutte le energie nella preghiera (perchè loro dovrebbero crederci), cercando a qualunque costo la franchezza, la chiarezza, preservando la comunità e il suo carisma? Ho seguito quanto Riccardo Larini ha manifestato sul suo blog, riprenderealtrimenti: mi viene confermato da monaco interno alla comunità, sgomento. Spiace allora leggere (ma sia libertà di scrittura e di pensiero urbi et orbi) in alcuni degli interventi precedenti (slegati invece dalla conoscenza concreta della comunità di Bose) illazioni o deduzioni che poco hanno a che fare con la realtà. Sul “rag. Bianchi”: mi permetto di osservare che è un titolo – quello del ragioniere commercialista, inteso quanto più spregiativamente possibile, senza tenere conto di tutto il resto che ha costruito fr. Enzo – che piace moltissimo al “divisore”, che si sta impegnando a pieno ritmo, ovunque, nel web, nell’opera di sminuire quello che è stata la vicenda di Bose. Sui monaci che nulla devono possedere: giusto. Considerato che molta della ricchezza e delle proprietà della comunità si devono ascrivere (anche) al lavoro di Bianchi, e che lui non li chiede nè li pretende – scrive: sobrietà – e, in aggiunta, che gli è dovuto, tanto più in epoca di pandemia, un tetto sopra la testa, compatibile con le sue gravi situazioni di salute e deambulazione, con un contratto “normale”, per il quale non debba essere cacciato a capriccio dello stesso monaco che solo due anni fa, pubblicamente, esprimeva il suo eterno grazie al fondatore, e con il quale gli sia anche consentito la coltura dell’orto e l’approvvigionamento dell’acqua per i campi, in estate; mi chiedo, di nuovo, e non mi capacito, perchè tanta cattiveria? Vedremo i frutti, vedremo se Bose reggerà l’urto, vedremo se Bianchi non ci lascerà le penne. Madre Chiesa: ma neppure la peggior matrigna condanna così i suoi figli, proteggendo (sono polemicissima, lo so) al contrario i veri Barabba.