Negli ultimi mesi il Team Referente per casi di denunce nei confronti di gesuiti della Delegazione per le case e opere Interprovinciali Romane della Compagnia di Gesù (DIR) ha ricevuto diverse nuove testimonianze e denunce riguardanti p. Marko Rupnik. Tutte le persone coinvolte che hanno manifestato il desiderio di essere incontrate dal Team Referente sono state ascoltate. Il padre delegato, Johan Verschueren, SJ, è estremamente grato a tutte le persone che hanno avuto la forza di raccontare le proprie esperienze, a volte con l’interiore sofferenza di dover far emergere di nuovo molti episodi dolorosi. Le persone sono davvero dei e delle “sopravvissuti/e” dato il male che hanno narrato di aver subìto.
Molte di queste persone non hanno conoscenza le une delle altre e i fatti narrati riguardano periodi diversi (Comunità Loyola, persone singole che si dichiarano abusate in coscienza, spiritualmente, psicologicamente o molestate sessualmente durante personali esperienze di relazione con padre Rupnik, persone che hanno fatto parte del Centro Aletti). Perciò, il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato sembra essere molto alto.
I comportamenti di padre Rupnik denunciati hanno avuto luogo in diversi periodi tra la metà degli anni ’80 fino al 2018. Coprono un arco temporale di più di trent’anni. Il Team ha proposto a p. Rupnik di poterlo incontrare al riguardo senza successo. Il Team ha redatto un dossier esaustivo del proprio lavoro e lo ha consegnato al padre delegato della DIR. Tale dossier è corredato dalle conclusioni del Team sulle diverse possibilità relative a ulteriori procedimenti legali civili e canonici e dalle proprie indicazioni e raccomandazioni alla Compagnia sui possibili passi da adottare.
Il padre delegato, p. Johan Verschueren SJ, in qualità di Superiore Maggiore della DIR, ha studiato il dossier e il parere del Team. La natura delle denunce pervenute tende a escludere la rilevanza penale, di fronte all’autorità giudiziaria italiana, dei comportamenti di padre Rupnik. Tuttavia, ben diversa è la rilevanza di questi da un punto di vista canonico e concernente la sua vita e la sua responsabilità religiosa e sacerdotale.
Forniamo qui una breve nota procedurale riguardo al panorama canonico possibile di fronte alle diverse casistiche e di fronte a denunce di questa tipologia.
Lo studio fatto del Team Referente equivale alla raccolta delle primissime informazioni che di solito un Superiore Maggiore intraprende, per determinare se si tratta di reclami ragionevoli con un possibile fondo di veridicità. Se l’esito di questo primo giro di informazioni mostra l’attendibilità delle persone denuncianti e l’effettiva possibilità del crimine, possono seguire queste possibili fasi successive:
- Il denunciato è formalmente informato della denuncia (o delle denunce) e della procedura giuridica che sarà adottata. Nel caso, il Superiore Maggiore potrà formalmente imporre nuovi misure cautelari per la durata della procedura o confermare misure eventualmente già in vigore.
- Se, in una denuncia, c’è il sospetto che sia stato commesso un delitto più grave contro il sacramento della penitenza (assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento, sollecitazione a un peccato contro il sesto comandamento nell’atto o in occasione dalla confessione, violazione diretta o indiretta del sigillo sacramentale…), la denuncia deve essere presentata al Dicastero per la dottrina della fede della Santa Sede (DDF). È competenza esclusiva del DDF stabilire cosa fare della denuncia. Per esempio, il DDF può chiedere all’autorità religiosa (in questo caso la Compagnia di Gesù) di condurre un processo amministrativo penale per arrivare, se possibile, a una certezza morale rispetto alla colpevolezza o all’innocenza dell’accusato.
Si noti che, nella scelta di questa procedura, l’attenzione si concentra sul delitto relativo al sacramento e non su altri abusi che non sono di competenza del DDF, anche se possono essere intrecciati con esso.
- Se, dalla raccolta delle prime informazioni, non si riscontra l’obbligo di consegnare il dossier al DDF, il Superiore Maggiore del gesuita accusato può verificare se, nelle denunce e nelle testimonianze, vi siano elementi che riguardano direttamente la vita religiosa e i voti religiosi, o se la buona reputazione dell’ordine religioso e della Chiesa sia stata compromessa dal comportamento del gesuita in questione, e se alcuni fedeli abbiano subìto qualche forma di abuso e danno. In ogni modo, il denunciato è invitato per un colloquio sulle accuse con il suo Superiore Maggiore (o con le persone delegate da lui per farlo in suo nome).
Dopo di questo, il Superiore Maggiore può fare tre scelte.
- Egli può, sulla base della sua autorità religiosa (CIC Can. 129 e seguenti), imporre al gesuita ogni tipo di restrizione ministeriale (limitata o totale). Può anche obbligarlo a trasferirsi in un luogo specifico per un periodo di tempo determinato o indefinito.
- Se il dossier mette in evidenza degli atteggiamenti che sono motivo di dimissione necessaria (c. 695) o facoltativa (c. 696) dall’istituto religioso, il Superiore Maggiore può decidere di avviare un procedimento di dimissione dalla Compagnia di Gesù. Naturalmente, la persona interessata ha il diritto di essere assistita e di difendersi in questo procedimento. Se si tratta di un motivo di dimissione facoltativa, ha anche la possibilità di ravvedersi dopo aver ricevuto l’ammonizione stabilita dal c. 697. In questo caso, la procedura di dimissione non può andare avanti. Da notare che, per questo tipo di procedure che non sono penali, la prescrizione non è contemplata.
- Se gli atteggiamenti denunciati corrispondono a un delitto che non è di competenza del DDF, il Superiore Maggiore può decidere, sulla base del CIC Can. 1720 ecc., di avviare un procedimento penale amministrativo. Anche questo procedimento può portare, tra l’altro, alla dimissione dell’accusato. Tuttavia, per certi delitti, il Superiore Maggiore alla fine del processo può anche decidere di non procedere alla dimissione dall’istituto, ma di adottare altre misure.
Decisione del Delegato DIR
Il Superiore Maggiore di p. Marko Rupnik, p. Johan Verschueren, dopo aver letto il rapporto e l’intero dossier fornito dal Team Referente – che si vuole qui ringraziare di cuore per l’enorme e delicato lavoro compiuto – conferma che la varietà delle testimonianze ricevute, unite, a quanto già conosciuto, dimostra come le stesse debbano essere prese in seria e piena considerazione.
Dopo aver quindi preso in esame l’intero dossier consegnato dal Team Referente, dopo aver ben considerato le conclusioni e le raccomandazioni di questo, dopo aver consultato i documenti presenti nei diversi archivi della Compagnia, egli dichiara che è sua ferma intenzione procedere con alcune misure che assicurino che situazioni analoghe a quelle riferite non abbiano a verificarsi.
Intende quindi promuovere un procedimento interno alla Compagnia ove lo stesso p. Rupnik possa fornire la propria versione dei fatti (cosa che non ha fatto nei confronti del Team Referente, sebbene invitato). Questo procedimento potrà sfociare in un provvedimento disciplinare.
In vista di questo procedimento interno, e in forma cautelare, ha reso più rigide le norme restrittive nei suoi confronti vietandogli per obbedienza qualunque esercizio artistico pubblico, in modo particolare nei confronti di strutture religiose (come ad es. chiese, istituzioni, oratori e cappelle, case di esercizi o spiritualità). Quindi, tali restrizioni si aggiungono a quelle già attualmente in vigore (divieto di qualunque attività ministeriale e sacramentale pubblica, divieto di comunicazione pubblica, divieto di uscire dalla Regione Lazio).
Sottolinea che, come Compagnia di Gesù, abbiamo il dovere di affrontare seriamente questi casi e altri simili che si sono presentati e si presentano, a rispetto e tutela della verità e della giustizia per tutte le parti in causa. Voglio una volta di più insistere, come ho fatto e farò in diverse circostanze, che, come membro della Compagnia di Gesù, sento il dovere di affrontare seriamente questo caso e altri simili che si sono presentati e si presentano, per rispetto e tutela della verità e della giustizia per tutte le parti in causa. In ogni caso, vogliamo avere davanti a noi la chiara possibilità di un cammino che persegua il pieno riconoscimento della verità dei fatti da parte dei responsabili e un percorso di giustizia per il male fatto.
Il p. Marko Rupnik è stato informato della natura e del contenuto delle accuse, e pure è stato informato della decisione presa. Il Team Referente ha così anche inviato alle persone denuncianti e ai testimoni notizia di questa decisione da parte di padre Verschueren.
Ogni nuovo sviluppo d’importanza nella vicenda sarà reso noto attraverso comunicazione sul sito www.jesuits.global.
Che un insigne prete sia un abusatore da lungo tempo e che ci siano coperture nei sacri palazzi è già successo. Il problema non è neanche che tale prete sia di un ordine o di un altro, che sia un progressista o un conservatore. Il problema è il clericalismo di fondo che va combattuto. Va data una soluzione sistemica. La sinodalità e la provvisorietà degli incarichi possono limitare di molto gli abusi.
Dopo il dolore per le vittime, quanta tristezza di fronte alla sete di giustizialismo e vendetta dimenticando di distinguere tra l’errore e l’errante, tra il pensiero e la vita, tra le opere e il quotidiano…
Cosa potevamo aspettarci da uno che ritrae il Signore, senza gli occhi??? E tutti le persone, colluse, che hanno riempito le Chiese italiane di questi obbrobri?
Un gran polverone ma stringi stringi ho l’impressione che ci sarà un insabbiamento che fa troppo comodo e lascia l’amaro in bocca
Che le accuse siano credibili lo sapevamo gia’ . Ma le domande irrisolte restano : Chi e perche’ ha tolto la scomunica. Rupnick? Chi e perche’ lo ha chiamato a tenere gli esercizi spirituali alla Curia DOPO la scomunica ? Chi e perche’ ha protetto in tutti questi anni ( trenta anni ) Rupnick? Chi e perche’ ancora oggi ,dopo tutto quello che si sa, lo tratta con particolare benevolenza ? Se la Compagnia di Gesu’ e i vertici della Chiesa vogliono essere CREDIBILI quando affermano di lottare per la trasparenza, la giustizia dovuta alle vittime di abusi, devono rispondere a queste domande , non fare finta di nulla.