Fra qualche giorno la Compagnia prenderà una decisione drastica rispetto al caso Marko Rupnik (cf. qui). Una apposita commissione è al lavoro a livello centrale.
L’informazione è confermata da un intervento alla televisione slovena dal provinciale p. Miran Žvanut il primo febbraio: «Presso la curia dei gesuiti è in corso un processo. È stata formata una squadra di persone provenienti da vari ambiti che ora stanno raccogliendo ulteriori informazioni sui presunti abusi. A metà febbraio (queste persone) terranno una conferenza stampa dove presenteranno lo stato attuale del processo su questa questione» (Il sismografo, 3 febbraio).
È possibile che riguardi sia la sua persona, sia l’opera da lui avviata, il Centro Aletti.
La Compagnia prende distanza
La vicenda ha profondamente scosso la Compagnia di cui sono segno la lettera pubblica di p. Gonzales Faus (cf. qui) come anche il comportamento della curia generale e della provincia slovena. Il provinciale si era dapprima espresso, non tanto a difesa di Rupnik, quanto contro l’enfasi dei media.
Successivamente (6 gennaio) c’è stato un severo commento ufficiale: «Siamo rimasti profondamente scioccati dalle testimonianze pubbliche di suore che hanno accusato p. Rupnik di varie forme di violenza e abusi. Crediamo nella sincerità delle suore e delle altre vittime che hanno parlato della loro sofferenza e di altre circostanze relative all’abuso emotivo, sessuale e spirituale da parte del nostro confratello. È evidente che, come provincia (religiosa), in passato non siamo riusciti ad ascoltare le vittime o a prendere le misure appropriate per chiarire le cose e porre fine alle sofferenze. Accettiamo e comprendiamo pienamente l’indignazione, la rabbia e la frustrazione delle vittime e dei loro cari».
«Confidiamo che il difficile cammino del pentimento e della purificazione, gonfio di delusioni, difficoltà, dispiaceri, rabbia, vergogna e dolore, ci conduca gradualmente a un rafforzamento della fede autentica e a una profonda comunione all’interno della comunità ecclesiale».
In precedenza (21 dicembre) erano intervenuti i vescovi sloveni: «Con grande dolore e costernazione seguiamo le scoperte di abusi di vario genere da parte di p. Rupnik, perpetrati durante un ampio periodo di tempo e dei quali noi vescovi sloveni attualmente in carica siamo venuti a conoscenza mediante i mezzi di comunicazione. Avendo i superiori della Compagnia di Gesù confermato la veridicità dei fatti, condanniamo tutte le violenze psicologiche, sessuali e spirituali commesse da p. Rupnik, nonché il grave abuso nel sacramento di riconciliazione».
I vescovi alludono ai due processi canonici del caso: uno legata alla “confessione del complice” e un secondo alle denunce di alcune consacrate e della comunità Loyola (cf. qui).
La vicenda ha direttamente coinvolto i vertici della Compagnia, dal preposito generale p. Arturo Sosa, al responsabile per le opere in Roma p. Johan Verschueren. L’università Gregoriana ha deciso il 10 gennaio di annullare la collaborazione di p. Rupnik a tutte le attività accademiche: insegnamento, tesi e programmi futuri. Una scelta drastica che non riguarda la collaborazione delle consacrate del Centro Aletti.
Il suo nome è scomparso anche dai molti incarichi rivestiti nel Vicariato di Roma, come anche da una ipotizzata rettoria che avrebbe ospitato una comunità di preti ispirati all’esempio del Centro Aletti. Per quanto riguarda l’Annuario vaticano la cosa sarà possibile solo nella prossima edizione.
Le parole di Francesco
Il dato più eclatante è rappresentato dalle parole di papa Francesco nell’intervista concessa all’Associated Press del 25 gennaio. Conoscendo i buoni rapporti con Rupnik il giudizio espresso è particolarmente severo: «una persona molto limitata che, a volte, è potente», «una sorpresa per me, davvero. Una persona, un artista di questo livello, per me è stata una grandissima sorpresa e un dolore, perché queste cose fanno male».
Riafferma la presunzione di innocenza e la prescrizione come strumenti giuridici di civiltà e di rispetto, ma ammette la necessità di scavare di più nei casi di adulti vulnerabili. Richiama il primo giudizio sul caso della “confessione del complice” che «è stato risolto. Non so come, ma è stato concordato nel senso di un mutuo accordo. Penso che il risarcimento sia stato pagato, ma l’accordo non mi è chiaro, ma è stato risolto. Ma nel frattempo nasce quello dei venti o trent’anni in Slovenia. In altre parole, si diffonde, ci si accorge di trovarsi di fronte a una persona molto limitata che, a volte, è potente».
Non esclude nessuna conclusione: «Alcuni devono uscire dallo stato clericale perché non possono continuare in una situazione pastorale di questo tipo». E davanti alla domanda diretta di un suo coinvolgimento nel caso Rupnik è drastico: «Non ho avuto niente a che fare con questo. L’ho sempre inviato lì (al tribunale “naturale” ndr.), perché era iniziato lì, quindi lascio che lo finiscano lì. Dovrò vedere se p. Rupnik fa appello. Perché deve fare appello qui (in Vaticano ndr.), ma non l’ha fatto, non l’ha fatto. Se l’appello va alla Dottrina della fede, lì diventa (responsabilità) del Vaticano».
Nel frattempo crescono le domande sia sull’evocato risarcimento (di chi? verso chi?), sia su chi abbia firmato la remissione della scomunica, sia su come comportarsi con gli scritti e le opere musive presenti in centinaia di chiese cattoliche e non.
Quest’ultimo aspetto appartiene ad una corrente di “damnatio memoriae” o “cancel culture” che si sta diffondendo. Cosi scrivono i vescovi sloveni: «Stante questa tragica consapevolezza, vi chiediamo di distinguere fra i suoi atti inammissibili e da condannare, e il suo straordinario lavoro sia nell’ambito dell’arte del mosaico che nell’ambito della riflessione teologica».
Il caso non sarebbe esploso se fossero mancate le testimonianze delle vittime, la cui voce è stata ripresa da molti, in particolare dal giornale Domani.
Da questa storia rimane sorprendentemente fuori la “Comunità Falò” (“Skupnost Kres”) , ora diventata “Comunità Slovena di Vita Cristiana” (SSKŽ) (“Slovenska Skupnost Krščanskega Življenja” – https://jezuiti.si/project/slovenska-skupnost-krscanskega-zivljenja-sskz/), di cui Marko Rupnik era assistente spirituale e di cui faceva parte anche Ivanka Hosta prima di passare entrambi alla “Comunità Loyola”…
Purtroppo sono quanto mai addolorata… Ma che cosa dobbiamo pensare a questo punto di QUESTA GERARCHIA ECCLESIASTICA, sembra non ce ne sia uno che si salvi… Mi vien da dire che IL DIAVOLO E’ GRANDE alla pari quasi di DIO! Spero non aver scritto una bestemmia… ma sono davvero molto ma molto addolorata. Che dire di MONICA MONDO con le sue trasmissioni strabilianti con Padre Marko Ivan Rupnik? Una cosa che non mi da pace, sinceramente, e prego il Signore che gli doni il coraggio e la forza di confessare un male così grande e aver saputo per di più nasconderlo per anni interi… Una cosa di cui non so proprio raccapezzarmi, solo lacrime mi scendono agli occhi, pensando anche alla mia Mamma, che non c’è più, ma che diceva NON CE N’E’ UN ALTRO!!! Incredibile, non so cosa direbbe ora… Signore abbi pietà di noi! Soprattutto dei preti, vescovi, cardinali e tante altre persone, abbi pietà!!!
Ovviamente sono addolorato per tutte le vittime e i loro familiari
Volevo solo dire… pensiamo a Caravaggio! Arte e vita non sempre vanno d’accordo, anche se direi: poniamo fine al proliferare dei mosaici di Rupnik (il troppo stroppia). Resti invece l’interrogativo sul Centro Aletti o altro che lo abbia avuto come referente. Jean Vanier docet.
Caravaggio e compagni d’arte, anche se erano genio e sregolatezza non erano sacerdoti e non facevano catechesi. Sarebbe bene non confondere le questioni.
Il Rupnikgate potrebbe contribuire a scoperchiare il vaso di Pandora degli abusi in Italia. Dispiace che nel suo caso le vittime abbiamo dovuto attendere anni e il sostengo di un giornale per far sentire la propria voce e smascherare le malefatte del noto artista-gesuita. Di casi simili temo ce ne saranno sempre di più. L’assordante silenzio della Cei è imbarazzante, specie se paragonato ai più incisivi per quanto dolorosi percorsi di presa di coscienza e di responsabilità degli altri espiscopati (vedi Francia, Germania e Portogallo). Eppure sarebbe così opportuno, giusto e catartico assumere la responsabilità di tale realtà e “convertirsi”. Cosa che personalmente spero facciano nche a Rupnik e al centro Aletti
Questa è una storia bruttissima.
La vera questione la pone l’Autore:
“crescono le domande (…) su chi abbia firmato la remissione della scomunica”.
Già, chi ha firmato?
E su ordine di chi?
La risposta è chiara: non lo sapremo mai.
Ma certo, come nel caso Mc Carrick: nessuno sapeva nessuno sospettava, e il papa è rimasto sorpreso! Oh che sorpresa! Io non c’ ero e se c’ ero dormivo. Se i vertici della Compagnia di Gesù e della Chiesa pensano che le vittime e i fedeli si accontentino di queste vaghe e imbarazzate auto-giustificazione hanno fatto male i loro calcoli. Ognuno, ad ogni livello fino al più alto, deve pagare per aver chiuso un occhio, coperto, occultato. Non basta una “commissione”: le persone chiedono giustizia!
Pienamente d’accordo.
Il Credo del popolo di Dio “Credo la Chiesa..” è traballante, vacilla. Siamo guidati da gente che ha smesso di credere in Dio.. “caproni” che ci avvelenano il cammino. Che vergogna!!
Seguivo molto Rupnik ed ho molti libri scritti da lui… La sorpresa, la delusione e il dolore che mi ha dato mi ha lasciato per giorni scossa.
A qualcuno potrebbe venir voglia di chiosare il Credo in questo modo: “Credo che la Chiesa sia una, santa, cattolica…”
… anch’io lo seguivo e anch’io ho alcuni suoi testi … che dolore nell’apprendere queste notizie.