«Forse anche tu hai l’impressione che nella tua vita qualcosa non vada come dovrebbe, e non importa quanto guadagni, quanto sia grande la tua casa e tu sia ammirato dai tuoi amici, a volte avverti un senso di vuoto che non può essere colmato dalle cose che hai lavorato sodo per ottenere, pensando che ti avrebbero reso felice. Quando tutto è diventato così complicato? Quando ti sei accorto che il tempo a disposizione non era sufficiente per quello che dovevi fare? (…) Se questi interrogativi ti suonano familiari, forse dovresti leggere questo libro. È stato scritto per bambini dagli otto ai cento anni». Lo scrive lo scrittore peruviano Sergio Bambarén nel suo ultimo libro, Beati i sognatori, recentemente presentato in Italia (nell’Aula consiliare di Trevignano Romano).
Nato nel 1960 a Lima, in Perù, appassionato di surf, laureato in Ingegneria Chimica negli Stati Uniti (Texas), Bambarén è stato per anni manager di una multinazionale a Sydney. Viaggiando in Europa da esperto surfista, alla ricerca dell’onda perfetta, su una spiaggia portoghese gli accade di fare l’incontro che gli cambierà la vita: un delfino solitario, che gli fa scoprire il significato profondo dell’esistenza e gli ispira il suo primo romanzo, Il delfino (1996), che sarà tradotto in più di 25 lingue.
«Ero ingegnere chimico e lavoravo in Australia per una multinazionale: guadagnavo bene, avevo tutto. Ma la sensazione di sentirsi superiore a tutti, di essere un vip è come una droga, diventa un atto di superbia», scrive Bambarén, riconoscendo come ormai viveva per lavorare e sentiva di aver perduto la sua libertà e il senso della vita. «Le persone mi ammiravano ma io mi sentivo in una gabbia dorata di cui non riuscivo a trovare l’uscita. Un giorno ero a Singapore e avevo appena chiuso un ottimo contratto per la multinazionale per cui lavoravo; stavo peggio del solito, ascoltai il cuore che mi parlava e mi dissi: “Sergio, se non prendi ora la decisione di lasciare non lo farai mai più”». Firma così le sue irrevocabili dimissioni, avvertendo di avere recuperato la sua vita. «Potevo riprendermi il tempo per fare quello che volevo».
Lucida la sua analisi delle illusioni che ci minacciano, con un progresso tecnologico pervasivo che rischia di allontanare dalla dimensione spirituale della vita. «Pensavo che le cose materiali mi avrebbero portato la felicità (…). Ora credo che non siano poi così necessarie e che se pensiamo solo a quelle la vita comincia a sfuggire. Perché vogliamo possedere tante cose materiali se quelle importanti sono altre?». Nei suoi romanzi è contenuta una decisa critica della mentalità consumistica dominante, che egli ha deciso di contrastare facendo una scelta di vita controcorrente. «I centri commerciali sono diventati le nostre nuove chiese, con la televisione che ci bombarda quotidianamente con pubblicità di cose non necessarie. Con meno oggetti mi sento più libero: tutto è più semplice e più bello, non ho bisogno di gareggiare con gli altri, competo solo con me stesso. Ecco, il contatto con la natura mi ha mostrato quanta bellezza ci sia nelle piccole cose. E adesso che giro il mondo per parlare dei miei libri vedo che praticamente ovunque la gente comincia ad accorgersi che è stanca di cose materiali, sente il vuoto e inizia a pensare al lato spirituale della vita».
In mondo competitivo come il nostro, “perdere tempo” è ritenuto soltanto negativo. «Ma io sono felice di farlo perché l’oggi è il giorno più importante della mia vita; il futuro è per i sogni». Bambarén ama ripetersi due frasi: non lasciare che le paure ostacolino la strada dei tuoi sogni; e nella vita – che devi considerare come il dono più grande che hai ricevuto – «devi avere tempo per vivere»; ma devi anche «saper perdere tempo…».
Sergio Bambarén, Beati i sognatori, Sperling & Kupfer, Milano 2016, pp. 168, € 15,90.