Dopo una campagna elettorale turbata da vicende giudiziarie e da un attentato; dopo il clima di incertezza che prevaleva sabato scorso, lunedì 24 aprile la Francia si è risvegliata con due candidati al secondo turno delle elezioni presidenziali: Emanuel Macron e Marine Le Pen. Entrambi non sono passati per le primarie della sinistra, o della destra, o del centro. Chi li sostiene è debolmente rappresentato nell’Assemblea nazionale. I due grandi blocchi della destra e della sinistra sono rimasti entrambi «orfani», è la prima volta dal 1962, in una elezione presidenziale, che è il «pezzo forte» della democrazia francese.
Marine Le Pen accede per la terza volta al secondo turno. Rappresenta una tradizione nazionalista, identitaria e fortemente anti europea. Con il 21,5 per cento dei voti al primo turno, le sarà difficile essere eletta al secondo, in calendario per il prossimo 7 maggio.
Il rigetto dei blocchi di destra e di estrema destra è un fatto inedito. Eppure è l’immagine dei mutamenti politici recenti che si sono registrati anche in paesi come l’Italia, la Spagna, il Belgio e, almeno in qualche misura, anche in Germania. Per citare solo i paesi più vicini alla Francia.
Dando il voto a Emanuel Macron e al suo nuovo partito En Marche, una formazione né di destra né di sinistra, che si è ritrovata dopo il primo turno in testa con oltre il 23 per cento dei suffragi, i francesi aprono al giovane politico la strada verso l’elezione come presidente al secondo turno.
Ci si può meravigliare. Può stupire la sua giovane età – 39 anni – e può stupire anche la scomparsa (annunciata) di molte personalità politiche degli anni recenti. Ci si può stupire ancora se si pensa alla storica difficoltà della Francia a essere governata dal centro. Eppure, è l’orizzonte europeo più ampio che ci permette di approfondire l’analisi.
In Europa la democrazia invoca un rinnovamento delle élite politiche e annuncia il rifiuto delle abituali divergenze. Questa nuova coscienza politica che va emergendo, e che prima di tutto si trova espressa in una preoccupazione per l’ecologia, sta trovando via via una piattaforma di consenso più ampia. Essa si esprime per contrasto, e spesso per opposizione, all’ascesa dei nazionalismi. Di fronte alle sfide enormi dell’economia, dello sconvolgimento climatico, della disoccupazione o dell’immigrazione, emerge l’appello a forme di governo di unità nazionale.
Tale aspirazione si era espressa nella forma della «coabitazione» quando la durata della presidenza francese era di sette anni e quella del Parlamento di cinque. La classe politica, riducendo il mandato presidenziale a cinque anni, ha voluto darsi i mezzi per una politica di parte coerente dentro un progetto liberale o social-democratico, opponendosi, le due parti, almeno in termini di discorsi elettorali. Le poste in gioco hanno condotto a effetti che gli elettori non hanno più accettato, avendo maturato la sensazione che i loro voti non venissero alla fine rispettati.
Come altrove in Europa, gli elettori hanno così scelto di rinnovare il personale politico, di passare a una nuova generazione, di creare le condizioni per una più ampia unità nazionale realista di fronte alle sfide che attendono il paese. Diamo speranza e fiducia a questo tempo nuovo che si apre in un mondo incerto.