L’imminente canonizzazione di Giacinta e Francesco, i due fanciulli veggenti di Fatima, è un buon motivo per la nostra gioia e per la meditazione. Innanzitutto, per il fatto inedito di vedere canonizzare fanciulli di così tenera età, al di fuori del contesto del martirio. Canonizzando questi fanciulli, la Chiesa e il mondo di oggi ricevono e mandano un segnale.
La prima cosa che salta agli occhi è il valore della vita invisibile di Giacinta e di Francesco. Non erano eroi famosi né conoscevano la popolarità delle reti sociali di comunicazione. È stato concesso loro di vivere intensamente un’esperienza di fede che li sorprese, nella visione che ebbero, oltre la loro competenza per esprimerla o per condividerla. Questo è un puro evento della grazia divina che agisce dove vuole e come vuole. La santità dei fanciulli è più gratuita e più misteriosa di quella degli adulti.
Il secondo punto che possiamo mettere in evidenza è la valorizzazione nuova dell’infanzia. È verità che Gesù pose le basi dell’affermazione del valore umano della vita infantile. Canonizzando Giacinta e Francesco, la Chiesa riceve un chiaro segnale divino nei confronti della dignità dei fanciulli per assumere un impegno con il futuro nei confronti della comprensione e della cura dell’infanzia. Questa non è soltanto un periodo di mancanza di maturità, ma è un’età degna tanto come le altre. L’infanzia ha la sua perfezione e la sua santità.
Infine, la santità di Giacinta e Francesco è un esempio e un richiamo a tutta la Chiesa. Ognuno di loro ha un profilo spirituale proprio nel cammino della santità. Francesco era più portato per la contemplazione e per l’adorazione in quanto affascinato dalla bellezza di Dio e del suo amore. Giacinta viveva più la compassione di darsi a favore dell’umanità per i sofferenti, per il santo padre e per la conversione dei poveri peccatori.
In sintesi, siamo davanti a due piccoli/grandi santi simpatici, guidati dalla richiesta della Madre del Cielo “ Volete offrirvi a Dio?…” e dalla risposta “Sì, lo vogliamo”. Sta qui il segreto e la molla della loro santità che anche oggi irradiano come «due candele che Dio ha acceso per illuminare l’umanità nelle sue ore oscure e inquiete», secondo l’espressione di san Giovanni Paolo II.
dom Antonio Marto
vescovo di Leiria-Fatima
[Testo a cura di Francesco Strazzari]