Emmanuel Macron, presidente della Repubblica da domenica 14 maggio, ha nominato un primo ministro martedì 16 maggio e un nuovo governo giovedì 18 maggio. La volontà del nuovo presidente è chiara: fare un governo di unità nazionale, trasversale ai partiti democratici tradizionali e aperto alla società civile che si può qualificare come governo di unità nazionale.
Questo governo, ristretto a 18 membri, è composto da socialisti, da membri del nuovo partito En marche, da centristi e da repubblicani di destra, ma è anche largamente aperto alla società civile con Nicolas Hulot all’ecologia e Jean-Michel Blanquer, direttore generale dell’ESSEC come ministro dell’educazione nazionale.
Si tratta chiaramente di una rifondazione dei partiti politici e del personale politico. I due grandi partiti di destra e di sinistra da cui erano usciti i due ultimi presidenti: Nicolas Sarkozy per i repubblicani e François Hollande per i socialisti, che furono tutti e due “impediti” di presentarsi, sono chiamati a mettere in atto una rifondazione di se stessi o una metamorfosi. I prossimi mesi e le elezioni legislative dell’11 e del 18 giugno saranno una prima indicazione di queste evoluzioni.
Almeno un terzo degli elettori ha tuttavia dato il voto a candidati populisti non democratici, cioè a Marine Le Pen per il Fronte Nazionale e a Jean-Luc Melanchon per gli usciti insubordinati. Bisognerà stare attenti per vedere se questo governo nazionale che li esclude può stare in piedi dopo le elezioni legislative e, soprattutto, se queste correnti raggiungeranno rappresentanze legislative con un numero significativo di deputati.
Il carattere europeo di questo governo è chiaro. Basta vedere ciò che avviene nei due principali partner della Francia: la Germania e l’Italia e, se si aggiunge il Benelux, bisogna ammettere una certa saggezza dei membri fondatori dell’Unione Europea.
Non vi è in Francia una tradizione esplicita significativa di Democrazia Cristiana, ma i cattolici sono presenti in questo governo. Per dimenticanza o per prudenza hanno fatto sì che la famiglia non fosse nominata nei titoli dei ministeri.
I due artefici di questo progetto, Emmanuel Macron ed Edouard Philippe, si conoscono e si stimano. Sono usciti da due famiglie politiche tradizionali: socialista e repubblicana, hanno entrambi un’esperienza nelle imprese, hanno avuto ambedue grandi mentori che li considerano come “figli spirituali”. Si può sottolineare queste filiazioni: François Hollande si riconosce nel giovane Emmanuel Macron che fu suo consigliere e suo ministro e Alain Juppé si ritrova in Edouard Philippe che fu suo fedele direttore nella campagna elettorale.
Va ritenuto un’illusione questo rinnovamento politico? La tradizione biblica può farci luce con l’audacia di un profeta come Geremia 31,29-30: «In quei giorni non si dirà più: I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati. No! Ciascuno morirà a causa del suo peccato e, se qualcuno mangia uva acerba, i suoi denti saranno allegati».
Bisogna semplicemente augurare alla Francia che la generazione di Emmanuel Macron e di Edouard Philippe possa riuscire nella necessaria riabilitazione della politica e nel rinnovamento della gouvernance.
Hugues Derycke è prete della “Missione” e direttore di ESSEC