Papa Francesco sta pensando di dedicare un incontro del Sinodo dei vescovi alle istanze dei popoli indigeni della regione amazzonica, ha detto un arcivescovo peruviano.
Mentre la Chiesa continua ad aiutare i popoli indigeni dell’Amazzonia, che comprende il 63% del Perù, gli sforzi devono proseguire, «rivitalizzare» la Chiesa e il suo operato nella regione, ha detto l’arcivescovo Salvador Piñeiro Garcia-Calderon di Ayacucho, presidente della Conferenza episcopale del Perù.
«Il santo padre ci ha detto che vorrebbe un sinodo per i popoli amazzonici in Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia e Brasile», ha detto mons. Piñeiro al quotidiano L’Osservatore romano.
In un’intervista pubblicata il 16 maggio l’arcivescovo ha detto che i vescovi peruviani hanno incontrato papa Francesco in un colloquio di due ore e mezza il giorno 15 maggio, durante una visita ad limina, alla quale sono periodicamente invitati i vescovi in Vaticano.
La sfida dell’evangelizzazione di comunità remote è stato uno dei temi principali che i vescovi hanno discusso con il papa, ha detto mons. Piñeiro.
Tra i problemi affrontati dai vescovi, ha detto, c’è la difficoltà di raggiungere fisicamente le popolazioni indigene. Ad esempio, benché parte della medesima provincia ecclesiastica, un vescovo sta a 5 ore di distanza e un altro a 17.
«È più facile incontrarsi a Roma», ha detto a L’Osservatore romano. «È una regione non facile e il papa ne è molto preoccupato».
Come nazione, ha detto, «abbiamo voltato le spalle» alle popolazioni indigene e siamo rimasti «insensibili alle loro sofferenze, alla loro emarginazione».
La Chiesa, ha commentato, è stata l’unica voce a pronunciarsi a difesa dei popoli indigeni dell’Amazzonia. All’inizio del 1900, san Pio X aveva denunciato con forza i maltrattamenti delle popolazioni native nelle piantagioni di caucciù del Perù, ha detto mons. Piñeiro.
Un sinodo, ha affermato, espanderebbe il messaggio e rinsalderebbe gli sforzi di evangelizzazione attuali.
«È difficoltoso evangelizzare la popolazione indigena», ha detto. «Recentemente, i semi hanno cominciato a dare frutto. Alcuni dei miei confratelli vescovi di quella regione hanno imparato a parlare le lingua indigenza, per farsi prossimi alla popolazione».