L’ha spiegato ancora una volta Andrea Segrè uno dei maggiori esperti di agroeconomia – ordinario di politica agraria internazionale e comparata all’università di Bologna e di economia circolare a Trento dove è anche presidente della Fondazione Edmund Mach (S. Michele all’Adige) – nel suo ultimo libro («Mangia come sai. Il cibo ci nutre o ci consuma?» Editrice Missionaria Italiana, pp. 96, € 9,00).
Con lo spreco alimentare si potrebbe sfamare il 30% della popolazione del nostro pianeta, dato che 1/3 del cibo prodotto a livello globale finisce nella spazzatura. In Italia quello che viene letteralmente buttato via dalle nostre tavole ricche vale l’1% del Pil, l’equivalente di 16 miliardi di euro, tanto che l’Osservatorio Waste Watcher valuta lo spreco in 145 kg a famiglia, circa 360 euro.
E nel mondo di oggi il numero degli ipernutriti ammonta a quasi il doppio dei denutriti (800 milioni di persone).
Nonostante tutto è possibile nutrirsi al di là della logica consumistica, insegna Segré – fondatore 20 anni fa di Last Minute Market (spin-off dell’ateneo bolognese per il recupero degli scarti alimentari della grande distribuzione), di Fico Eataly World e del Centro agroalimentare di Bologna e presidente del Comitato scientifico del piano nazionale di prevenzione dei rifiuti del Ministero dell’Ambiente – ricordando che l’atto del mangiare rappresenta un’azione al contempo agricola, economica, ecologica, etica e politica.
Ed è la politica ad essere chiamata in causa per porre un freno a una situazione a dir poco irrazionale del nostro mondo industrializzato: il 50% della popolazione mondiale potrebbe nutrirsi in maniera sufficiente soltanto con i nostri sprechi alimentari.
Risoluzione del Parlamento europeo
E una risoluzione del Parlamento europeo dal titolo Efficienza delle risorse: la riduzione dei rifiuti alimentari, migliorare la sicurezza alimentare (prima firmataria l’eurodeputata croata Biljana Borzan) è stata discussa e approvata a metà maggio a larga maggioranza.
Nella UE, si stima che vengano sprecati ogni anno 88 milioni di tonnellate di cibo e in media ogni cittadino europeo getta circa 2 kg di alimenti a settimana: uno scandalo, hanno riconosciuto i parlamentari a Strasburgo che nel testo invitano la Commissione a presentare una proposta legislativa entro la fine del 2020 per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030 e, come tappa intermedia, istituire un obiettivo di riduzione vincolante del 30% entro il 2025.
Una decisione coraggiosa accolta con soddisfazione dai vescovi accreditati presso l’Unione Europea che in una dichiarazione pubblicata a firma di padre Olivier Poquillon OP, segretario Generale COMECE, ricordano come negli ultimi anni papa Francesco abbia pronunciato ripetutamente parole forti contro lo scandalo dei rifiuti alimentari e criticato aspramente la cultura dell’usa e getta «ancora più riprovevole quando purtroppo ovunque nel mondo si muore di fame e molti individui e famiglie che soffrono di malnutrizione» (riferimento al Discorso di papa Bergoglio al Parlamento europeo il 25 novembre 2014). «Non si può tollerare aveva detto il papa — che milioni di persone nel mondo muoiano di fame, mentre tonnellate di derrate alimentari vengono scartate ogni giorno dalle nostre tavole».
I vescovi COMECE
I vescovi europei sottolineano a questo riguardo anche l’urgenza di una nuova cultura alimentare e dell’uso stesso delle risorse in linea con l’enciclica sociale Laudato Si’.
«Dal momento che il 53% dei rifiuti alimentari nella UE si verifica all’interno delle famiglie, il compito più importante è quello di aumentare la consapevolezza degli europei sulle conseguenze sociali e ambientali dello sprecare cibo commestibile. Occorre diffondere ulteriori informazioni sulle migliori pratiche per l’acquisto e lo stoccaggio di prodotti alimentari e per l’utilizzo degli avanzi. A questo proposito possono svolgere un ruolo importante tutte le iniziative locali. Parrocchie, movimenti e associazioni ecclesiali possono aiutare molto in questa direzione». Nell’ottica del buon samaritano, conclude la dichiarazione del segretario COMECE, anche la proposta di una modifica europea sull’IVA, di un uso mirato delle nuove tecnologie per facilitare donazioni di cibo e il lavoro delle organizzazioni non-profit e dei servizi sociali, che lavorano per la distribuzione di alimenti. «Un’autentica priorità in Europa a tutti i livelli».
«Non sappiamo più se il cibo ci nutre o ci mangia», scrive Segré nell’ultimo libro presentato a Bologna dall’arcivescovo Zuppi che parlava di dono. Da una parte stiamo consumando le risorse del pianeta per via di modelli di produzione e di consumo insostenibili, dall’altra stiamo consumando le risorse economiche dei nostri sistemi welfare per via del lievitare delle spese sanitarie legate dalle malattie connesse alla malnutrizione. E in più assistiamo ormai all’accaparramento della terra a livello mondiale (denunciato come land grabbing) o, per quanto riguarda l’Italia, troppo spesso anche al ricatto delle eco-agro-mafie (il cibo contraffatto vale 60 miliardi di euro, quasi il doppio dell’export alimentare).
«Esiste una macchina più grande di noi che ci chiede solo di produrre, acquistare, consumare, scartare, sprecare – dice Segré che il 2 giugno coordinerà anche un incontro sul tema alla 12° edizione del Festival dell’Economia a Trento –. Ma dobbiamo forse considerarla come inevitabile?».
Economisti, politici e anche i vescovi sembrano indicare una strada contro lo spreco.