È morto il 31 maggio all’età di 84 anni il card. Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore emerito della Chiesa greco-cattolica in Ucraina. Personalità di spicco, eccellente cultura teologica, sensibile spirito pastorale. Con un’idea fissa: il riconoscimento da parte della Santa Sede del Patriarcato greco-cattolico. Non aveva peli sulla lingua. Lo voleva ad ogni costo, ma non fu ascoltato. Lo diceva già nel 2001 quando lo incontrai a Kiev: «I nostri rapporti con la Santa Sede sono i rapporti di comunione di una Chiesa locale sui iuris, cioè di una Chiesa che gode di autonomia interna, sebbene i nostri rapporti in questo senso non siano ancora a livello della legge e del diritto canonico previsti nel Codice dei canoni delle Chiese orientali. Per ragioni storiche, ma negli ultimi anni per motivi pastorali, abbiamo rinnovato alla Santa Sede la richiesta che questa nostra Chiesa locale sui iuris venisse riconosciuta come Patriarcato».
Perché un Patriarcato greco-cattolico?
Gli chiesi su che cosa fondasse la richiesta: «È basata su due ragioni complementari, una di carattere pastorale e l’altra di tipo ecumenico. La nostra Chiesa potrebbe agire come una Chiesa orientale a pieno diritto, cioè secondo la tradizione, perché l’arcivescovado maggiore è una forma conosciuta in Oriente, ma non è la forma tradizionale. Infatti, quando si parla di una Chiesa sui iuris, in Oriente si pensa subito a un Patriarcato. Il secondo aspetto è di carattere ecumenico. Per poter trattare con gli ortodossi dobbiamo dare loro una prova che, nella Chiesa cattolica, la tradizione e i diritti orientali vengono pienamente riconosciuti. È stato un punto controverso per molti secoli e, soprattutto ultimamente, essi dicono che queste Chiese dell’uniatismo sono metà latine e metà orientali. Noi orientali dobbiamo esistere in una forma pienamente orientale. L’esistenza di un Patriarcato orientale cattolico sarebbe una forza per aiutare un eventuale avvicinamento e nel futuro, forse non tanto prossimo, un ritorno all’unità cristiana».
Del Patriarcato non si parlò esplicitamente nel corso del viaggio apostolico in Ucraina dal 23 al 27 giugno 2001 di Giovanni Paolo II, che fu un grande successo, nonostante fosse stato osteggiato dalla Chiesa ucraina del Patriarcato di Mosca.
Il 1° febbraio 2008 Benedetto XVI ricevette in visita ad limina i vescovi greco-cattolici dell’Ucraina. L’ultima era avvenuta nel 1937. Due anni più tardi, Stalin, dopo l’occupazione della parte occidentale del Paese, iniziava a perseguitare ferocemente i greco-cattolici fino ad arrivare, nel marzo 1946, a decretare la “liquidazione dell’Unione” proclamata nel 1596 a Brest tra i vescovi della metropolia della Rus’ di Kiev e la Sede di Roma e a costringere i fedeli greco-cattolici ad unirsi alla Chiesa ortodossa russa.
Lubomyr Husar, rivolgendosi direttamente al papa, tornò ufficialmente a richiedere per la Chiesa greco-cattolica ucraina il riconoscimento del Patriarcato: «Ci permettiamo di chiedere nuovamente per la nostra Chiesa il riconoscimento del Patriarcato atteso in modo crescente dai nostri fedeli, memori dell’insegnamento di Gesù: “Bussate e vi sarà aperto” e anche dell’invito rivoltoci più volte dal suo venerato predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo II: “Insistete, insistete, perché ne avete il diritto e verrà il momento opportuno”». Papa Benedetto non diede risposta.
Un laboratorio ecumenico
In un’intervista concessa a Il Regno (5 dicembre 2008) Lubomyr Husar ritornò sulla questione del Patriarcato unico delle tre Chiese ortodosse e della Chiesa greco-cattolica, riproponendo la sua nota tesi: «Le tre Chiese ortodosse e noi greco-cattolici facciamo parte della tradizione di Kiev, che ha una storia millenaria. Abbiamo celebrato il 1020° anno di fondazione. È nata come un’unica Chiesa. Purtroppo nella storia successiva, anche recente, quest’unico ceppo ecclesiale si è spaccato: il nostro auspicio, il nostro desiderio è di favorire un ritorno all’unità primigenia. Questo richiede anzitutto un unico capo, un unico patriarca come sempre per le Chiese orientali. Un capo significherebbe l’unità e noi, come greco-cattolici, vorremmo che tale patriarca fosse in comunione piena con il successore di Pietro, perché per noi tale comunione è un articolo della nostra fede (…). Un unico Patriarcato sarebbe un avvicinamento all’unità. Per questo proseguiamo l’obiettivo di un solo Patriarcato per l’Ucraina (…). Siamo anche geograficamente collocati tra i centri di Roma, Costantinopoli e Mosca e, in un certo senso, sentiamo come una vocazione a essere quello che Giovanni Paolo II indicava come un laboratorio ecumenico».
Di fatto, Lubomyr Husar si è comportato come un vero patriarca e le strutture ecclesiastiche della Chiesa greco-cattolica continuano ad avere tutto di un Patriarcato autonomo. La nuova sede a Kiev è una meraviglia.
Il 25 marzo 2011, Benedetto XVI confermò Sviatoslav Schevchuk nuovo arcivescovo maggiore di Kiev-Halych, eletto dal sinodo dei vescovi greco- cattolici ucraini riuniti a Leopoli.
Il 10 febbraio 2011 Lubomyr Husar si era dimesso per motivi di salute. Era divenuto totalmente cieco.
Schevchuk, 41 anni, era ausiliare dell’eparchia di Santa Maria del Patrocinio a Buenos Aires, molto stimato dall’arcivescovo Bergoglio.
La drammatica situazione dell’Ucraina non consente per ora che i sogni di Lubomyr Husar si avverino. Le Chiese cristiane vivono continuamente in forte tensione.