Padre José Luis Narvaja, professore presso la Facoltà teologica di San Miguel (Buenos Aires, Argentina), ha scritto recentemente un saggio dal titolo “Il significato della politica internazionale di Francesco” (cf. La Civiltà Cattolica n. 4009, 1/15 luglio 2017) sul pensiero politico di papa Bergoglio. Interessante per comprendere la strategia del papa nella difficile trattativa in corso con la Cina.
Il recente saggio di padre José Luis Narvaja sul pensiero politico di papa Bergoglio[1] fornisce delle linee guida in cui comprendere anche la strategia del papa nella difficile trattativa in corso con la Cina e le sue ricadute a livello globale.
Narvaja sottolinea che, per Bergoglio, la politica è la scienza di costituire e mantenere la polis, l’unità dell’organizzazione sociale. In ciò egli individua quattro principi del papa per conseguire «il bene comune e la pace sociale» (Evangelii gaudium EG 217-237).
«Essi sono: “Il tempo è superiore allo spazio” (EG 222-225); “L’unità prevale sul conflitto” (226-230); “La realtà è più importante dell’idea” (EG 231-233); “Il tutto è superiore alla parte” (EG 234-237). In primo luogo, “il tutto è superiore alla parte». Il bene comune e la pace della polis sono legati al tutto e non a una sola parte: non a una qualsiasi delle parti, ma a tutte le parti. Il messaggio del papa si rivolge a tutto il popolo di Dio, perché è inclusivo. Sappiamo bene che la tensione tra il tutto e la parte crea conflitti, che minacciano tale unità quando tendono a favorire qualcuna delle parti. Quando si verificano i conflitti, allora viene messa alla prova l’intenzione dell’agire politico, cioè si comprende se esso miri al bene comune o solo a quello di una parte. Il papa afferma che ogni conflitto deve essere risolto a un livello superiore, nel quale venga rispettata l’unità, cioè il tutto».
La “società armoniosa”
Questo ultimo principio oggettivamente appare simile a quello confuciano recuperato dal presidente Hu Jintao della società armoniosa (hexie shehui).[2]
La società armoniosa, in realtà, in Cina è un passo fondamentale per superare il principio marxista della lotta di classe. Esso invece mira a una pace sociale da ottenere stemperando i conflitti e gli scontri sociali. La lotta di classe non era stato in realtà lo strumento con cui il Partito Comunista era arrivato al potere, sollevando l’odio degli oppressi contro gli oppressori come postulava il filosofo di Treviri.
Il PC arrivò al potere su posizioni nazionaliste: ergendosi nella fantasia popolare come il vero combattente antigiapponese e antimperialista nella guerra civile contro Tokyo, invasore della Cina dal 1937. La lotta di classe, invece, diventò lo strumento di governo di Mao una volta che il PC arrivò al potere dopo il 1949.
Ciò accadde a varie riprese, agli inizi degli anni ’50 nella “riforma terriera” in cui i braccianti agricoli vennero aizzati a linciare i proprietari terrieri e i contadini poco più ricchi di loro; durante la “campagna contro la destra” nel 1957, quando centinaia di migliaia di intellettuali marchiati come “destri” vennero mandati in campi di lavoro in campagna a rieducarsi; e durante la Rivoluzione culturale (1966-1976), quando tutti i funzionari di governo comunisti vennero perseguitati insieme agli eredi del vecchio regime. La lotta di classe fu usata da Mao come mezzo di governo e di controllo interno.
Hu Jintao, invece, cambiava rotta e poneva le basi per una nuova concezione sociale, in cui le stesse classi non avrebbero dovuto essere prese in considerazione per favorire l’armonia complessiva della società. Ciò era da certi punti di vista paradossale, perché, quando Mao usò l’argomento della lotta di classe, le classi in realtà non esistevano più e certamente non c’era lo scontro sociale; quando Hu promosse l’idea della società armoniosa, invece, le differenze sociali erano diventante molto marcate.
In realtà, era cambiato l’obiettivo ideale del governo. Con Mao le idee e i principi dovevano servire solo come mezzi per rafforzare la posizione di Mao al comando, senza curarsi in realtà della stabilità e del bene dello stato. Nella Cina di Hu, invece, il principio era diverso: occorreva cercare di mantenere una stabilità sociale e stemperare gli scontri per consentire al paese di andare avanti sulla strada dello sviluppo.
Questo atteggiamento adattava il partito al principio che esso aveva smesso di rappresentare operai e contadini, come ai tempi di Mao. Circa un decennio prima, infatti, il predecessore di Hu, Jiang Zemin,[3] aveva lanciato l’idea che il partito rappresentasse le forze sociali, produttive e intellettuali più avanzate. Esse potevano essere gli operai e i contadini in un determinato periodo, oppure gli imprenditori e gli scienziati in un altro periodo.
L’idea dei “Tre Rappresentanti” era stato un concetto ponte con il marxismo tradizionale, che accettava l’idea del partito come avanguardia, ma lo rendeva più astratto, lo storicizzava nei vari periodi. In realtà, rifletteva un pensiero non isolato del marxismo internazionale. Infatti, già Gramsci aveva scritto del partito ispirandosi a Il Principe di Machiavelli,[4] come un’avanguardia della storia. In questo lo aveva già sganciato dal suo rapporto necessario con la classe operaia.
La strategia di Francesco
Di fatto, quindi, il pensiero del papa si pone paradossalmente nel sentiero dell’evoluzione della teoria politica e sociale del partito comunista cinese.
Inoltre, il pensiero del papa, che si rivolge a tutto il popolo di Dio, per la prima volta espressamente non si rivolge solo ai credenti come era stato in passato. Nell’intervista del 2016[5] il papa si è rivolto a tutti i cinesi, non solo ai cattolici, che sono una minoranza minima, con grande realismo, applicando il principio che «la realtà è più importante dell’idea» (EG 231-233).
Tale convergenza è stata poi confermata dal fatto, assolutamente non banale o ovvio, che l’intervista del papa, è stata ripresa da centinaia di testate cinesi. Essa è stata tradotta e diffusa anche con articoli su Global Times (quotidiano semiufficiale, parte del gruppo del Quotidiano del Popolo)[6]e con trasmissioni televisive che hanno seguito con attenzione l’evoluzione dei rapporti bilaterali cercando di creare un consenso in Cina su questo ravvicinamento.
È evidente, in altre parole, che il presidente Xi Jinping riconosce l’importanza del cattolicesimo e che segue la questione con attenzione, come nessun altro suo predecessore aveva fatto. Il dono cinese al papa della copia della Stele cristiana di Xi’an, consegnato nell’agosto del 2016, afferma due cose:
– il cristianesimo è parte della tradizione culturale cinese antica, non è un innesto arrivato con il colonialismo occidentale dell’800, come affermava recentemente la propaganda ufficiale;
– il cristianesimo è parte della Via della Seta, quindi è costola integrante oggi della nuova politica estera cinese che, con Xi Jinping, ha lanciato appunto la sua nuova Via della Seta, la One Belt One Road.
Allo stesso tempo, però, rimane materia molto delicata. Il cattolicesimo resta infatti estremamente controverso per l’eredità della guerra fredda, quando la Chiesa aveva preso posizioni nettamente anticomuniste. Una parte del PC teme che la Chiesa sia una specie di “quinta colonna” dell’imperialismo internazionale che voglia entrare in Cina per sovvertirne l’ordinamento.
Davanti a questo pensiero cinese anche la Chiesa si è mossa con un importante articolo su Civiltà Cattolica[7] che, a sua volta, ha avuto un’eco molto positiva in Cina. Alla luce di questa convergenza progressiva rimane però la questione del perché, allora, non si sia ancora arrivati a una normalizzazione dei rapporti.
[segue]
[1] José Luis Narvaja Il significato della politica internazionale di Francesco, La Civiltà Cattolica 2017 III 8-15 | 4009 (1/15 luglio 2017) p 10.
[2] Si veda l’importante discorso del segretario generale Hu Jintao, citato anche qui http://www.cssn.cn/index/mingjia/mjzt/201706/t20170629_3564635.shtml , del 1° luglio 2011 per il 90° anniversario della fondazione del partito.
[3] Ba ‘sange daibiao’ zhongyao sixiang de xuexi guanche yinxiang shenru” (Deepen the study and implementation of the important thinking of the “Three Represents”), http://www.people.com.cn/GB/guandian/26/20030610/1014029.html
[4] A. Gramsci, Note su Machiavelli, Editori Riuniti, Roma, 1971
[5] Si veda www.atimes.com/at-exclusive-pope-francis-urges-world-not-to-fear-chinas-rise/
[6] Si vedano ad esempio www.globaltimes.cn/content/970460.shtml www.globaltimes.cn/content/1013626.shtml www.globaltimes.cn/content/1026075.shtml
[7] Si veda https://laciviltacattolica.com/may-2017/catholicism-in-21st-century-china/