L’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole primarie in Lussemburgo «è un grosso errore» ed è anche «un segno, una prova di debolezza». Così scrive Björn Odendahl nella pagina web di katholisch.de commentando la decisione del Parlamento del Granducato dell’11 luglio scorso.
Il Lussemburgo fa tabula rasa nel senso più vero del termine. I consigli scolastici in futuro rimarranno deserti – almeno quando si tratterà della fede. Invece della religione sarà insegnato “Vita e società”. Per il governo del Lussemburgo questa è una prova di debolezza. Infatti, se è vero che il Paese non è proprio la roccaforte della fede vissuta, tuttavia esiste sempre un 40% di popolazione che aderisce alla Chiesa.
Finora i genitori avevano questa scelta: il mio bambino deve o no imparare qualcosa sulla (sua) fede? Già da alcuni decenni esisteva accanto all’insegnamento della religione anche quello di una morale a-confessionale. Non c’era nessuna coercizione. Invece di lasciare le cose come stavano, ora il governo liberale impone alla popolazione – come è detto – la «visione di un programma scolastico religiosamente neutrale» e compie così un grosso errore.
Certo la religione e la fede possono essere bandite dalla scuola, ma non dalla vita degli esseri umani – e quindi neanche dalla società. Chi la pensa così ha una falsa idea della separazione fra Stato e Chiesa. La fede non potrà mai essere archiviata come qualcosa di astratto. Fa sempre parte del pensiero e dell’agire dei credenti. Quando noi aiutiamo gli altri nella vita di tutti i giorni, lo facciamo anche in quanto cristiani. E anche quando ci inseriamo nei dibattiti sull’eutanasia o sull’aborto, lo facciamo come cristiani.
Voler dichiarare la religione qualcosa che appartiene alla sfera privata non solo è semplicemente impossibile, ma toglie anche allo Stato e alla Chiesa la possibilità di agire come correttivo sociale. Cosa succede quando questo correttivo viene a mancare, lo vediamo quando gli imam del cortile accanto, invece di essere degli insegnanti musulmani di religione, si arrogano l’ultima parola in fatto di religione. E chi crede che il cristianesimo non sia altrettanto manipolabile, dovrebbe dare uno sguardo ai libri di storia.
Anche per quanto riguarda la Germania, dove non pochi invocano l’abolizione dell’insegnamento religioso, ciò che avviene in Lussemburgo dovrebbe essere di ammonimento. E uno stimolo per chiarire ciò che l’insegnamento della religione realmente è – e ciò che non è. Si tratta infatti di imparare qualcosa sulla fede e non di trasmettere la fede. Non è una catechesi. Si tratta di rispetto e di attenzione, non di indottrinamento o manipolazione. L’insegnamento della religione non danneggia una società sempre più secolare e pluralistica, al contrario la arricchisce. Così come le religioni.