Sr. Ruth Pfau era chiamata la “Madre dei lebbrosi”. Si è spenta serenamente il 10 Agosto in una clinica di Karachi, in Pakistan, all’età di 87 anni. Medico e suora, ha speso 55 anni a curare i malati di lebbra, guarendone oltre 55.000. Il presidente pakistano Mamnoon Hussain, saputa la notizia della sua scomparsa, ha affermato che la morte di Ruth Pfau rappresenta una notizia triste e una grave perdita per il Pakistan.
Cristiana e poi cattolica
Era nata nel 1929, quarta di cinque figlie, in Germania, a Lipsia. I suoi genitori appartenevano a una setta ed erano del parere che dovesse essere la persona stessa a voler ricevere i sacramenti, una volta diventata adulta. Compì gli studi di medicina a Colonia e a Bonn e durante quegli anni venne in contatto con la fede cristiana.
Nel 1953 chiese di ricevere il battesimo in una comunità studentesca protestante di Magonza. Due anni dopo passò al cattolicesimo.
Era una donna molto decisa. Diventando cattolica disse a se stessa che lo doveva essere fino in fondo “Tutto o niente” era il suo motto. Comprese anche che abbracciando la fede cattolica avrebbe dovuto farsi suora.
Nel 1957 si recò a Parigi ed entrò nella Congregazione delle Figlie di Maria, un istituto fortemente caratterizzato dalla figura si sant’Ignazio. «Qui – disse in un’intervista dello scorso 28 marzo 2017, raccontando la sua vicenda – mi sono sentita a casa. Senza questa comunità non sarei mai giunta in Pakistan».
E in Pakistan era giunta attraverso vie non programmate, dove si vede chiaramente lo svolgersi di un disegno di Dio su di lei. Nel 1960 era stata inviata dal suo istituto in India per lavorare come medico delle donne. Ma a causa di un problema riguardante il visto dovette fermarsi a Karachi. Ed è qui che venne a contatto con il dramma della lebbra.
L’incontro con i lebbrosi
Una sua consorella la condusse a visitare il ghetto dei lebbrosi della città. Ne rimase sconvolta: «I ratti – disse – rodevano letteralmente le mani prive di sensibilità, dei lebbrosi. Le condizioni igieniche in quel quartiere erano spaventose. Per me fu subito chiaro. Qui bisogna fare qualcosa e io deve dare il mio aiuto».
Questo primo incontro con i lebbrosi fu determinante per tutta la sua vita. «Allora – racconta nell’intervista – ero ancora giovane. E la forza l’ho potuta attingere dagli stessi pazienti. Mi era diventato chiaro che il mio aiuto in Pakistan sarebbe stato utile. Come suora non potevo contare sulle mie semplici forze, e oggi posso dire che è il Signore che mi ha voluto per questo lavoro. Io non mai avuto dubbi su questa scelta né mi sono mai pentita. Il lavoro con i malati di lebbra era quello giusto per me».
Racconta tra l’altro un episodio drammatico: «Una volta abbiamo salvato da sicura morte una ragazza che viveva come murata in un grotta di montagna. Oggi è guarita dalla lebbra, è sposata ed madre orgogliosa di cinque figli». «Storie del genere – commenta sr. Ruth – mi rendono particolarmente felice».
In questo suo luogo di lavoro ebbe l’occasione di incontrare anche Madre Teresa di Calcutta, che era venuta in Pakistan con il suo istituto desiderando di occuparsi dei lebbrosi. «Ma dopo esserci parlate, abbiamo concluso di non poter lavorare insieme: eravamo troppo diverse. Io come medico sono molto sistematica nel mio lavoro e diversamente organizzata. Io non so come lei lavorasse, e non voglio dire niente di negativo a suo riguardo. So soltanto che non dava molta importanza all’organizzazione e alla pulizia. Per me invece l’igiene costituiva la cosa più importante».
Una vita “pazzesca”
Le è stato chiesto nell’intervista se la vita vissuta sia stata un po’ verrückt, pazzesca. «Sì naturalmente – è stata la sua risposta – è un po’ pazzesco fare così. Ma il Signore non ci ha detto che dobbiamo vivere una vita logica. Io sono molto contenta di avere avuto questa possibilità di venire in Pakistan. Non volevo vivere un a vita noiosa, e il fatto di diventare cattolica mi è sembrata la garanzia di scegliere una vita appassionante. E con Dio, fino ad oggi non mi sono mai annoiata».
Ora riposa nel cimitero della città di Karachi, dove è stata deposta dopo una solenne santa messa nella cattedrale di San Patrizio.
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