Come aiutare i cristiani iracheni a tornare ai loro villaggi e allo loro case, dopo le devastazioni lasciate da tre anni di occupazione isalmista?
Il 28 settembre scorso è stata organizzata a Roma, presso l’Università Lateranense, una conferenza internazionale per cercare di rispondere a questo interrogativo. Al centro dei lavori l’esame di un Piano per il ritorno dei cristiani iracheni nella regione della “Piana di Ninive, elaborato dalla fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS).
Alla riunione hanno partecipato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, Alberto Ortega Martín, il patriarca caldeo di Babilonia Louis Raphaël I Sako, e il responsabile di Aiuto alla Chiesa che soffre in Medio Oriente, padre Andrzej Halemba. Erano presenti anche l’arcivescovo siro-cattolico di Mosul, mons. Yohanna Petros Mouche, e il metropolita siro-ortodosso di Mosul, Kirkuk e del Kurdistan, Nicodemus Daoud Matti Sharaf.
Si tratta di un impegno enorme: si è parlato di un vero e proprio “Piano Marshall” che prevede in una prima fase un costo complessivi di circa 250 milioni di euro per la ricostruzione di oltre 13.000 abitazioni danneggiate o completamente distrutte.
Durante la conferenza, presieduta dal cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di ACS, sono intervenuti, oltre al card. Parolin, anche il patriarca Sako e p. Halemba, al quale è spettato presentare il piano di ricostruzione. Sin dal 2014 la fondazione pontificia ha già stanziato oltre 35 milioni di euro per sostenere il progetto, che ha già permesso finora il ritorno di circa 3.200 famiglie cristiane.
Il card. Parolin nel suo intervento ha insistito molto sul concetto fondamentale di cittadinanza, sottolineando che i cristiani sono cittadini a tutti gli effetti dell’Iraq e non una minoranza protetta e conseguentemente emarginata. «Devono godere di tutti i diritti al pari di tutti gli altri cittadini. È ovvio quindi che debbano fare ritorno nelle loro case, ma si deve superare questo ostacolo».
Dopo aver auspicato che i cristiani iracheni possano «collaborare e aiutare la società irachena a ricomporsi e a vivere insieme», Parolin ha definito la loro presenza «fondamentale per un Medio Oriente stabile e plurale». «Purtroppo tale presenza diminuisce progressivamente a causa di coloro che partono in cerca di un futuro migliore». Il cardinale ha anche sottolineato l’importante aspetto ecumenico del piano. «Molto bello — ha dichiarato — che questo progetto di ricostruzione veda impegnate diverse Chiese».