Il 21 ottobre scorso s’è svolto a Venezia-Mestre, presso l’Istituto salesiano, il convegno Cism-Usmi del Triveneto con la partecipazione di circa 800 religiosi/e; tra di essi molti giovani consacrati che hanno presentato alcune loro esperienze significative.
Relatore che ha introdotto i lavori è stato il cardinale Prefetto della congregazione (CIVCSVA), João Braz de Aviz. Interessante il quadro entro cui ha collocato la sua proposta di riflessione: da un lato, il riferimento al concilio e, più vicini a noi, l’Anno della vita consacrata (VC – 2015) e il Giubileo della misericordia (2016), fortemente voluti da papa Francesco; ma anche, con riferimento al percorso del Triveneto, dall’Anno della VC all’incontro dei giovani religiosi svoltosi a Padova il 30 aprile scorso.
In comunione
Nel Triveneto – lo esprimeva già il titolo generale – la VC intende guardare al futuro nella comunione tra generazioni; e si sa quanto nelle attuali transizioni e ridimensionamenti sia importante il camminare insieme, o, se si preferisce “correre insieme”, come l’immagine scelta dei due discepoli, Pietro e Giovanni che, al mattino di Pasqua, corrono veloci per scoprire che il Signore è risorto.
Sono davvero immagini trainanti per i consacrati che tendono verso un amore più grande, animati da un fuoco interiore che non deve spegnersi nemmeno nei momenti di grande difficoltà.
«Corriamo anche noi insieme, come Pietro e Giovanni – ha esordito il cardinale – attratti dalla presenza del Signore crocifisso-risorto. Insieme: consacrati e consacrate, generazioni e culture diverse, numerose famiglie carismatiche, Chiese locali e Istituzioni civili. In questo nostro camminare insieme teniamo conto del cammino ecclesiale in vista del prossimo Sinodo dei vescovi con il suo tema: “Giovani, fede e discernimento vocazionale”». Ha richiamato il documento Per vino nuovo otri nuovi, edito dalla LEV e ormai introvabile, come riferimento immediato per affrontare, come recita il sottotitolo, le sfide ancora aperte.
Il concilio ha generato una comprensione nuova della VC, su cui certamente occorre lavorare ancora per farla percepire ecclesialmente in tutta la sua forza; ha evidenziato poi l’importanza del documento Iuvenescit Ecclesia e alla riscrittura ormai quasi pronta delle Mutuae relationes.
Il terreno su cui crescere insieme è «un approfondimento lucido delle relazioni tra vescovi e consacrati, alla luce dell’ecclesiologia e spiritualità di comunione e alla luce dei due principi coessenziali della Chiesa, gerarchia e carismi».
Ed ecco di fronte a noi tanti elementi che «ci spingono ad aprire nuovi percorsi… Siamo passati da situazioni monoculturali alla sfida della multiculturalità, con comunità internazionali presenti in ambienti sconosciuti o multireligiosi, inseriti in contesti difficili e a rischio di varie forme di violenza. In molti casi sono andati in crisi gli schemi formativi tradizionali. Queste novità percepite come ricchezza portano anche tensioni e generano una sensazione diffusa di fatica, con la conseguente tentazione dell’accontentarsi con strategie di sopravvivenza. Capiamo sempre di più che, da soli, non saremo capaci di realizzare questo necessario passaggio».
Le altre sfide
In tale contesto occorre puntare sulla priorità formativa, sulla vita fraterna e su una concreta testimonianza di discepolato anche in contesti nuovi o inesplorati, ma sempre in un orizzonte di comunione ecclesiale che si apre alla missione, come evidenziato dal concilio Vaticano II e in esperienze successive.
Il cardinale prefetto non ha mancato di evidenziare la riscoperta e la valorizzazione del “genio femminile” – grande risorsa presente in ogni diocesi, ma non sempre adeguatamente coinvolta nel quotidiano pastorale – o, come ha espressamente rilevato – «si corre il rischio di impoverire gravemente la stessa Chiesa, come ha detto papa Francesco».
Altre sfide aperte sono il servizio dell’autorità, un inserimento creativo nell’attuale crisi sia di fede che antropologica, una sapiente gestione dei beni, chiamata fortemente in causa in tempi di ridimensionamenti, dove un di più di ecclesialità aiuterebbe meglio tutti.
«Tre indicazioni del concilio Vaticano II in particolare sono al cuore della riforma della vita consacrata – ha concluso – in questo nostro momento della storia: la sequela Christi vissuta alla luce delle parole di Gesù con trasparenza di testimonianza; il ritorno al nucleo centrale del carisma dei nostri fondatori e fondatrici, lasciando cadere quelle cose che non sono essenziali; il dialogo continuo con l’uomo e la donna di oggi per aggiornarci continuamente sulle domande del nostro tempo. Un ruolo centrale tocca al necessario passaggio ad una spiritualità di comunione vissuta con intensa generosità e convinzione in tutte le direzioni dei nostri rapporti».