Inizia con questo contributo la rubrica «Verso il Sinodo sui giovani», firmata da don Armando Matteo per la rivista Vita pastorale. Il mensile per operatori pastorali, che con il numero di novembre 2017 ha cambiato veste grafica, intende accompagnare in modo significativo il cammino della Chiesa italiana in questa epoca di cambiamento. Ringraziamo il direttore per il consenso a pubblicare anche su SettimanaNews la rubrica di Armando Matteo.
Non avrebbe potuto essere più chiaro Francesco circa la svolta quanto mai necessaria da imprimere alle attuali prassi di azione pastorale rivolte alle nuove generazioni di quanto lo sia stato con l’Evangelii gaudium: «La pastorale giovanile, così come eravamo abituati a svilupparla, ha sofferto l’urto dei cambiamenti sociali. I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite. A noi adulti costa ascoltarli con pazienza, comprendere le loro inquietudini o le loro richieste, e imparare a parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono. Per questa stessa ragione le proposte educative non producono i frutti sperati» (EG 105).
Proprio su questo campo e più che mai urgente assimilare il suo monito e superare la stanca e rassicurante logica del «si è sempre fatto così», e a impostare con decisione un nuovo lavoro, in grado seriamente di comprendere le inquietudini e le richieste dei giovani e di parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono. Lungo tale sentiero appare suggestiva la proposta che ora il Documento preparatorio del prossimo sinodo sui giovani lancia: la proposta di una «pastorale giovanile vocazionale».
Com’è noto, ciò che caratterizza i lavori del prossimo sinodo sarà la scelta di far interagire la sempre più nota difficoltà delle nuove generazioni con l’universo della fede (è sempre il Documento preparatorio a sottolineare che la maggior parte dei giovani sta imparando a vivere «senza» il Dio presentato dal Vangelo è «senza» la Chiesa) con la decisiva questione, per i giovani, del proprio discernimento vocazionale. Ovvero con l’interrogativo cruciale sul tipo di adulto che si intende dare alla luce.
È qui che la società mostra il suo vero nervo scoperto: gli adulti – cioè coloro che hanno superato i 35 anni – sono sempre meno all’altezza della loro vocazione, cioè di quella disposizione d’animo che li renderebbe efficaci traghettatori delle nuove leve verso le sponde del mondo adulto. Non c’è studioso della nostra epoca che non sottolinei il fatto che, data la loro ritrosia ad assumere le qualità connesse alla loro età cronologica, gli adulti semplicemente scompaiono in quanto tali. E la nostra diventa una società composta da giovani (pochi) e da (numerosissimi) «falsi giovani».
Eppure, nessuno può diventare adulto senza la mediazione di un altro adulto, allo stesso modo in cui nessuno può passare ad una «fede bambina» a una «fede adulta» senza la testimonianza di un adulto credente. Assolutamente pertinenti sono, perciò, le parole del Documento Preparatorio del sinodo: «Il ruolo di adulti degni di fede, con cui entrare in positiva alleanza, è fondamentale in ogni percorso di maturazione umana e di discernimento vocazionale». Iniziare a pensare alla pastorale giovanile vocazionale significherà partire da questa nuova condizione in cui le nuove generazioni si trovano ad affrontare il loro cammino: quella di chi è chiamato a crescere in una società senza adulti.