Durante il sinodo che la Chiesa evangelica tedesca (EKD) ha tenuto a Bonn dal 12 al 15 novembre scorso, sul tema Zukunft auf gutem Grund (Il futuro su una base solida), il teologo e sociologo della religione di Münster, Detlef Pollack, ha affermato che la celebrazione liturgica domenicale dovrebbe durare al massimo 50/60minuti. Se la gente non viene in chiesa – ha detto – è perché non è soddisfatta dalla predica; non solo, ma soprattutto anche perché la domenica mattina ha anche altre cose che ritiene più importanti da fare. Secondo Pollack, si poterebbe agevolare la partecipazione se la celebrazione fosse più breve.
Una liturgia dignitosa
Felix Neumann e Julia Martin, due redattori di katholisch.de, sito internet della Chiesa cattolica tedesca, hanno voluto riflettere su ciò, da due punti di vista diversi, in relazione alle messe cattoliche. Si sono chiesti: «Le messe domenicali sono troppo lunghe oppure bisognerebbe prendersi del tempo per Dio anche se durano più a lungo?».
Neumann è sostanzialmente d’accordo con Pollack quando scrive che le messe dovrebbero durare al massimo 50/60 minuti. Cita, a questo proposito, una celebre frase di una lettera di Blaise Pascal in cui dice: «Ho scritto questa lunga lettera solo perché non avevo il tempo per essere più breve». È un’affermazione paradossale, ma che coglie nel segno e cioè fa capire che la lunghezza non costituisce un criterio di qualità. Tirare per le lunghe è facile. Difficile è, invece, venire a ciò che conta.
Se le cose stanno così, sottolinea Neumann, risparmiare un paio di minuti non serve a niente. Serve invece una liturgia dignitosa in cui la gente avverte che è preparata e celebrata bene: una predica non solo breve, ma anche accurata, che spiega la Scrittura e non fa brillare solo il predicatore. Le sue caratteristiche: fiducia nell’efficacia dei segni del Rituale, senza dover spiegare di nuovo ogni gesto e le parole solo quando sono necessarie e non come materiale di riempimento.
«Una messa così celebrata può solo essere breve, senza rinunciare a nulla» – sottolinea Neumann. In una parola: la brevità in se stessa non è un criterio di qualità, ma una messa che va all’essenziale è un’ottima celebrazione liturgica.
La messa: un dovere o un incontro?
Julia Martin non è del tutto d’accordo. Scrive: «È molto facile dire: una messa più breve è un’ottima messa» e cioè: liturgia della parola, omelia breve, liturgia eucaristica e tutti con tenti». Ma – sottolinea – «è un pericoloso giudizio sommario. Naturalmente ci sono delle celebrazioni lunghe in cui il prete nell’omelia divaga qua e là e tira per le lunghe senza necessità. Ma lasciano altrettanto insoddisfatte le messe dove regna la fretta. Non dovremmo mai cadere nel pericolo di proiettare nella messa tutte le frenesie della nostra vita quotidiana».
«Pollack – prosegue Julia Martin – ha detto al sinodo EKD che la gente la domenica mattina ha semplicemente altre cose più importanti da fare. E, quando viene, bisogna che venga sbrigata con una “messa light”? Per me questo non ha alcun senso. Perché così la partecipazione alla messa viene intesa solo come “un dovere da compiere” anziché come un volgersi a Dio».
«È proprio un incontro con Dio, come ci ha ricordato papa Francesco – sottolinea Julia Martin –. Dovremmo andare in chiesa cinque minuti prima, non per parlare, ma per prepararci alla messa. “Grazie Francesco!”. Io vorrei completare il discorso dicendo: lasciateci ancora seduti un paio di minuti; così da non dover scattare in piedi appena il prete mette piede in sacrestia. O non siamo più capaci di prenderci del tempo per pregare? La messa è soltanto un punto dell’agenda da segnare il più presto possibile con una crocetta? Questo non è il suo significato».
«Ciò che noi celebriamo nella messa e nell’eucaristia è talmente grande che il tempo in quel momento non può giocare alcun ruolo. Nella consacrazione, Dio si fa realmente presente. Noi ricordiamo la morte e la risurrezione del Signore. In questa celebrazione apriamo in maniera cosciente il nostro cuore a Dio e al suo amore misericordioso. Più a lungo ciò dura, tanto meglio. Dovremmo celebrare questo giorno in moto tutto particolare: con l’incenso e i canti, e soprattutto senza guadare l’orologio».