La Facoltà teologica del Triveneto ha inaugurato il suo 13° anno di vita il 12 dicembre 2017, nella sede di Padova, con la prolusione del card. Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, che è intervenuto sul tema “Il contributo delle Facoltà teologiche alla missione della Chiesa”. Sulla scia del pensiero di papa Francesco, il porporato ha fatto emergere un’immagine di teologia che non resta “a tavolino”, ma che si fa “in ginocchio”, aprendosi alla finalità evangelizzatrice nella reale e storica condizione in cui vivono gli uomini destinatari del messaggio di salvezza.
Nella costituzione apostolica Sapientia christiana (1979), Giovanni Paolo II ha dettato le norme circa le università cattoliche e le facoltà ecclesiastiche, evidenziandone il contributo diretto nel dialogo tra Chiesa e mondo, che fa parte della missione di evangelizzazione. In questo modo è stata superata una visione autoreferenziale e solamente accademico-speculativa di queste istituzioni.
Papa Wojtyla rispondeva all’invito del concilio Vaticano II che richiamava, tra l’altro, a porre una maggiore attenzione alla salvezza incarnata nella storia del mondo. Ed è proprio qui che l’excursus storico proposto dal card. Versaldi si è congiunto con il magistero dell’attuale pontefice, che mette in guardia contro un’interpretazione intellettualistica del ruolo della teologia (la cosiddetta “teologia da tavolino”, cf. Evangelii gaudium, n. 133), per aprirla invece all’intera finalità evangelizzatrice.
«Papa Francesco indica la via della Chiesa missionaria come la via per il cammino nei prossimi anni – ha spiegato Versaldi –. Questa trasformazione missionaria chiede una conversione, che il pontefice così sogna: “le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione” (EG 27)».
La stessa teologia è chiamata ad assumere il paradigma fondato sulla constatazione della reale e storica condizione in cui vivono gli uomini destinatari del messaggio di salvezza. In questa direzione si cammina annunciando in modo semplice l’essenza del vangelo, che è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto; utilizzando un linguaggio adattato alle diverse culture per poter esprimere la permanente novità del vangelo; annunciando il vangelo con lo stile dello sguardo di Gesù, che all’intelligenza unisce l’ardore del cuore; infine, con l’attenzione spirituale, oltre che con l’impegno, nel sociale: l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica.
«Quando afferma che “l’impegno evangelizzatore si muove tra i limiti del linguaggio e delle circostanze” – chiosa Versaldi –, papa Francesco applica il principio della gradualità del cammino di adesione alla verità e al bene, che rimangono nella loro oggettività, ma includono lo sforzo e le difficoltà di ogni soggetto per raggiungerli. Una Chiesa madre non rinuncia al bene possibile, anche se corre il rischio di sporcarsi con il fango della strada».
Anche la teologia, quindi, non dovrà mancare di autocritica né dovrà esporsi al rischio di non essere compresa, o di essere addirittura fraintesa, dai destinatari. La “teologia che si fa in ginocchio” – come l’ha definita il papa nel concistoro del 21 febbraio 2014 – sarà attenta a includere il soggetto nel processo di conoscenza della verità. Ciò è essenziale, in quanto «la conoscenza di Dio porta a scoprire che Egli è Amore e, di conseguenza, non si può comunicare questa verità senza l’amore che la definisce. Un amore che, di fronte alle debolezze umane, non si ritira, ma diventa misericordia».
Un’enunciazione «fredda e chiusa di verità di fede, anche se di contenuto ortodosso – ha sottolineato Versaldi –, non è adeguata a trasmettere il fuoco dell’amore di Dio agli uomini e facilmente si traduce in norme la cui osservanza è vincolante a prescindere dalle diverse situazioni concrete (morale casuistica). Mentre, quando la teologia diventa adeguata all’oggetto che studia (Dio-amore), allora da scienza si trasforma in sapienza».
La Chiesa – ha concluso il prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica – ripone alte attese nella investigazione teologica come valore in sé e come contributo nel necessario dialogo interdisciplinare con cui si realizza l’integrazione tra fede e ragione. «Questa è anche l’attesa (sovente non consapevole o addirittura rifiutata) della società secolarizzata e confusa in cui viviamo. Una “teologia in ginocchio” che sa integrarsi con la Chiesa locale in uno scambio di carismi preziosi a beneficio degli uomini del nostro tempo per costruire il regno di Dio a salvezza di quel mondo che Gesù è venuto non a condannare, ma a salvare».