«Star Wars VIII: Gli ultimi Jedi». La rinuncia dei maestri

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Quando nel 2012 The Walt Disney Company acquistò i diritti della serie ideata da George Lucas, avviando così la produzione di una trilogia sequel iniziata con Il risveglio della Forza (2015), era prevedibile che il nuovo corso di Star Wars avrebbe da una parte conservato e dall’altra rinnovato il franchise, allo scopo di avvicinare una nuova generazione di fan. Tuttavia con questo secondo capitolo della nuova trilogia il regista Rian Johnson alza il tiro e stravolge completamente quello che era stato il nostro modo di leggere le vicende di Star Wars, inaugurando così un nuovo corso della storia.

Attese

Il risveglio della Forza (episodio VII) aveva suscitato moltissime domande circa la mitologia che stava alla base della nuova trilogia: chi sono i genitori di Rey? Perché la ragazza è capace di padroneggiare la Forza senza addestramento? Chi è il leader supremo Snoke a capo del Primo Ordine? Cosa ha portato Luke Skywalker a ritirarsi in un esilio volontario?

Nell’arco di due anni i fan di tutto il mondo hanno ordito le più fantasiose teorie sulle origini di Rey e la possibile mitologia soggiacente alla nuova serie. La logica avrebbe voluto che le spiegazioni, o almeno una parte di esse, arrivassero con l’episodio VIII: ipotesi errata. Laddove Il risveglio della Forza induceva strategicamente l’attesa delle rilevazioni sulle origini di Rey e le vicende che hanno portato all’esilio di Luke, Gli ultimi Jedi sminuisce ogni possibile mistero.

L’origine negata

Nella saga di Star Wars è stato da sempre centrale il tema dell’origine e anche la lotta tra bene male ne è una conseguenza. La domanda sull’archè – da dove vengo, saprò essere meglio di coloro che mi hanno generato, potrò evitare gli stessi errori? – è uno dei motori narrativi che hanno sempre caratterizzato la serie. Episodio VIII nega invece l’importanza della mitologia o di un qualsiasi principio.

Kylo Ren, giovane rampollo del lato oscuro uccide il suo maestro Snoke, personaggio che questo film conferma essere unicamente funzionale all’ascesa del ragazzo ai vertici del Primo Ordine, nonché incarnazione di un passato che, come dice lo stesso Ren, va ucciso se si vuole essere liberi di essere ciò che si deve diventare. Ma l’impulso distruttivo nei confronti del passato, come negazione di un’autorità ingombrante, non parte da Ren. Il primo a volersi sbarazzare del passato non è il giovane e inquieto figlio di Han Solo ma il leggendario Luke Skywalker: lui è l’ultimo Jedi del titolo, l’ultimo Jedi dell’intera saga. É Luke a dire a Rey, ansiosa di ricevere i suoi insegnamenti, che gli Jedi devono scomparire.

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Rey (Daisy Ridley) e Luke Skywalker (Mark Hamil)

Emblematica a tal riguardo è la scena in cui Luke vuole dare fuoco all’archivio delle scritture jedi di cui era il custode, ma non riesce a compiere il gesto, bloccato da un timore reverenziale. Sarà allora il fantasma del maestro Yoda a distruggerlo, scatenando una tempesta di fulmini che consegna alle fiamme gli ultimi resti della religione jedi sotto lo sguardo attonito di Luke. I maestri hanno fallito, dirà Yoda, e le nuove generazioni si formano inevitabilmente sugli sbagli di questi ultimi. Ma la rinuncia dei maestri al loro ruolo, la consegna del loro sapere all’oblio, sbriciola per sempre la dignità e il valore del’archè. Ed è un evento epocale in una saga che ha fatto del rapporto tra maestro e allievo, padre e figlio, una delle sue colonne portanti.

Verso il futuro, senza maestri

Lo stesso discorso vale per il mistero creatosi attorno alle origini di Rey e alla sua capacità innata di usare la Forza. Le grandiose congetture sulla sua origine vengono drasticamente sminuite: il suo potere non deriva dalla discendenza ma è frutto della Forza stessa per riportare equilibrio nell’universo.

È la fine del mistero perché mai come prima nel mondo di Star Wars la Forza è riportata sul piano esclusivo della natura e dell’evoluzione.[1] In questo modo episodio VIII dichiara l’appartenenza di Star Wars a una concezione neo-pagana dell’universo che è anche fortemente anticristiana, perché lo scopo della battaglia è unicamente il raggiungimento dell’equilibrio. Ma quando questo è affidato alla volontà umana di utilizzare la Forza per il bene o per il male, la guerra non può che essere senza fine.

Gli ultimi jedi è un film tutt’altro che riuscito ma considerato il valore iconico di una saga come quella di Star Wars nella cultura di massa, il messaggio che questo nuovo capitolo rivolge alle nuove generazioni fa pensare: il futuro si costruisce sul fallimento dei maestri, da soli e senza una guida.


[1] Una cosa simile era accaduta per Anakin Skywalker in Episodio I. Il bambino era stato completamente concepito dalla Forza ma in questo caso il concepimento di Anakin veniva inserito all’interno di un contesto profetico che vedeva nel bambino il messia atteso per ristabilire l’equilibrio nella Forza.

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