Agrigento: la pastorale dell’“abitare”

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«“Abitare la comunità”, in continuità con l’esigenza di “ripensarla” (2016-2017) e in vista dell’impegno a “viverla” (2018-2019), è la sfida del Piano pastorale 2017-2018» – scrive il vicario episcopale per la pastorale di Agrigento sul Bollettino ecclesiale agrigentino di fine novembre 2017. Del resto, prosegue, «Abitare – terza “via” suggerita dal Convegno ecclesiale nazionale di Firenze 2015 per raggiungere le “periferie dell’esistenza”, insieme a quelle dell’uscire, annunciare, educare e trasfigurare – significa entrare pienamente nel cuore del Vangelo per riuscire a portarlo pienamente nel nostro vissuto quotidiano e nel vissuto di chi ci vive accanto. In questo consiste la vita e la missione della Chiesa che, nelle dinamiche specifiche del nostro tempo e nelle tensioni proprie del nostro territorio, siamo chiamati a incarnare».

Riconoscere Gesù. Incontrare la fragilità dell’umano.

Interessante è anche la scansione del Piano pastorale secondo i quattro tempi della liturgia, in cui, ad es., la quaresima è il momento in cui “riconoscere Gesù”, esperienza forte di fede per poi «condividere altrettante domande, tutte concentrate sulle “fragilità dell’umano”». Come si può vedere è un itinerario che invita, a partire da uno sguardo nuovo di fede, ad accostarsi alle tante fragilità dell’umano, che ha di fronte non solo i drammatici sbarchi a Lampedusa, parte della diocesi, ma anche le difficoltà-fragilità dei giovani e delle famiglie.

«Con uno sguardo nuovo» è dunque l’invito dell’arcivescovo card. Montenegro riportato fin dal titolo della sua Lettera pastorale e “Abitare la comunità” è il contenuto del Piano pastorale diocesano 2017-2018, scandito – come s’è detto – sui grandi tempi dell’anno liturgico e seguendo l’icona del ministero di Gesù a Gennesaret riportato nel Vangelo di Marco (Mc 6,53-56), quello che è appunto proposto a tutta la Chiesa in quest’anno B.

Inoltre, circa un anno fa (25/2/2017) ci fu l’indizione della visita pastorale “Il Signore benedirà il suo popolo nella pace”, che completa e integra un cammino di Chiesa fatto di ascolto (Dio e uomo-territorio) e di nuova progettazione di una presenza e testimonianza ecclesiale.

Parola d’ordine della nuova proposta, suggerita dall’icona evangelica di riferimento nonché dal magistero di papa Francesco, è “fragilità dell’umano”. Si tratta – precisa il vicario per la pastorale – «di tutte quelle situazioni di povertà, dalle quali nessuno può ritenersi esente, che Dio in Cristo ha scelto di raggiungere e riscattare e verso le quali continua a mandare la sua Chiesa per continuare l’opera di evangelizzazione e salvezza nella forza dello Spirito».

«Mentre vi scrivo – annota il card. Montenegro, che è anche presidente della Caritas italiana – ho davanti agli occhi i tanti volti e le tante storie che in questi anni della mia permanenza tra voi mi sono diventati familiari e che fanno ormai parte della mia vita. Il mio pensiero va anche ai tanti volti e alle tante storie che ho soltanto intravisto e appena conosciuto e a quelli che non ho ancora avuto modo di incontrare o che, per la fatica del confronto o le diversità di vedute, si sentono lontani. A tutti, uno per uno, vorrei che giungesse il mio abbraccio, insieme all’invito a rilanciare la sfida della comunione e della missione per la crescita del Regno di Dio: qui, ora e insieme!».

«Sono fermamente convinto che la forza rinnovatrice del Vangelo, che passa attraverso la vita e l’azione della Chiesa, ci chiede una forte presa di coscienza delle sfide da assumere. Solo radicando l’annuncio del Vangelo nella realtà e nelle dinamiche del territorio, infatti, potremo dare concretezza alla fede, prospettive alla speranza e consistenza alla carità».

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