Il curatore apre la serie dei tre contributi – già apparsi nel volume curato dallo stesso Salvarani, La fragilità di Dio. Contrappunti teologici sul terremoto, EDB, Bologna 2013 –, ricordando che la lettera inviata dal profeta Geremia agli esiliati a Babilonia (Ger 29) invita a cercare il benessere della nazione che li detiene prigionieri, perché dal suo benessere dipenderà il loro. Lo sconvolgimento dell’esilio (come quello del terremoto) può diventare un’occasione di ripresa della vita, di farne bottino, per creare spazi inediti di relazioni e di valori immutabili.
L’ebreo sefardita di origini bulgare Moni Ovadia – attore, scrittore e drammaturgo – ricorda come, secondo la tradizione ebraica, YHWH si domandi perplesso se il mondo che sta creando, dopo vari tentativi falliti, starà in piedi (“halevai sheyaamod – purché tenga”). Il Signore si “ritira” per far spazio alla sua creatura libera che può anche non corrispondere positivamente all’amore ricevuto.
La pastora battista Lidia Maggi si rifà al poema drammatico di Giobbe, che nella sua fragilità urla il suo perché a un Dio che non gli risponde in modo pienamente soddisfacente. Dio vuole che Giobbe stia in piedi, lo guardi in faccia e tenta di “spiegare” la presenza del male, non riuscendovi appieno. L’uomo non può conoscere tutto, ma il male non incontrollabile e… ci provi Giobbe, se ne è capace, ad eliminare tutti i malvagi della terra! Il Dio di Giobbe – e dell’intera Bibbia – è un Dio fragile perché ama, entra in relazione con l’uomo e il creato e resta aperto ad essere ferito dall’altro. Anche lui è un Dio fra le macerie, perché ha deciso di condividere tutte le peripezie tragiche della sua creatura.
Anche il teologo Piero Coda – preside dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano – sottolinea la fragilità di Dio rivelatasi pienamente nel Cristo sulla croce. Un Dio che ama è per forza un Dio “diversamente onnipotente”. Chi era Dio ed era presso Dio si è fatto carne, afferma il prologo giovanneo. E Gesù non rinuncia alla sua fragilità neppure nel suo ministero, durante il quale egli entra in relazione con le persone, piange, si commuove, si irrita e gioisce, rimanendo spesso ferito dall’incorrispondenza all’amore…
La riflessione sulla fragilità di Dio aiuta le persone a rimettersi in piedi dopo il terremoto fisico, ma – in più ampia prospettiva – contribuisce a dipingere il vero volto del Dio biblico. Non un dio potente e dispotico, fanatico e “fondamentalista”. Dio non è onnipotente alla greca, ma potente nell’amore ferito di un cuore aperto.
Brunetto Salvarani (a cura), Moni Ovadia, La divina perplessità; Lidia Maggi, Un Dio fra le macerie; Piero Coda, Il segreto della fragilità (Le ispiere s.n.), EDB, Bologna 2017, pp. 56, € 7,00. 9788810569078