È uscito da poco in Germania un libro, considerato un bestseller, di Erik Flügg, con il titolo provocatorio Die Kirche verreckt an ihrer Sprache (“La Chiesa soccombe a causa del suo linguaggio”). Il testo riflette su come dovrebbe essere l’annuncio della Chiesa.
Johann Pock, teologo e cattedratico austriaco, docente di teologia pastorale presso la facoltà cattolico-teologica dell’università di Vienna, ne ha ricavato alcune indicazioni partendo dalla convinzione che, da vario tempo, predicare è un’arte che non ogni prete possiede. Ma come fare in modo che una predica possa dirsi “buona”?
Le prediche (che possono essere omelie o altre forme di intervento nei servizi liturgici), scrive J. Pock, costituiscono una forma speciale di linguaggio spirituale nel contesto delle celebrazioni liturgiche. Papa Francesco si è espresso chiaramente al riguardo nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (135) dove afferma: “L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità di incontro di un Pastore con il suo popolo”.
A partire da questa affermazione, J. Pock ha ricavato per katholisch.de (20.02.2018) i seguenti cinque suggerimenti:
Sii appassionato
L’annuncio del Vangelo ha bisogno di predicatori gioiosi e appassionati. L’emozione e l’impegno non sono solo stimolanti per la comunità, ma anche per chi predica. Sento io stesso la gioia per la predica? Mi rallegro, come predicatore, di poter trasmettere qualcosa della mia fede? Mi infondono gioia i volti pieni di attesa e una viva comunità liturgica? La Buona Novella ha bisogno di un annuncio appassionato e di predicatori gioiosi. Le prediche non devono essere delle confezioni spirituali di pillole sonnifere e nemmeno dei tiepidi o riscaldati discorsi devoti. Si tratta piuttosto di una testimonianza, che non dovrebbe essere un martirio per gli ascoltatori, ma qualcosa in grado di esprimere il fuoco della fede del predicatore.
Conosci la Bibbia
La Bibbia rappresenta il punto centrale di partenza e di riferimento per le prediche. La comunità ha il diritto che esse siano biblicamente fondate. Non sono quindi delle lezioni scientifiche. La gente deve facilmente avvertire che il predicatore conosce la Bibbia. La Bibbia stessa con i suoi generi letterari ne offre un grandioso esempio: parabole, fiabe, cronache, lettere, discorsi giuridici, testi legali, prediche morali e racconti di miracoli, ossia un’intera vetrina retorica di scritti che invitano a immergersi nella lettura e stimolano all’imitazione. Anche a questo proposito vale il principio retorico: a chi non s’accorge di nulla, nulla entra nella mente. Predicare significa compiere abitualmente un viaggio di scoperta nella sacra Scrittura, considerare le diverse traduzioni e lasciarsi personalmente stupire dalla Bibbia.
Vieni al punto
Le prediche dovrebbero essere brevi e attraenti, come raccomanda papa Francesco. La “brevità” dipende di volta in volta dalla situazione. Papa Francesco parla di circa 10 minuti. Le abitudini di ascolto delle persone sono cambiate. La gente viene alla messa, a una celebrazione, e una parte di essa, anche se limitata, è costituita dalla predica. D’altronde, le prediche brevi hanno bisogno di una maggiore preparazione rispetto ai lunghi discorsi.
Nella brevità ci sono più aromi. Ma non necessariamente la brevità rende una predica “attraente”, quanto piuttosto la chiarezza e la comprensibilità dei pensieri. Un discorso plastico, capace di risvegliare delle immagini nella mente degli ascoltatori, è più piacevole di lunghe e astratte spiegazioni.
Sii te stesso
Una parola magica nella formazione alla predicazione è “autenticità” o – detto familiarmente –: “non si dovrebbe predicare acqua e bere vino”. Se l’annuncio e la persona sono in armonia tra loro, gli ascoltatori accetteranno anche la povertà di stile nel modo parlare e della sua struttura. Questo principio non significa tuttavia riprendere semplicemente le prediche degli altri. Le prediche sono un messaggio che deve aver attraversato la persona – e ciò si dovrebbe avvertire.
Fai attenzione alla situazione
Ogni predica si svolge in una determinata situazione – nella messa domenicale, o in una celebrazione sacramentale o in servizi occasionali. Secondo la teoria della comunicazione, un predicatore deve adattarsi ai suoi ascoltatori e non il contrario. Questo se vuole ottenere qualcosa, edificare, consolare e istruire. Perciò già la preparazione della predica deve essere adattata alla situazione (nelle parole di Rolf Zerfass ciò si chiama “bisociazione”, cioè il confronto con le diverse circostanze sociali).
Ma la predica ha anche bisogno di predicatori del giorno d’oggi. Ciò significa non solo avere la capacità di reazione di fronte ad una situazione inusuale, ma anche la fiducia che lo Spirito di Dio completa ciò che manca al predicatore.