«I dibattiti nella Chiesa sono necessari; non bisogna averne paura! Ma c’è un dibattito troppo acerbo, troppo forte, con l’accusa di eresia. Un’eresia è un tenace atteggiamento che nega un dogma formulato. La dottrina dell’indissolubilità del matrimonio non è messa in questione da parte di papa Francesco!». Così si esprimeva la settimana scorsa il cardinale Kasper in un’intervista a La Stampa: una profonda convinzione già ribadita nel suo ultimo libro appena tradotto in italiano dall’editrice Queriniana che ha per tema l’esortazione apostolica Amoris lætitia.
Non perché fosse necessario un altro testo per interpretare il pensiero del papa – spiega il cardinale nella presentazione –, ma per il fatto che l’esortazione, da parte di alcuni, è stata oggetto di un duro contrasto. Anzi, sembrerebbe addirittura che nessun’altra esortazione apostolica sia stata tanto attesa e, dopo la sua pubblicazione, abbia suscitato una discussione tanto vivace come l’Amoris lætitia (l’opinione pubblica ricorda i “Dubia” dei quattro cardinali, e poi lettere, interviste, conferenze…, frange minime se vogliamo, ma pur sempre da non sottovalutare).
Questo il motivo che indotto il cardinale tedesco – già arcivescovo di Stoccarda per dieci anni (il suo motto Veritatem in caritate), membro della Commissione teologica internazionale e di quella per il Dialogo cattolico-luterano e poi presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani – a ripercorrere «con amichevole affetto per tutti coloro che sono di opinione diversa» le parole di papa Bergoglio alla ricerca degli elementi essenziali del suo scritto nel contesto di una discussione fraterna. E dimostrare che una lettura scevra dai pregiudizi non può che riconoscere che l’Amoris lætitia non sia altro che «un rinnovamento creativo della tradizione» corrispondendo pienamente alla rinnovata visione del concilio Vaticano II su matrimonio e famiglia e al magistero dei due precedenti pontificati.
Perché è possibile leggere l’Amoris lætitia senza puntare immediatamente a quel capitolo VIII che ha suscitato le critiche dei più conservatori (o comunque degli oppositori irriducibili del pontefice), per il semplice motivo che l’esortazione apostolica post-sinodale di Francesco è molto di più.
Non riesce proprio a capacitarsi il cardinale che possa “passare” solo una lettura estremamente riduttiva del testo, limitata alla possibilità di ricevere l’eucaristia da parte dei divorziati risposati: «Di fronte alla situazione drammatica di oggi appare quanto mai grottesco che nella Chiesa la discussione sull’Amoris lætitia si aggrappi coi denti all’ottavo capitolo, anzi a un’unica nota dell’ottavo capitolo e, anche qui solo a un’unica frase (AL 305, nota 351)». Perché la questione dell’ammissione all’eucaristia da parte delle persone cosiddette irregolari «è indubbiamente “un” problema pastorale, ma non è “il” problema, e neppure è il tema globale dell’Amoris lætitia».
Non permettiamo, allora, che un’ostinata discussione riduttiva di un testo ricchissimo – dove «non c’è posto per l’accusa di eresia, prerogativa esclusiva del magistero, non di altri!» – impedisca di cogliere la provocazione e la sfida in essa contenuta.
La sfida è quella di una nuova gioia (lætitia) nella Chiesa, perché «vuole indicare in che cosa e come la Chiesa può contribuire positivamente alla riuscita dell’amore nella famiglia e nel matrimonio (AL 307)» e far sì che le persone trovino in quel contesto la loro felicità.
Per Kasper, Bergoglio ha ricollocato nell’orizzonte più ampio i molti problemi urgenti di oggi sul matrimonio e sulla famiglia e la grande maggioranza del popolo di Dio l’ha accolto con entusiasmo come «un liberante bel messaggio sulla gioia dell’amore».
Il cardinale – che aveva tenuto la relazione introduttiva al Concistoro del 20-21 febbraio 2014 in preparazione ai Sinodi sulla famiglia (anch’essa pubblicata da Queriniana) – riesce a smontare pezzo per pezzo le critiche degli irriducibili preferendo procedere “in positivo”, nel senso di far emergere i contenuti del testo e mostrando che, talvolta, si può anche parlare di novità, peraltro più metodologica che dottrinale.
Solo qualche esempio: troppo spesso si dimentica il processo che ha condotto alla stesura dell’esortazione, frutto non di uno, bensì di due Sinodi dei vescovi, preceduti da un’intensa preparazione e, per la prima volta nella storia della Chiesa, da una consultazione dei fedeli. «I padri e le madri di famiglia sono i primi esperti, sono loro ad avere l’“experientia”, l’esperienza, ed essi in primo luogo devono essere ascoltati».
Da questo, che viene definito «sondaggio in piena regola», anche se privo degli stretti connotati di scientificità (individuazione di un campione statistico, metodi di analisi ecc.), è apparso chiaro che «matrimonio e famiglia non sono affatto un modello di fine serie, ma ancora oggi un progetto di vita e che il messaggio della Chiesa su matrimonio e famiglia rispondono ad un profondo desiderio umano».
Ma c’è anche un elemento in più da non sottovalutare: all’inizio dei Sinodi, il papa aveva auspicato una discussione aperta, aveva invocato parresìa, franchezza ovviamente da accompagnarsi a umiltà e disponibilità ad ascoltare il pensiero altrui. Questo ha fatto sì che molte sezioni dell’esortazione apostolica siano addirittura un mosaico delle differenziate affermazioni espresse nel Sinodo: «Pertanto chi oggi avanza critiche, non critica solo il papa, ma si pone anche contro il pensiero della maggioranza di tutto l’episcopato». Chi ha orecchie da intendere, intenda, altro che accusare Bergoglio a livello personale!
L’elenco delle novità metodologiche – secondo Kasper – è molto lungo e comprende prevalentemente concetti a declinazione pastorale come quello di «matrimonio e famiglia come cammino» e della «pastorale del matrimonio come accompagnamento». Nel caso specifico, questa è da leggersi come una metafora che non rappresenta solo un artificio teorico, in quanto esprime qualcosa di assai più profondo: prendere le distanze da una morale fredda e da un ideale astratto di matrimonio e di famiglia per cogliere invece la realtà concreta della vita delle persone, qui e ora. E in questo cammino la parola di Dio non è una concreta indicazione di cammino, quasi una guida turistica, bensì una luce che rischiara.
Un cammino – continua il cardinale tedesco – non si percorre mai di corsa, perché la meta si raggiunge solo con la costanza dei piccoli passi, anche se non sempre regolari. Da qui l’importanza di un accompagnamento pastorale, all’insegna della pedagogia divina, che è pedagogia di misericordia. E una pastorale misericordiosa «non significa affatto una pastorale a prezzi ribassati, né una svendita della dottrina e della morale della Chiesa», in quanto procede esattamente come indicato nel Vangelo.
Il servizio decennale alla guida di una diocesi come quella di Rottemburg-Stuttgard – all’incirca 2 milioni di cattolici, quasi un terzo degli abitanti – emerge ad ogni passo della riflessione che, pur mostrando tutta la competenza del grande teologo, resta sempre aderente alla realtà delle persone. Come in quella sottolineatura, ripresa da Bergoglio, alla necessità quanto mai urgente di un accompagnamento in ogni momento della vita delle coppie, anche perché talvolta assistiamo pure a occasioni di accompagnamento sprecate (AL 230), come al battesimo del primo figlio o alla prima comunione, e così pure quando i figli si rendono indipendenti o alla morte di un coniuge (in una società che invecchia, si cura abbastanza la pastorale delle persone vedove, rendendole anche soggetti attivi nei confronti delle giovani coppie?).
Nell’ambito poi di un superamento definitivo di ogni demonizzazione o sospetto verso la sessualità e l’éros, nessuno può ignorare il rischio della vulnerabilità e della sua fragilità. È vero che ogni pastore d’anime conosce la difficoltà di far passare la ricchezza del sacramento del matrimonio a coppie giovani che scelgono di sposarsi in Chiesa (di qui la necessità di predisporre adeguati cammini di preparazione), ma ci si può consolare – commenta Kasper con la sua proverbiale ironia – «pensando che anche la Chiesa ha avuto bisogno di molto tempo per arrivare a riconoscere nel XII secolo la sacramentalità del matrimonio!».
E qui il cardinale giunge al tema della fedeltà, dove riconosce che «il papa riesce a mettere in luce nuova la dottrina della Chiesa»: nella promessa di fedeltà degli sposi Dio promette loro la sua fedeltà che sorregge la fragile fedeltà umana, la abbraccia, la rafforza e la porta a compimento.
Ma è soprattutto nel non detto, nel non voler entrare nella casistica e nel rigorismo privilegiando invece il discernimento e la scelta in coscienza che il cardinale punta l’attenzione per cogliere, non un ribaltamento della dottrina – come ipotizzano i detrattori – bensì una modalità nuova di affrontare le questioni relative alle coppie, come nel caso della comune responsabilità di mettere al mondo dei figli. Oppure nell’eventualità (sempre dietro l’angolo per la fragilità umana) di un fallimento e, nello specifico, dell’instaurarsi di una nuova relazione: l’Amoris lætitia non dà risposte dirette, spiega Kasper con pazienza didattica, per il semplice motivo che non esiste «un toccasana generale» e papa Francesco «preferisce piuttosto collegarsi alla tradizione del discernimento degli spiriti o della discrezione spirituale, una tradizione antica che è fondata nella Bibbia e percorre tutti i secoli».
Non si può mai scadere – aggiunge Kasper – in «una visione semplicemente bianco e nero» (cf. il canone 915 del CIC). Quando papa Francesco non sviluppa tutte le regole canoniche da applicare in ogni situazione concreta, ma non lo fa per debolezza («non è la via di un laissez-faire»), bensì perché mosso dalla consapevolezza che dai principi generali non si possono trarre regole universalmente valide.
L’esortazione non si conclude col capitolo VIII, ma con uno specifico sulla spiritualità e ciò fa comprendere, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quale sia l’interesse generale e la motivazione di fondo: la gioia della Chiesa nell’annunciare lo sguardo di Dio sull’amore umano, da lui espressamente voluto fin dalla creazione.
Ma non dimentichiamo – ricorda Kasper – quel magis («sempre di più»), di matrice ignaziana che il papa gesuita utilizza per descrivere l’alta via della libertà cristiana e della coscienza, uno dei concetti cardine del Vaticano II, forse da troppo tempo dimenticato. Un motivo in più per riprenderlo e farne tesoro per dischiuderlo in tutta la sua pienezza per il bene di ciascuno, leggi gradualità del cammino personale.
E allora, bando alle sterili discussioni – conclude Kasper – per, invece, «cogliere la provocazione dell’Amoris lætitia come un kairós, per trasformare l’epoca della misericordia inaugurata da papa Francesco in prosecuzione dell’opera dei suoi predecessori, non già in un’epoca di fatali conflitti, ma di nuova gioia (lætitia) nella Chiesa». Una «comunione di cammino di una Chiesa in cammino».
Walter Kasper, Il messaggio di “Amoris lætitia”. Una discussione fraterna, Ed. Queriniana, Brescia 2018, pp. 80, € 10,00.