Solo quelle eresie sono pericolose?

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Il mese scorso, la Congregazione per la dottrina della fede pubblica un documento importante: bisogna ribadire chiaramente che Gesù è la salvezza dell’uomo di fronte a Dio e al futuro di tutti. Sembra, infatti, che due eresie antiche, risuscitate oggi, lo neghino: quelle del pelagianesimo e dello gnosticismo.

La prima dice, in sostanza, che bastiamo noi uomini, con le nostre forze, a raggiungere Dio e la salvezza; noi certamente tanto potenti e progrediti possiamo prendere il posto di Gesù, al più ci basta il suo esempio.

L’altra eresia, invece, tende a ridurre la fede e la salvezza a una “gnosi”, ossia a una conoscenza puramente intellettuale della nostra celeste grandezza, che ognuno può scoprire in sé, al più con aiuti puramente intellettuali; scarso rilievo viene dato all’incarnazione del Figlio di Dio dentro la nostra vita umana concreta, anche corporea, carnale e materiale: insomma anche qui possiamo fare a meno del Cristo tradizionale.

Le Chiese – ribadisce la Congregazione per la dottrina della fede – sappiano riproporre, anche in questo contesto moderno, che la salvezza dell’uomo in rapporto a Dio e alla storia dipende innanzitutto da quell’uomo-Figlio unigenito del Padre che si chiama Gesù. Nulla da obiettare per chi è cresciuto nella fede dei primi cristiani e delle Chiese successive: cattoliche, protestanti, anglicane, ortodosse.

C’è però di che domandarsi: sono proprie quelle due eresie le più gravi oggi? Quelle infatti suppongono ancora almeno due verità di fondo:

1) Dio esiste e interessa;

2) Gesù, quello dei Vangeli, è una realtà storica indiscussa e indiscutibile, anche se volessimo reinterpretarlo o, addirittura, farne a meno.

Ma come la mettiamo con chi dubita, o addirittura nega, quelle due verità di fondo, compresa la realtà storica di Gesù e dei Vangeli, fino a lanciare l’ipotesi che Gesù non sia nemmeno esistito? E questi dubbiosi ci sono, anche tra le file dei tradizionali credenti, pelagiani o gnosticizzanti che siano.

E allora – se è così – bisognerà correggere il tiro, anche da parte della Congregazione per la dottrina della fede. E chiedersi: come dialogare e aiutare quei credenti-dubbiosi. Forse essi sono sedotti o scandalizzati dall’eterno problema del male e della relativa provvidenza del Padre, dagli scandali prodotti da Chiese e clero (non sembrano infatti affidabili e credibili come una volta), dalle indubitabili e speranzose capacità della scienza e delle tecniche moderne, da “maestri” anche di teologia che, varie volte, scombussolano la fede tradizionale senza terapie adeguate…

Se è così – e mi sembra che sia così – mi permetto di suggerire vie per risalire una china: ricercare vie verso l’esistenza di Dio e di Gesù, riflettere anche sulla tragica situazione dell’umanità intera e del progresso; rileggere in modo nuovo e riscoprire la luce dei Vangeli (Gesù almeno credeva in Dio!); ampliare lo sguardo dagli scandali al bene immenso presente nelle Chiese e nei singoli; comprendere e ascoltare le obiezioni salenti dal basso e accompagnarle con misericordia fino almeno a qualche tappa (e ciò già avviene, per fortuna, sia pure in sordina). Poi lo Spirito faccia il resto.

Un’esperienza recente: sto tenendo vari corsi sui Vangeli, davanti a gruppi di laici visibilmente interessati. Chiedo loro: con tutti i problemi di oggi, come mai questo vostro interesse per Gesù e i Vangeli? Risposta: questi sono i più veri problemi per noi.

Un altro vivo interesse che noto è quello per la Evagelii gaudium di papa Francesco. Per molti sembra una vera luce per l’esistenza nostra. Comprendere e cercare di guarire il nostro mondo contemporaneo è un’ardua impresa; ma almeno si può tentare qualche passettino. O no?

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