«C’è un senso di continuità nell’impegno a favore di un luogo che per noi è importantissimo, perché la Grotta dell’Annunciazione a Nazareth è il luogo fisico in cui Dio ha colmato la distanza che lo separava dall’umanità, incarnandosi, cioè facendosi uomo. E questo è stato possibile grazie alla disponibilità libera e personale di una giovane donna: Maria. Nazareth è il luogo dell’Ave Maria, un saluto diventato preghiera, che affiora sulle labbra di tantissimi cristiani»: la sintesi di fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa, esprime il significato tutto particolare che, fin dai primi secoli di cristianesimo, è stato attribuito ai Luoghi Santi.
Il «fiore di Galilea» – com’era chiamata Nazareth allora – ha rappresentato una tappa già per i più antichi pellegrinaggi al punto che, in una vita di sant’Elena del IX secolo, l’autore scrive che la madre dell’imperatore Costantino avrebbe cercato personalmente a Nazareth la casa dell’“Annunciazione”. Stando alle notizie pervenute, già nel VI secolo le due comunità, ebraica e cristiana, possedevano lì ciascuna il proprio luogo di culto.
Uno spazio tanto prezioso quanto fragile
Lo spazio fisico più prezioso era proprio quella piccola grotta (circa 5×6 metri), chiamata dai primi giudeo-cristiani la «Casa di Maria», per nulla dissimile alle altre umili dimore che, sfruttando le grotte sotterranee scavate nella roccia, popolavano il piccolo villaggio nell’anfiteatro naturale delle colline che scendono verso la piana di Esdrelon. Conosciuta come la “Grotta dell’Annunciazione”, quel luogo venne visitato negli anni da poveri pellegrini provenienti da tutta Europa, e anche da potenti, come il re di Francia Ludovico IX, che partecipò il 24 marzo 1251, portando una cospicua donazione, alla messa nell’antica basilica costruita a sua protezione, poi ristrutturata e ampliata nella forma attuale nel 1969, su progetto dell’architetto Giovanni Muzio.
Che si tratti dello spazio dove avvenne effettivamente l’annuncio dell’Angelo – e la dichiarazione di disponibilità di una giovane donna, come Maria – è ancora più probabile dopo la scoperta effettuata da un altro minore, padre Bellarmino Bagatti, a seguito degli scavi eseguiti a partire dal 1955: in quell’occasione venne portato alla luce un graffito con la scritta inequivocabile di Chaire Maria (Ave Maria, in forma abbreviata) considerato ormai la prova archeologica che permette di affermare che quella Grotta venerata dalla Tradizione sia stata proprio la “Casa di Maria”.
E quest’anno quel luogo ha assunto un rilievo tutto particolare in quanto lo spostamento della festa liturgica dell’Annunciazione al 9 aprile – a causa della concomitanza, il 25 marzo, con la domenica delle Palme – ha fatto sì che venissero ultimati alcuni lavori all’interno della Grotta e permettere la celebrazione solenne lo scorso 9 aprile presieduta dall’amministratore apostolico, padre Pizzaballa e, straordinariamente, anche con la presenza del Custode Patton e dell’arcivescovo metropolita emerito di Trento, Luigi Bressan (fra Bruno Varriano, guardiano della Basilica, ama sottolineare un’ulteriore coincidenza: l’Annunciazione a Nazareth quest’anno è caduta nella stessa data sia per i cattolici di rito latino che per gli ortodossi: «Per loro la porta centrale rappresenta un’icona dell’Annunciazione, raffigurando Maria che genera sulla Terra la divinità di Dio e in cielo la sua umanità»).
Una presenza “trentina”, per così dire rafforzata in questa ultima festa dalla partecipazione a Nazareth di mons. Bressan. Se trentino è anche il Custode, già provinciale dell’ex Provincia francescana di San Vigilio, trentino era stato nel XVI secolo un altro Custode, fra Andrea Zanoni da Arco, e trentini sono stati altri frati lungo i secoli fino a Kaswalder, e originaria di Rovereto è oggi anche la badessa delle Clarisse di Gerusalemme (suor Maria Chiara Bosco), la presenza del vescovo emerito è dovuta questa volta all’intervento congiunto di tecnici, maestranze e fondi provenienti dalle due province di Trento e Bolzano.
Anello di congiunzione fra la valle dell’Adige e la Terra Santa è la memoria di un altro francescano, Pietro Kaswalder, originario di Roveré della Luna, per 35 anni a Gerusalemme: prima come studente e poi come docente allo Studio biblico, morto improvvisamente nel 2014 a 62 anni.
«Per il restauro di questo Luogo Santo così importante per noi, padre Pietro si era speso molto e personalmente nel cercare maestranze capaci di intervenire attraverso il restauro della Grotta e una forma di cura dei danni causati dall’umidità. Le aveva trovate proprio in Trentino-Alto Adige/Südtirol – continua il Custode ora a Cipro per l’“Incontro degli Ordinari Cattolici di Terra Santa” – Kaswalder si era speso molto anche nel cercare fondi per poter completare il restauro e la manutenzione e aveva trovato disponibilità e supporto sempre nella sua terra e anche da parte dell’allora arcivescovo di Trento Bressan. Per parte mia cerco solo di far proseguire quest’opera, perché ritengo che questo luogo sia tra i più cari alla nostra fede e alla nostra devozione, assieme al santuario della Natività a Betlemme e alla Basilica del Santo Sepolcro/Risurrezione a Gerusalemme».
Quell’evento straordinario, raffigurato nei secoli con opere che costituiscono delle pietre miliari della storia dell’arte (pensiamo solo all’Annunciazione di Cortona del Beato Angelico), è avvenuto di fatto in un luogo fisico caratterizzato da un’estrema fragilità perché soggetto non solo al normale trascorrere degli anni, ma alla ben più deleteria degradazione meteorica a carico dell’acqua che agisce sulla pietra calcarea. Nello specifico, si tratta di un calcare marnoso che subisce una dissoluzione progressiva da parte dell’umidità che risale inesorabilmente lungo le pareti, soprattutto a seguito delle piogge autunnali.
La cura, i tecnici e i benefattori
Molti sono stati, soprattutto nel secolo scorso, i tentativi di arginare la degradazione del calcare – qualche anno fa erano intervenuti anche dall’università di Firenze –, ma niente sembrava incidere in positivo, finché padre Kaswalder non chiese una ricognizione agli artigiani della sua terra d’origine, forte di un’esperienza locale per la conservazione della pietra calcarea o dolomitica propria di quell’area alpina.
Le difficoltà da loro riscontrate erano di duplice natura: da una parte, si è riconosciuto che la costruzione stessa della basilica crea una serie di correnti d’aria che aggravano le condizioni di “salute” della piccola grotta; dall’altra, lo stato di estrema precarietà (leggi vistose perdite) di tutta la rete idrico-fognaria della cittadina. Ostacoli che non hanno scoraggiato i tecnici della ditta “Acco” di Bolzano che, sollecitati dagli architetti Bruno ed Enrico Pedri, hanno ideato una sorta di barriera elettrica capace di bloccare la risalita dell’acqua (molecola polare): una soluzione che sembra oggi in grado di regolare l’umidità all’interno della Grotta con un dispositivo originale che permette un controllo a distanza, direttamente dalla Valle dell’Adige.
In parallelo, i tecnici del consorzio trentino “Ars” sono intervenuti a livello conservativo: non un restauro vero e proprio, bensì una «tenuta in cura», come sottolinea il coordinatore Andrea Corradini tornato subito dopo Pasqua a Nazareth per le ultime finiture in vista dell’inaugurazione del 9 aprile.
I lavori negli scorsi mesi avevano subito un rallentamento forzato in quanto alcuni materiali provenienti dall’Italia erano stati per giorni bloccati alla dogana di Tel Aviv, ma l’opportunità di realizzare un simile intervento ha costituito per lui «un’emozione indescrivibile».
«Il lavoro richiede molta responsabilità e la pietra necessita di una cura costante» afferma il tecnico, assicurando la propria disponibilità in futuro in quanto la cura deve attenuare via via l’effetto dei prodotti inadeguati usati in passato e che rischiano di danneggiarla ulteriormente. Ma continuerà anche il sostegno dell’associazione “Amici di padre Pietro Kaswalder”, quel gruppo costituito da familiari, amici e frati (a partire dall’attuale custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, quando era provinciale a Trento) in sua memoria. Giorgio Lunelli – giornalista Rai e uno dei promotori – spiega così il loro punto d’avvio: «Da studioso di archeologia biblica, padre Pietro ci diceva che in quei luoghi i “sassi parlano”, raccontano, descrivono, aiutano ad avere conferme dei racconti evangelici e impediscono l’affievolimento della memoria».
La ricerca del vescovo Bressan sull’Annunciazione
Da parte sua mons. Luigi Bressan (78 anni, originario di Sarche nella Valle dei Laghi, oggi assistente nazionale Unitalsi e Focsiv), commenta a caldo la sua visita lampo in quel di Nazareth: «L’emozione di celebrare proprio in quel luogo santo è sempre grande». In quanto ai contributi inviati senza indugio gli anni scorsi: «Abbiamo visto che era davvero necessario dare un contributo al restauro e alla conservazione di questo luogo, unico per l’umanità intera. Da quel momento in poi, la storia dell’umanità è cambiata. Qui Dio si è fatto uomo e qui Maria ha detto “sì” alla sua missione». E confessa, non senza commozione, una coincidenza personale a lui molto cara che lo induce annualmente ad una celebrazione di ringraziamento particolare: «Nella festa dell’Annunciazione nel 1989 avevo ricevuto la nomina a nunzio (con destinazione prima in Pakistan, poi Thailandia, Singapore, Cambogia e delegato per Malesia, Brunei, Myanmar e Laos ndr.), e dieci anni dopo, nella stessa festa, quella ad arcivescovo di Trento».
Il vescovo ci mostra anche un suo lavoro in via di pubblicazione: una minuziosa ricerca sulle raffigurazioni dell’Annunciazione tra il cristianesimo e l’islam in una prospettiva di dialogo interreligioso: nel Corano Maria è chiamata «la migliore di tutte le donne del creato» ed è a dir poco straordinaria la somiglianza che si riscontra tra le raffigurazioni dell’evento Annunciazione nelle diverse religioni e confessioni.
«L’Annunciazione è un mistero che unisce cielo e terra, cristiani e musulmani – spiega Bressan –; questa narrazione è patrimonio di tutti i circa due miliardi di battezzati in tutto il mondo, ma lo è anche di oltre un miliardo di musulmani, il cui testo fondamentale, il Corano, ha un passo molto simile a quello del vangelo di Luca. Dal momento che la ricorrenza si celebra il 25 marzo insieme, i cristiani e musulmani del Libano hanno chiesto e ottenuto dal governo pochi anni fa che quel giorno fosse dichiarata “festa nazionale”. È la testimonianza della condivisione di interesse per un evento che ha marcato profondamente la storia dell’umanità».
Le raffigurazioni rintracciate dal vescovo, al di là dell’area cattolica, sono circa una settantina e spaziano, per fare solo qualche esempio, da una pagina manoscritta di origine iraniana risalente al XIV secolo, ora alla Biblioteca universitaria di Edimburgo, a un’incisione del XVII trovata tra le miniature mogol (indo-musulmane) e conservata nel castello di Schönbrunn a Vienna, fino a un tappeto iraniano del XVIII secolo raffigurante alcune scene della vita di Gesù che prendono il via dall’Annunciazione.
Diverse le coincidenze figurative: la sorpresa di Maria, la presenza dell’Angelo, la finestrella, la fonte (significativa la somiglianza fra l’Annunciazione di matrice iraniana di Tabriz 1314, conservata a Edimburgo, e quella del mosaico della basilica di San Marco a Venezia).
E non si pensi che la ricerca possa fermarsi al passato perché recentissime sono alcune raffigurazioni islamiche, come quella in una collezione privata di Milano a firma di Ali Hussein Hassoun del 2009 – «Maria nella città, fra passato e presente» – o il trittico a Roma, sempre in collezione privata, che disegna Maria secondo la visione musulmana, ortodossa e cattolica.
Un lavoro che continua sul versante poetico-narrativo, con autentiche “perle” provenienti anche dall’Estremo Oriente.
Il lavoro alla Grotta e il sostegno continua…
Quella del 9 aprile, è stata solo una prima inaugurazione in quanto è ancora da completare tutta la parte esterna che verrà ultimata entro l’estate.
Ma continua anche il sostegno da parte dell’Associazione trentina in memoria di padre Pietro Kaswalder, come spiega Giorgio Lunelli: oltre alla Grotta di Nazareth, un intervento al parco archeologico di Cafarnao e alla chiesa al Getsemani e, a giugno, prenderà il via a Betlemme un corso di formazione al mosaico curato dall’Associazione Artigiani della provincia di Trento, mentre alcuni posatori si apprestano alla manutenzione periodica della pavimentazione della piazza di Cafarnao, realizzata da qualche anno con il porfido della valle di Cembra.
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