La pontificia Commissione per l’America Latina, riunita a Roma in assemblea plenaria ha lanciato la proposta per un sinodo dei vescovi sul problema della donna. La richiesta è contenuta in un documento reso pubblico sull’Osservatore Romano dell’11 aprile scorso.
La Commissione era stata creata da Pio XII nel lontano 1958 con lo scopo di sostenere il lavoro dei vescovi nel continente. È composta di 24 cardinali e vescovi latino-americani. In questi giorni è riunita a Roma e, per la prima volta, sono state invitate a partecipare anche 14 donne. L’attuale presidente è il canadese card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione vaticana dei vescovi.
Prima d’ora, da quando è stato istituito il sinodo dei vescovi, nel 1965, mai questa proposta era stata portata in questi termini all’attenzione dei vescovi di tutto il mondo. Nel 2015 era stata effettuata un’inchiesta vaticana tra le Conferenze episcopali sul piano mondiale per conoscere quali erano i temi maggiormente auspicati per i sinodi ed erano risultati i seguenti: i giovani, la formazione presbiterale, il dialogo interreligioso e la pace. Non figurava quello della donna.
Per il momento, comunque, è difficile prevedere quale possibilità di successo avrà questa richiesta della Commissione latino-americana.
Come è noto, il prossimo sinodo riguarda i giovani e sarà celebrato in ottobre di quest’anno, mentre nell’autunno del 2019 è in programma quello sull’Amazzonia.
Pubblichiamo qui di seguito il testo della Commissione apparso sull’Osservatore Romano.
La proposta dell’assemblea plenaria della Pontificia commissione per l’America Latina
I. La Chiesa cattolica, seguendo l’esempio di Gesù, deve essere molto libera dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna. Le comunità cristiane devono realizzare una seria revisione di vita per una “conversione pastorale” capace di chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali sono state e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità. L’apertura alle donne deve procedere dalla nostra visione di fede e dalla conversione, che guarda al futuro con speranza, a partire dal vangelo di Gesù, il quale dimostrò libertà, rispetto e una straordinaria capacità di ravvivare la fiamma dell’amore e della donazione personale in tante donne che egli incontrò nella sua vita pubblica.
II. Abbiano inoltre le Chiese locali la libertà e il coraggio evangelici per denunciare tutte le forme di discriminazione e di oppressione, di violenza e di sfruttamento subite dalle donne in varie situazioni e per introdurre il tema della loro dignità, partecipazione e contributo nella lotta per la giustizia e la fraternità, dimensione essenziale dell’evangelizzazione. «In quest’ora dell’America Latina e dei Caraibi — segnalarono i vescovi latinoamericani riuniti ad Aparecida — è urgente ascoltare il grido, tante volte soffocato, delle donne sottoposte a molteplici forme di esclusione e di violenza in tutte le sue forme, durante tutte le fasi della loro vita. In questo ambito, le donne povere, indigene e afroamericane, hanno sofferto una duplice emarginazione. È urgente che tutte le donne possano partecipare pienamente alla vita ecclesiale, familiare, culturale, sociale ed economica, con la creazione di spazi e di strutture che possano favorire una maggiore inclusione» (n. 454).
III. Nella pastorale della Chiesa è essenziale ripensare percorsi adeguati per l’educazione affettiva e sessuale di uomini e donne, così come per la più integrale preparazione al sacramento del matrimonio, accompagnando e sostenendo, da una parte, le coppie di sposi perché vivano la dignità, la verità e la bellezza di un amore fedele, indissolubile e generosamente fecondo, come insegna l’esortazione apostolica Amoris laetitia, e dall’altra, le famiglie, perché siano focolari degli affetti più profondi, comunione di amore e di vita, chiese domestiche e di iniziazione cristiana, nelle quali risplendano le dimensioni di paternità e maternità, di nuzialità, filiazione e fraternità, tutte dimensioni dell’amore di Dio. Il matrimonio e la famiglia costituiscono le esperienze fondamentali per vivere la comune dignità di uomo e donna, la loro diversità, reciprocità e complementarietà, per la crescita di entrambi nella corresponsabilità, tanto in ambito domestico come nelle modalità più adeguate per “combinare” la vita e il lavoro familiare con le responsabilità extra-domestiche.
IV. Non manchino parole di stima e di incoraggiamento alle madri che in America latina sono impegnate nella gestazione generosa di figli, famiglie e popoli. E tante volte lo fanno come autentiche “martiri”, che danno la vita per i propri cari e per il prossimo. Le madri — ha detto Papa Francesco — «sono l’antidoto più efficace contro la diffusione dell’individualismo egoista (…), odiano più di tutto la guerra, che uccide i loro figli (…), testimoniano la bellezza della vita (…), sanno testimoniare anche nei momenti peggiori la tenerezza, la generosità, la forza morale (…) e spesso trasmettono anche il senso più profondo della pratica religiosa» (7.1.2015). «La maternità non è una realtà esclusivamente biologica – avverte il documento conclusivo della 5ª Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, n. 457 –, ma si esprime in varie maniere». Il termine nazione deriva da “natio”, che evoca la maternità. Anche la Chiesa, come Maria, è madre. L’America Latina ha bisogno di questa rivoluzione della tenerezza e della compassione, verso una cultura dell’incontro, che ha nelle donne le sue migliori protagoniste.
V. Si curino in particolar modo le “mutue relazioni” tra Pastori e donne di vita consacrata. Esse danno un’importante testimonianza della presenza di Dio tra i popoli latinoamericani, specialmente tra i giovani, tra i poveri, i malati e gli scartati, introducendo il Vangelo nella vita concreta della gente. Occorre riconoscerle e valorizzarle come corresponsabili della comunione e missione della Chiesa, presenti in tutte le istanze pastorali di riflessione e decisione pastorali. I pastori tengano ben presente le comunità di religiose contemplative, e affidino le intenzioni delle Chiese locali e della Chiesa universale alla loro preghiera. D’altro canto, la Bibbia ci faccia ricordare le vedove, per il loro accompagnamento nella carità e il loro servizio nelle comunità.
VI. Come sottolineato nel documento conclusivo di Aparecida, è molto importante riprogrammare nella Chiesa un’educazione degli uomini «per favorire l’annunzio e la riflessione sulla vocazione che l’uomo è chiamato a vivere nel matrimonio, nella famiglia, nella Chiesa e nella società» (n. 463). Occorre superare i radicamenti e le resistenze maschiliste, la frequente assenza paterna e familiare, l’irresponsabilità del comportamento sessuale. E ancora di più: «nelle università cattoliche, alla luce dell’antropologia e della morale cristiane, occorre sviluppare una ricerca e una riflessione che permettano di conoscere la situazione attuale del mondo degli uomini, le conseguenze dell’impatto degli attuali modelli culturali sulla loro identità e missione, nonché i percorsi che possano aiutare nell’elaborazione dei relativi orientamenti pastorali» (Aparecida, 263 d). L’“epoca del femminismo” può essere un’ottima occasione “liberatrice” per l’uomo, il quale potrebbe condividere la volontà di generare esperienze che rivendichino il pieno rispetto della dignità della donna e, allo stesso tempo, una paternità responsabile, affettiva e impegnata nella crescita dei figli, accanto alla madre, nonché un reciproco appoggio in caso di lavoro extra-domestico per entrambi.
VII. Le comunità cristiane e i pastori vigilino di fronte alle forme di “colonizzazione culturale e ideologica” che, con il pretesto di nuovi “diritti individuali” e anche strumentalizzando rivendicazioni femministe, vengono diffuse da grandi poteri e “lobbies” ben organizzate, per attentare contro la verità del matrimonio e della famiglia, scalzando l’ethos culturale dei nostri popoli, favorendo la disgregazione del tessuto familiare e sociale delle nazioni. E sono le donne, comprese le madri con figli, a pagare il costo più alto di tale operazione. A questo proposito, è importante promuovere un dialogo attento e continuo tra i pastori e i politici, in continuità con quanto già raccomandato.
VIII. Si curi attentamente la formazione integrale dei futuri sacerdoti, come indica la Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis. In questa prospettiva, «un segno di sviluppo armonico della personalità dei seminaristi è la sufficiente maturità per relazionarsi con uomini e donne, di diversa età e condizione sociale (…). La conoscenza e la familiarità con la realtà femminile, così presente nelle parrocchie e in molti contesti ecclesiali, risulta opportuna ed essenziale per la formazione umana e spirituale del seminarista», come anche per la sua futura azione pastorale al servizio del popolo di Dio, capace di relazionarsi con le donne in modo serenamente maturo, capace di dialogare e apprendere da loro, di riconoscere e integrare tutta la ricchezza del “genio femminile” e dei suoi carismi (cf. n. 95). Per ottenere questo risultato, occorre favorire la partecipazione di donne sposate o consacrate nei processi di formazione, e anche nei gruppi di formatori, dando loro facoltà di insegnare e accompagnare i seminaristi, e l’opportunità per intervenire circa il discernimento vocazionale e l’equilibrato sviluppo dei candidati al sacerdozio ministeriale.
IX. Alla luce degli orientamenti del papa Francesco sulla “sinodalità” in tutti i livelli nella Chiesa, in base al dono dello Spirito Santo a ciascun battezzato e alla “coessenzialità” tra doni gerarchici e doni carismatici, è possibile e urgente moltiplicare ed ampliare i luoghi e le opportunità di collaborazione femminile nelle strutture pastorali delle comunità parrocchiali, diocesane, a livello di conferenze episcopali e nella curia romana. Tale apertura non rappresenta una concessione alla pressione culturale e mediatica, ma il risultato della presa di coscienza che l’assenza delle donne dalle istanze decisionali è un difetto, una lacuna ecclesiologica, l’effetto negativo di una concezione clericale e maschilista. Se non si rimedierà a breve termine, molte donne disponibili a servire si sentiranno trascurate e disprezzate nelle loro capacità, e potrebbero eventualmente allontanarsi dalla Chiesa.
X. Ovviamente questa apertura necessaria ed urgente presuppone un investimento nella formazione cristiana, teologica e professionale delle donne, laiche e religiose, affinché possano lavorare alla pari con i colleghi uomini, in clima di normalità ed equilibrio, e non soltanto perché sono donne e perché dobbiamo riflettere un’immagine aggiornata rispetto ai canoni culturali dell’epoca. I pastori incoraggino e sostengano gli studi biblici e teologici delle donne, per il potenziamento della costruzione delle comunità cristiane.
XI. Si invitino le istituzioni cattoliche di insegnamento superiore, e in particolare le facoltà di teologia e di filosofia, a continuare nell’approfondimento di una teologia della donna, alla luce della tradizione e del magistero della Chiesa, di rinnovate riflessioni teologiche sulla Trinità e la Chiesa, dello sviluppo delle scienze e in special modo dell’antropologia, come anche delle attuali realtà culturali dei movimenti e aspirazioni delle donne.
XII. La devozione mariana, così radicata e diffusa in America Latina, manifestazione di inculturazione del Vangelo e dell’amore dei popoli, aiuti a considerare Maria come paradigma della “donna nuova”, contemplandola come esempio straordinario di una femminilità compiuta, degna di essere protetta e promossa, tanto per la sua importanza nella nascita di un tessuto sociale più umano come per la formazione dei discepoli-missionari di suo Figlio.
XIII. Si promuova in tutte le Chiese locali e attraverso le conferenze episcopali un dialogo franco e aperto tra pastori e donne impegnate in diversi livelli di responsabilità (dalle dirigenti politiche imprenditoriali e sindacali, fino alle leaders di movimenti popolari e comunità indigene).
XIV. Il cambiamento epocale nel quale siamo immersi e che richiede da parte della Chiesa una riproposta del suo dinamismo missionario — l’Evangelii gaudium! — esige un cambio di mentalità e un processo di trasformazione analogo a quello che il papa Francesco riuscì a concretizzare con le assemblee del sinodo sulla famiglia — che portarono all’esortazione apostolica Amoris laetitia — e che ora si propone con la prossima assemblea sinodale sui giovani. Questa Pontificia commissione per l’America Latina non ha la pretesa di proiettare i propri programmi e le proprie esigenze nella Chiesa universale, ma tuttavia si pone seriamente la questione di un sinodo della Chiesa universale sul tema della donna nella vita e missione della Chiesa.
Segnalo che “l’argomento è stato scelto dallo stesso Papa Francesco che, in questa occasione, ha voluto che fossero invitate, oltre ai ventidue cardinali e vescovi membri e consiglieri all’assemblea, anche quindici personalità femminili latinoamericane”. Fonte: http://ilsismografo.blogspot.it/2018/04/vaticano-la-proposta-dellassemblea.html