Con l’iniziativa denominata Passio 2016 – giunta quest’anno alla settima edizione –nella diocesi di Novara si è continuata la bella tradizione di riflettere e di celebrare con una serie di eventi liturgici e culturali il mistero pasquale.
Nata nel 2004 come esigenza di approfondimento dal punto di vista teologico e religioso sulla passione, morte e risurrezione di Cristo, Passio fin dall’inizio aveva lo scopo di abbellire e completare la presentazione della settimana santa che, nelle versioni popolari, era legata a “vecchi e stantii cliché” fin troppo datati nel tempo.
Vivere il mistero
L’origine di Passio si deve ad un’intuizione di don Silvio Barbaglia, responsabile diocesano per la pastorale della cultura e a dei giovani universitari che fanno riferimento alla “Nuova Regaldi”, un gruppo che ha ripristinato una tradizione operativa che si muoveva in ambito universitario dai tempi di Oscar Luigi Scalfaro e che caratterizzava i giovani cattolici all’interno di quello specifico ambiente.
Va detto che Passio era stato ipotizzato qualche anno fa dal compianto don Germano Zaccheo, allora vicario generale della diocesi gaudenziana. Riprendendo la titolazione originaria di quel progetto, si può dire che la sua idea è stata trasformata in un avvenimento significativo per la comunità ecclesiale novarese.
Partendo dal presupposto che oggi, in un mondo secolarizzato, la riflessione sul mistero pasquale corre il rischio di sbiadirsi e di fare della pasqua semplicemente una festa di primavera, l’obiettivo che si proponevano gli organizzatori di Passio era quello di portare più gente a immergersi e ad aprirsi al mistero cardine del cristianesimo.
Volendo coinvolgere la comunità diocesana su un avvenimento di portata così vasta, Passio prende ogni anno il via partendo sempre con alcuni incontri vicariali decentrati sul territorio di una delle diocesi più vaste d’Italia.
Va rimarcato anche che i due vescovi, Renato Corti e Franco Giulio Brambilla, che in questi anni hanno accompagnato il cammino di Passio, non si sono limitati a concedere un placet accondiscendente, ma essi stessi si sono coinvolti in un cammino che andava caratterizzandosi sempre più come un momento qualificante dell’intera pastorale diocesana.
Nella sua attuazione e articolazione Passio ha scansione biennale e, dal punto di vista contenutistico, nelle ultime edizioni si è dato risalto alla trilogia del nome di Dio. Infatti, nel 2012 si è evidenziata la figura del Padre con Abbà un Dio papà; nel 2014 la figura del Figlio con Ecce homo e, quest’anno, si è sviluppata una riflessione a tutto campo sullo Spirito Santo seguendo il canto Veni creator Spiritus! Soffio creatore, soffio di misericordia. Questo schema ha funzionato da convergenza per tutti gli incontri e le conferenze che hanno riproposto il tema a livello diocesano.
La passione continua nei martiri
Il singolo cristiano e, più in generale, la comunità, vivono intensamente questo momento della propria fede cercando di riproporla all’attenzione della più vasta comunità ecclesiale anche attraverso quelle rappresentazioni popolari che caratterizzano l’intero territorio italiano.
Il passo ulteriore di approfondimento che viene fatto è proprio quello di non limitarsi ad una rappresentazione scenica o teatrale della passione di Cristo, ma, partendo dall’evento in sé, di mettere in evidenza come tutto ciò si ripropone in maniera drammatica anche ai nostri giorni.
Passio allora diventa non solo l’occasione per riflettere sull’evento centrale della fede cristiana, datato duemila anni fa, ma diventa l’occasione per riflettere su chi oggi continua a vivere la passione del Signore sulla propria pelle.
Pensando alle comunità cristiane che, ai giorni nostri, vivono situazioni di sofferenza, di persecuzione e di martirio, diventa naturale pensare e riflettere a ciò che, da un lato, viene rappresentato e, dall’altro, a ciò che si vive nelle nostre comunità ecclesiali: la presentazione non solo del sacrificio di Cristo ma anche del dolore innocente di tanti cristiani.
Nel contesto di Passio, nella cattedrale di Novara, durante il periodo pasquale, ha portato la sua testimonianza Slomo Warduni, vescovo ausiliare del Patriarca di Bagdad per i cristiani di rito caldeo, il quale, senza troppi giri di parole, ha messo in evidenza come i cristiani che vivono nella sua terra siano perseguitati e costretti a lasciare la loro patria per fuggire altrove, a causa di una guerra non voluta dal popolo iracheno ma che motivi di politica internazionale e sulla base di bugie dette dai supremi comandanti delle nazioni più forti, continua a combattersi sulla pelle del popolo iracheno.
Una comunità diocesana quindi che attraverso l’evento di Passio fa memoria del sacrificio di Cristo, così come, attraverso l’ascolto dei testimoni dei nostri giorni provenienti dalle terre più martoriate del globo, aiuta i cristiani a capire che la fede non può essere soltanto innocua devozione o distaccata partecipazione a dei riti amorfi e abitudinari che all’uomo d’oggi non dicono più niente, in modo particolare ai giovani.
Rivitalizzare la fede, ri-dirla con un linguaggio appropriato all’uomo d’oggi, testimoniarla con coerenza in un mondo sempre più secolarizzato, diventa l’occasione privilegiata, per ogni cristiano, di riscoprire la propria fede.
Un evento – Passio 2016 – che va in questa direzione e che mette tutti in condizione di proiettare verso orizzonti nuovi il proprio sguardo. Un cammino – ha ricordato il vescovo Brambilla – ben avviato e che lascia ben sperare per il lavoro che ci attende.