«I due anni di digiuno sono stati una vera e propria scelta coraggiosa». È quanto scrive nell’editoriale del settimanale diocesano di Reggio Calabria-Bova L’avvenire di Calabria (19 aprile 2016) il direttore, don Davide Imeneo. Il “digiuno” riguarda le processioni sospese due anni fa (10 luglio 2014), perché, in occasione della processione della Madonna delle Grazie (2 luglio), la statua sostò, con inchino, davanti alla casa del boss Peppe Mazzagatti, ottantaduenne ergastolano a domicilio. Dopo quell’episodio, le processioni vennero sospese «a tempo indeterminato».
Questi due anni sono serviti al vescovo Francesco Milito e all’intera comunità diocesana per elaborare un documento che le ripristina ma con una normativa chiara e condivisa.
Il documento – dal titolo Dalla liberazione alla comunione, principi e norme su feste e processioni – è il frutto di questa riflessione biennale. È stata scelta – scrive ancora don Davide – «la strada silenziosa e difficile del confronto e della sinodalità». Ciò ha richiesto «attenzione a tutte le voci», allo scopo di pervenire ad una chiarezza e ad una concordanza sempre maggiori.
Il vescovo non si nasconde i malumori suscitati dalla sua decisione e le critiche che hanno accompagnato il suo gesto, ma lo conforta il fatto che «dai fedeli più consapevoli è venuta una condivisione senza riserve, accettando di buon grado la fase di maturazione e sperandone i buoni frutti futuri».
Le due parole presenti nel titolo del documento (liberazione e comunione) hanno un intento programmatico: liberazione da forme incompatibili con la sensibilità cristiana e comunione che nasca da una devozione priva di ambiguità.
Il significato dell’intero documento è ben spiegato dalle parole di mons. Milito. Esso intende offrire «precisi spunti per una catechesi da sviluppare nelle comunità», una catechesi ben programmata, da sviluppare nel corso dell’anno e «non affrettata in previsione di scadenze immediate».
Anche se le feste patronali delle parrocchie rappresentano un momento di vivo interesse e partecipazione, non bisogna dimenticare che il centro di ogni azione pastorale è il Cristo crocifisso e risorto.
Siccome il testo, entrato il vigore ad experimentum per tre anni, il 27 marzo scorso, domenica di pasqua, ha anche ripercussioni sul piano civile, esso è già stato presentato ai sindaci della Piana di Gioia Tauro e sarà discusso in un’assemblea pubblica il 15 aprile.
Due le parti in cui si suddivide il documento: i Principi e le Norme che disciplinano feste e processioni.
Quanto ai Principi, punto di riferimento essenziale del culto, delle devozioni e della pietà popolare deve essere il mistero pasquale, perché «la beata vergine Maria e i santi sono i frutti più turgidi e più belli del mistero pasquale», per cui «ogni celebrazione in loro onore va impostata e vissuta con il timbro pasquale».
Da qui nascono le Norme, che contengono disposizioni molto dettagliate per i parroci, i “comitati festa” e i “portatori”.
C’è una processione a cui tutte le altre devono ispirarsi ed è la processione del Corpus Domini. Essa consente il raccoglimento, la devozione, il fervore, la festa del popolo di Dio in cammino. Con questo clima dovrebbe essere celebrata ogni festa popolare.
Per raggiungere questo obiettivo, bisogna che i “comitati festa” e i “portatori” non siano composti «da presenze improvvisate e pretendenti ruoli ai quali non si è debitamente preparati». Perciò occorre preparare persone formate e consapevoli «del prezioso contributo che esse danno per il decoro e la crescita della comunità di appartenenza». Ad ognuna di loro – e in particolare ai “portatori” – è chiesto di esaminarsi con onestà e di «farsi avanti con animo retto e coscienza pura». Il documento parla addirittura di favorire una “spiritualità del portatore” che lo aiuti a maturare il proprio cammino di fede.
La Chiesa di Oppido è consapevole che le riflessioni di questi due anni, confluite nel documento, non sono un punto di arrivo, bensì un punto di partenza.