Riportiamo l’omelia pronunciata, il 16 maggio 2018, dal card. Erdö per il 25° anniversario della fondazione della diocesi di Kaposvár.
Eccellenza reverendissima signor vescovo!
Eccellenza reverendissima signor vescovo emerito!
Eccellenze reverendissime e tutti nell’ordine sacerdotale!
Carissimi fratelli in Cristo!
1. È una giornata gioiosa, oggi, per la diocesi di Kaposvár e per l’intera Chiesa ungherese. 25 anni fa, papa Giovanni Paolo II ha ridisegnato i confini delle diocesi e delle province della nostra nazione e ne ha fondato di nuove: nel Transdanubio, Kaposvár; invece, nella Grande Pianura, Debrecen.
In quell’occasione, il papa santo ha scritto una lettera speciale ai vescovi ungheresi. Oltre ai nuovi confini, questa lettera del santo padre, più personale, illustra i motivi e lo scopo di tale decisione.
I principi teologici e pastorali sulle diocesi sono riassunti nelle decisioni e nelle deliberazioni del decreto Christus Dominus del concilio Vaticano II (nn. 22-24 e 39-41).
Il documento del Concilio sottolinea che le diocesi sono parte del popolo di Dio, formando un’unità integra. Di esso sono parte il vescovo, il clero e i fedeli di tutta la comunità pensata come unità al servizio della salvezza. L’aspetto principale è agire in maniera ordinata. Di conseguenza, bisogna usare il principio della ragionevolezza.
I singoli gruppi di una popolazione devono essere tenuti insieme, se possibile, nei confini delle unità amministrative e negli Stati, tenendo conto, in una certa misura, che bisogna adattarsi alle realtà spirituali, economiche, geografiche e storiche.
La diocesi deve avere un’estensione tale che il vescovo possa visitarla e governarla. Deve esserci un numero congruo di clero per aiutarlo. È importante che ci siano le condizioni necessarie per consentire alle istituzioni di svilupparsi, e che ci siano a disposizione anche le necessarie risorse finanziarie. Per i vari gruppi e comunità linguistiche locali ci siano sacerdoti preparati anche linguisticamente e magari anche un vicario episcopale.
2. Insieme a questi principi, la Santa Sede ha ridisegnato i confini delle diocesi dal 1990 in poi in tutta l’Europa centrale e orientale. In questa regione, godendo della libertà religiosa oggi consentita, la Santa Sede ha avuto l’opportunità di seguire i principi del Concilio, come anche nell’Europa occidentale, per mezzo di concordati, di forti vincoli storici e regionali. Non sempre però sono stati tenuti in debita considerazione gli aspetti pastorali.
L’Ungheria non è stata il primo dei Paesi di questa parte dell’Europa in cui la Santa Sede ha effettuato il rinnovamento.
Il santo padre aveva iniziato la riforma nel proprio Paese, ovvero nella Polonia. In seguito, vennero gli altri Stati. In questo modo sono state effettuate molte modifiche alle diocesi e alle province ecclesiastiche.
Con la fondazione delle due nuove diocesi, l’Ungheria ha cambiato relativamente il proprio assetto. In Croazia, in Slovacchia, ma anche in Ucraina, nei paesi baltici e altrove sono sorte numerose nuove diocesi.
La domanda, tuttavia, non riguardava la quantità delle nuove fondazioni, ma quale fosse il loro scopo e quali sono stati i risultati raggiunti.
Nella lettera citata, papa Giovanni Paolo II espone il suo pensiero a partire dall’insegnamento del Concilio: «La Chiesa è inviata per mandato divino alle genti per essere “sacramento universale di salvezza”» (AG 1). La Chiesa, infatti, ha la missione di andare in tutto il mondo e di proclamare il Vangelo ad ogni creatura (DH 13). In questa missione troviamo il rapporto millenario tra la Chiesa cattolica e il popolo ungherese. Perché la Chiesa, in Europa, ha accompagnato e aiutato con il suo amore materno lo sviluppo delle singole nazioni.
Giovanni Paolo II iniziò la riforma del riordino delle diocesi partendo e menzionando il principe Taksony. Fu lui che, nel 962, tramite un suo delegato, chiese a papa Giovanni XII un vescovo. Il papa consacrò vescovo un certo Zaccheo e lo mandò in Ungheria.[1] Tuttavia, il vero lavoro di organizzazione della Chiesa è stato fatto dal santo re Stefano, che aveva ricevuto la corona da papa Silvestro II.
Il papa ha riconosciuto la cattedra di Esztergom come la madre e il capo di tutta la Chiesa ungherese. La Chiesa madre, la Chiesa della metropoli, possiede almeno una cattedra arcivescovile. Questo era un desiderio importante del re degli ungheresi. Santo Stefano conosceva l’esempio del vescovo Adalberto che era vescovo della diocesi di Praga posta sotto la giurisdizione della Chiesa tedesca e suffraganea dell’arcidiocesi di Mainz. Questo era ciò che gli ungheresi e i polacchi volevano evitare. Si rivolsero alla Chiesa di Roma, la cui supremazia fu prontamente riconosciuta, ma non volevano essere assoggettati a poteri esterni. Santo Stefano voleva una regione che comprendesse almeno 10 o 12 diocesi e che quindi godesse di piena autonomia.
Tra le sue prime fondazioni si distinse la grande e maestosa diocesi di Veszprém. Il vasto territorio si estendeva da Szentendre alle Colline dei Monti Pilis sino al fiume Drava. Il cristianesimo non era una novità per quel territorio. Non solo in epoca romana ma anche nel IX secolo si praticava era una buona vita cristiana in questa parte della nazione. A Zalavár, vi era uno dei principali arcidecanati della diocesi di Salisburgo, dove, in seguito, san Metodio avviò il lavoro missionario.
3. Ma papa san Giovanni Paolo II riporta i ricordi del passato per giustificare la decisione sul riordino delle diocesi. Lo Spirito Santo è colui che dà alla Chiesa la varietà dei doni carismatici e gerarchici per diffondere la verità e la grazia di Cristo. La vocazione dei cattolici ungheresi è quella di essere membri della Chiesa per aiutare la crescita della Chiesa stessa e servire la santificazione del popolo con tutto il loro essere attraverso il dono del Creatore e la grazia del Salvatore.
Il santo padre aveva scritto che, dopo la sofferenza dei tempi passati, la Chiesa ungherese ringrazia Dio perché la luce di Cristo può essere diffusa liberamente nella società.
Lo scopo di questa missione è di servire le nuove diocesi dopo il cambiamento dei confini e dopo aver innalzato la diocesi di Veszprém ad arcidiocesi. La parte meridionale dell’antica diocesi di Veszprém, dal Balaton al Drava, è stata organizzata in una diocesi a se stante. La sua sede è al centro della regione, ovvero a Kaposvár, e la sua cattedrale è la chiesa della Beata Vergine Maria.
4. La nuova fondazione è stata anche una nuova opportunità. Il primo vescovo, Béla Balás, con amore e con fede si è rivolto ai fedeli. Gli stava a cuore più lo spirito dei fedeli che la pura forma esteriore. Si è formato il centro diocesano, sono stati creati i gruppi per il lavoro pastorale. Programmi di formazione, spiritualità e pastorale hanno unito sempre più strettamente le parrocchie a Kaposvár, il centro della nuova diocesi. Si sono formati uno stile e una spiritualità propri della diocesi.
Se ci chiediamo oggi quale sia la spiritualità particolare della diocesi di Kaposvár, la prima parola a cui pensiamo è “missione”. Ciò è evidenziato dalla comunità e dai movimenti spirituali, dai giovani provenienti da altre diocesi, che sono venuti qui come sacerdoti perché sentivano che c’era il bisogno per la salvezza dei fedeli. E è dimostrato anche dal crescente rapporto tra i gruppi laicali e la vita culturale.
5. Ringraziamo Dio per il fatto che questa diocesi, in mezzo a molte difficoltà, ha indirizzato tutta la nostra attenzione verso gli aspetti spirituali che sono l’essenza della nostra missione. Siamo grati al primo vescovo della diocesi, Béla Balás, al vescovo attuale, ai sacerdoti, ai religiosi, ai collaboratori e alle comunità per il dono di grazia che Dio ha dato a questi fedeli.
Possa il nostro Signore e Maestro, Gesù Cristo, essere presente con la sua grazia speciale nella Chiesa di Kaposvár, perché renda una testimonianza significativa, apprezzata e felice per la vita dei fedeli.
Beata Vergine Maria e san Giovanni Paolo II, pregate per noi. Amen.
[1] AAS 85 (1993), 869.