Il 7 giugno è stata presentata in una conferenza stampa a Ginevra (Svizzera) l’associazione internazionale contro gli abusi del clero cattolico: «Ending clergy abuse» (ECA). Una quarantina di rappresentanti di 15 paesi hanno dato vita a questa federazione di associazioni già attive nei diversi contesti mondiali e riconosciuta dalle Nazioni Unite il 5 giugno. «L’ECA non è contro la Chiesa istituzionale, ma è preoccupata per gli atteggiamenti e le pratiche abusanti che collocano l’istituzione sopra i bisogni dei bambini».
In coerenza con la Convenzione sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU nel 1989 e condivisa dalla Santa Sede, l’ECA «riconosce i progressi relativi agli abusi in alcuni paesi, grazie al coraggio della vittime che hanno lottato, alzando la voce. Tuttavia ci sono molti altri posti nel mondo – tra cui Asia, Africa, Caraibi e America Latina – dove le voci delle vittime vengono messe a tacere. L’ECA cerca di essere quella voce».
Progressi, ma non ovunque
Fra le azioni che l’associazione si propone: «Evidenziare la responsabilità della Chiesa cattolica romana in più contesti: mobilitare l’opinione pubblica attraverso azioni giudiziarie e legislative per porre fine agli abusi del clero e rendere giustizia alle vittime; supportare la vittime, aiutandole ad organizzare e contattare le associazioni locali o internazionali per trovare aiuto e richiesta di giustizia; fare rete con organizzazioni che indagano e fanno ricerche sugli abusi del clero».
Il presidente, François Devaux, responsabile dell’associazione francese «La parola liberata», ha sottolineato lo sforzo di federare a livello internazionale i molti attori della lotta agli abusi. In relazione al prossimo viaggio di papa Francesco a Ginevra (21 giugno) gli verrà sottoposta la richiesta di un tribunale vaticano, indipendente dalla curia, deputato al giudizio sui vescovi colpevoli di ostacolare le indagini.
Fra i nomi più conosciuti del gruppo vi è Peter Saunders, inglese e già membro della Commissione pontificia per la protezione dei minori, da cui si è dimesso nel 2016 per le resistenze al loro lavoro da parte della curia. Molto rilievo ha avuto il caso cileno. J. Murillo, vittima del pedofilo F. Karadima, ha visto il papa nel maggio scorso e lo ha riconosciuto come «incredibilmente impegnato» contro la pedofilia. Le dimissioni collettive dell’episcopato cileno sono state considerata un fatto storico e un segno di speranza. Essi ritengono ancora insufficiente la disciplina del motu proprio del 2016 «Come una madre amorevole».
Anne Barret Doyla, co-direttrice di BishopAccuntability.org ha rilanciato lo slogan della riunione «Basta abusi sessuali nella Chiesa. Da subito». Pur riconoscendo i progressi nella lotta agli abusi in alcuni paesi ha espresso l’opinione che in numerosi paesi d’Africa e d’Asia i sistemi generalizzati di abusi su minor i sono ancora attivi e che l’ECA è chiamata ad ascoltare le voci di queste vittime che non possono ancora esprimersi.
Qualunque cosa si faccia contro questi mostri e sempre troppo tardi. Se davvero ESISTE (DIO) un giorno questi mostri si dovranno presentare al suo cospetto… io vorrei essere lì solo per sentire la sentenza.